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Cosa cambierà con il Ddl Boschi

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Cosa prevede e cosa manca perché entri in vigore la riforma che porta il nome del ministro Maria Elena Boschi

Il 13 ottobre il Senato ha approvato in prima lettura con 178 voti favorevoli, 17 contrari e 6 astenuti il Ddl Boschi di riforma costituzionale. L’opposizione ha deciso di non partecipare alla votazione.

Il Disegno di legge prende il proprio nome da Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme del governo Renzi che ha proposto e portato avanti questa riforma costituzionale.

Cosa cambierebbe con questa riforma? Quali altri passaggi sono necessari perché entri in vigore? Qualora entrasse in vigore, quali sarebbero i tempi?

Abbiamo risposto a queste domande.

L’APPROVAZIONE

Dal momento che il Ddl Boschi è una modifica della costituzione, il suo processo di approvazione è particolarmente complesso. L’approvazione del 13 ottobre, infatti, rappresenta solamente la prima lettura del Senato.

I ddl costituzionali, infatti, dopo essere stati approvati con eventuali modifiche da parte della Camera e del Senato, devono passare nuovamente, con lo stesso testo – e quindi senza ulteriori modifiche – da entrambi i rami del parlamento per la cosiddetta “prima lettura” e, un’altra volta, per la seconda lettura.

Qualora quest’ultimo passaggio dovesse avvenire con una maggioranza dei due terzi di ciascuna delle due camere – la cosiddetta maggioranza qualificata – il testo diventerebbe legge. Qualora invece venisse approvato con una maggioranza assoluta – quindi la metà più uno – ma non qualificata, la legge costituzionale dovrebbe essere approvata attraverso un referendum popolare.

Per i referendum costituzionali, diversamente da quelli abrogativi, non è necessario raggiungere un quorum minimo di votanti.

Nel caso del Ddl Boschi, è avvenuto un passaggio preliminare sia alla Camera che al Senato, in cui il testo ha subito alcune modifiche rispetto a quello iniziale. L’approvazione del 13 ottobre, dunque, è stata quella in prima lettura al Senato. Seguiranno una prima lettura alla Camera e la seconda lettura in entrambi i rami del parlamento dove, in seguito all’accordo interno al Partito Democratico con la propria minoranza e con le altre forze politiche a sostegno della riforma, si prevede possa passare senza modifiche.

Tuttavia, è altamente improbabile che possa essere approvata con una maggioranza qualificata, e per questa ragione la riforma dovrà poi passare attraverso un referendum popolare, che potrebbe verosimilmente tenersi nell’autunno del 2016.

COME CAMBIA IL SENATO

La riforma pone fine al bicameralismo perfetto, ovvero il principio – attualmente in vigore in Italia – per cui Camera dei deputati e Senato hanno gli stessi poteri. Il Ddl Boschi, infatti, prevede un forte cambiamento del ruolo del Senato, che perderà numerosi poteri.

Il Senato, infatti, fungerà da organo intermedio tra stato ed enti locali e non potrà più votare la fiducia al governo, che dovrà contare quindi sulla sola maggioranza alla Camera dei deputati.

Il numero dei senatori sarà ridotto dagli attuali 315 (più i senatori a vita) a 100, e le sue competenze saranno quelle di rappresentanza degli enti locali e di legislazione in materia.

La necessità di approvazione da parte di entrambe le camere rimarrà per le leggi costituzionali, quelle legate alle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le leggi elettorali, i trattati con l’Unione europea e le leggi riguardanti i territori.

Nei trenta giorni successivi all’approvazione di una legge alla Camera il Senato potrà, con una votazione a maggioranza assoluta, chiedere alla Camera alcune modifiche alla legge, modifiche che potranno essere accolte o respinte da Montecitorio attraverso una semplice votazione.

I 100 senatori saranno suddivisi tra 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e cinque senatori di nomina del Presidente della Repubblica. I nuovi senatori – salvo quelli di nomina presidenziale – verranno nominati dai consigli regionali di ciascuna delle 20 regioni italiane, che saranno scelti, come il Ddl recita, “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione dei medesimi organi”.

Questo passo della legge dovrà essere integrato nei 6 mesi successivi all’eventuale approvazione definitiva del Ddl Boschi con una nuova legge che chiarisca le modalità di nomina dei senatori cui ogni regione dovrà poi a sua volta adeguarsi in modo autonomo.

In altri termini, i Senatori saranno indicati dagli elettori tra i consiglieri regionali attraverso modalità che devono ancora essere decise e che potranno variare tra ciascuna delle diverse regioni.

Il mandato dei senatori durerà quanto quello degli enti – i consigli regionali – che li hanno eletti. Godranno dell’immunità parlamentare come i deputati, ma non avranno alcuna indennità al di là di quella che spetta loro in qualità di consiglieri regionali.

I cinque senatori di nomina presidenziale, invece, non avranno più un mandato a vita come oggi: il loro mandato sarà legato a quello del Presidente della Repubblica, e cesserà insieme alla fine di quest’ultimo. Rimarranno senatori a vita invece gli ex Presidenti della Repubblica.

LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE E REFERENDUM PROPOSITIVI

Attualmente le leggi di iniziativa popolare possono essere proposte al Parlamento attraverso la raccolta di 50mila firme di cittadini italiani. Con il Ddl Boschi questa soglia sale a 150mila, e la Camera dovrà deliberare una legge che stabilisca termini e passaggi certi per il passaggio parlamentare di questo particolare tipo di leggi.

Il Ddl Boschi introduce inoltre i referendum popolari propositivi. Attualmente, infatti, sono previsti solo i referendum popolari abrogativi. Anche in questo caso, starà al parlamento, successivamente, stabilire le modalità per mettere in atto la nuova disposizione.

ABOLIZIONE DEL CNEL E DELLE PROVINCIE

Con il Ddl Boschi verrebbe abolito il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), organo allo stato attuale considerato di rilevanza costituzionale.

La riforma, inoltre, toglierebbe dalla costituzione ogni riferimento alle Provincie come ente costituzionalmente necessario e con poteri amministrativi propri sanciti dalla costituzione stessa.

ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Attualmente il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune insieme ad alcuni rappresentanti delle regioni. Nelle prime tre sedute è prevista una maggioranza dei due terzi dell’assemblea per eleggere il nuovo capo dello stato, mentre dalla quarta è sufficiente una maggioranza assoluta.

Con il Ddl Boschi, nelle prime tre votazioni resta la maggioranza richiesta dei due terzi dell’assemblea, mentre dalla quarta si passerebbe a tre quinti e, dalla settima, tre quinti dei soli votanti e non più di tutti i componenti dell’assemblea.

GIUDICI COSTITUZIONALI

I cinque giudici della Corte Costituzionale eletti dal Parlamento verranno, con il Ddl Boschi, eletti separatamente dalle due camere: alla Camera ne spetteranno tre e al Senato due. Per eleggerli nei primi due scrutini, sarà necessaria una maggioranza dei due terzi, mentre dal terzo sarà sufficienze una maggioranza di tre quinti.

Alla Corte costituzionale potrà, inoltre, essere chiesto dal parlamento un giudizio preventivo sulle leggi elettorali.

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