Renzi si dimette da segretario Pd e avvia il congresso, il partito è a un passo dalla scissione
Nell'assemblea nazionale l'ex premier sfida la minoranza: non potete chiedermi di non candidarmi. La replica di Emiliano, Rossi e Speranza: così l'unità è impossibile
Matteo Renzi ha formalizzato le dimissioni dalla segreteria dal Partito democratico. L’ufficialità è arrivata all’apertura dell’assemblea nazionale, convocata a Roma il 19 febbraio per aprire il nuovo Congresso del Pd. Congresso che “si farà nei tempi statutari”, ha avvertito l’ex presidente del Consiglio durante il suo intervento durato poco più di 40 minuti.
In assemblea Renzi ha invitato la minoranza a smetterla con le divisioni, “perché fuori da qui ci prendono per matti”, esortandola a non continuare a minacciare la scissione. “Scissione è una delle parole peggiori, peggio c’è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza”, ha sottolineato Renzi.
Poi un messaggio a Michele Emiliano, Roberto Speranza e a Enrico Rossi, i tre esponenti dem che in questi ultimi giorni, prima dell’assemblea, hanno più volte criticato l’ex premier sui tempi del congresso, freanando sulle primarie a settembre e lanciando, di fatto, la sfida alla leadership del partito. “Non si può chiedere a una persona di non candidarsi perché solo questo evita scissione. Avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci”, ha detto l’ex segretario, senza citare per altro citare nessuno dei tre.
Durante il suo intervento Renzi ha anche elogiato l’attività dell’esecutivo, senza tuttavia pronunciarsi sulla possibilità che arrivi a fine legislatura. “Basta con la discussione e le polemiche sul governo. Faccio un applauso a Gentiloni che è qui, per quello che sta facendo con i ministri. È impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti”, ha detto il rottamatore, cogliendo l’occasione per bacchettare la minoranza del suo partito: “sul governo non ho cambiato idea, mi fa piacere che altri lo abbiano fatto passando dall’appoggio caso per caso all’appoggio fino a fine legislatura”.
Il presidente del Pd Matteo Orfini aveva cominciato i lavori dando per due ore la possibilità, prevista da statuto, di candidarsi alla segreteria. Ma nessuno ha raccolto l’invito: “Sono scaduti i termini e non sono state presentate candidature a segretario”, ha spiegato durante i lavori, “quindi non eleggeremo un nuovo segretario, al termine dell’assemblea sarà automaticamente indetto il congresso. Nei prossimi giorni convocherò la direzione”.
Dopo l’annuncio delle dimissioni da parte di Renzi, in assemblea non si sono
fatte attendere le reazioni della minoranza. Guglielmo Epifani ha accusato
l’ex premier di aver “tirato dritto”, spiegando che per questo, ora,
“la minoranza farà la sua scelta”. E una decisione, come ha detto ai
giornalisti il bersaniano Davide Zoggia, è già stata presa: “Oggi non
annunciamo la scissione, ma non parteciperemo al congresso”.
Anche Enrico Rossi non ha lasciato alcun spiraglio per evitare una scissione. “È stato
alzato un muro, sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada è un’altra.
Sono maturi i tempi per formare una nuova area”, ha detto io governatore della
Toscana. Anche per Pierluigi Bersani “il segretario ha alzato un
muro” quando “ha detto si va avanti così”. Questo, ha sottolineato
Bersani, “vuol dire fare un congresso cotto e mangiato in tre mesi dove
non sarà possibile aprire discussione. Ma c’é ancora la replica da
sentire”.
A sorpresa è poi arrivato il tentativo di mediazione di Michele Emiliano, che ha proposto una
linea meno dura rispetto all’ala della minoranza guidata
da Rossi e Speranza. “L’unità è a portata di mano” ha detto il governatore della Puglia, auspicando una “strada condivisibile per tutti”. Ma in serata, ad assemblea chiusa, lo stesso Emiliano e gli altri due aspiranti segretari hanno diffuso un comunicato che preannuncia l’imminente rottura: “Anche oggi
nei nostri interventi c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario.
Purtroppo caduto nel nulla. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto
la strada della scissione assumendosi così una responsabilità
gravissima”.
Scissione che potrebbe essere formalizzata già martedì 21, durante i lavori della nuova direzione del Partito Democratico.
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