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Questione di geni

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Daniele Scalise di Prima, rivista specializzata nel mondo dell'informazione e della comunicazione, è venuto a scambiare quattro chiacchiere con noi di TPI in redazione

Riportiamo una parte dell’articolo uscito sul numero di luglio e agosto di Prima Comunicazione, la rivista italiana specializzata nel mondo dell’informazione e della comunicazione, che trovate in versione integrale nelle edicole in Italia. Sul sito di Prima è uscita una versione ridotta del pezzo.

Che sia una faccenda genetica o una buona intuizione di business, a inventare TPI sono stati tre figli o nipoti di nomi celebri del giornalismo assieme a due amici.

Obiettivo: raccontare sul web ai venti-trentenni cosa succede nel mondo. Dopo tre anni sono dieci in redazione, hanno 300 collaboratori e stanno al 220esimo posto tra i siti italiani più visti.

L’amore per il giornalismo si trasmette con i geni come il colore degli occhi o come certe malattie ereditarie? Sembra di sì, almeno nel caso di Giulio Gambino, nipote di Antonio, celebre firma dell’Espresso e di Repubblica, di Stefano Mentana, figlio di Enrico, direttore del tg di La7, e di Davide Lerner, figlio di Gad.

Tre ragazzi non ancora trentenni che insieme ad altri due ex compagni di scuola, Saverio Bersani (psichiatra che esercita a San Francisco, ma che nulla ha a che vedere con l’ex segretario del Pd) e Adriano Pagani, un anno fa hanno deciso di investire 118mila euro in una società editoriale per lanciare un quotidiano on line dedicato all’informazione internazionale, appunto. 

(Nella foto qui sotto: in redazione con Giovanni De Mauro, direttore di “Internazionale”, a Roma) 


Motori dell’iniziativa Giulio Gambino, classe 1987, direttore della testata, e Stefano Mentana. “Vagheggiavo un settimanale di carta che si occupasse di politica internazionale, qualcosa fatto da italiani, per gli italiani, in italiano”. Notato il mio sconcerto, aggiunge: “Beh, cinque anni fa era ancora un progetto pensabile…”. Chiosa Stefano Mentana: “Oggi sarebbe una follia”.

E i due – che folli non lo sono nemmeno un poco – hanno cominciato a mettere insieme una redazione virtuale che si incontrava tre volte l’anno: a Natale, a Pasqua e d’estate.

“…un giornale che parlasse non di politica estera, ossia delle politiche interne dei vari Paesi, ma del mondo, delle storie che lo abitano. Con Stefano abbiamo ragionato. Lui è più prudente di me e più saggio. Se non ci fosse lui, io non sarei qui”. Stefano abbassa gli occhi sorridendo appena.

(Nella foto qui sotto: la prima pagina della versione cartacea dell’articolo uscito su “Prima Comunicazione”) 

Il socio più recente e più giovane è Davide Lerner, 23 anni, che per TPI ha di recente intervistato il poco allineato economista belga Paul De Grauwe sulla vicenda greca.

E con Giulio Gambino? “Con Gambino è andata che lui si è mostrato subito molto severo”. Dalla Tunisia, dove è stato per qualche mese, Davide ha scritto dell’assassinio per mano dei sicari salafiti di Chokri Belaïd, segretario generale del Movimento dei patrioti democratici.

(Nella foto qui sotto: in redazione con Lucio Caracciolo, direttore di “Limes, la rivista italiana di geopolitica”) 



“Con Stefano ci siamo detti che si trattava di mettersi al lavoro sul serio”, dice Gambino. “In Italia le cronache dal mondo venivano trattate secondo due schemi: o all’insegna del gossip (tipo, la vita privata a Buckingham Palace) o con sontuose analisi accademiche. Mi viene da dire che la vera ragione per la quale gli italiani si sono sempre un po’ disinteressati di ciò che succede fuori dai confini è perché non hanno mai avuto a disposizione un’informazione comprensibile. E da questo nasce la nostra ambizione di costruire un giornale che parli del mondo in modo semplice, accessibile, fornendo fatti e notizie. Abbiamo così iniziato a metter su una community di persone che si interessano al mondo e con la quale interagiamo costantemente”.

Lo stile è curato, chiaro, senza barocchismi accademici, senza terminologie incomprensibili. Il pubblico a cui si rivolge TPI ha un’età tra i 18 e i 35 anni, un livello socioculturale medio-alto, una forte presenza femminile. Il traffico proviene per il 68% dal mobile, per il 4% da tablet e il rimanente da desktop e portatili. Cibo per nativi digitali o giù di lì. Stefano aggiunge che “forse abbiamo scoperto un pubblico più vasto di quanto noi stessi potessimo immaginare”.

Le prossime tappe sono ambiziose e insieme caute: al 220esimo posto tra i siti più visti in Italia secondo i dati di Alexa Internet Inc, l’azienda sussidiaria di Amazon specializzata nelle statistiche sul traffico di Internet, in un paio d’anni TPI potrebbe far partire delle sottoscrizioni a pagamento per poter accedere ai contenuti “pur iniziando a costi bassi e con un’idea: vendere la qualità più alta”.

(Nella foto qui sotto: in redazione con Pippo Corigliano, consulente di “Rai Vaticano”, è stato per quarant’anni portavoce dell’Opus Dei in Italia)


Qual è la filosofia che muove TPI , quale la struttura, quali le possibilità di resistere sul mercato? “Il nostro modo di fare giornalismo trae ispirazione da quello anglosassone, fondato sui fatti. Partiamo da una storia che ci pare significativa per capire una tendenza”, spiega Gambino.

Come è nata la collaborazione tra Roberto Saviano, l’autore di Gomorra, e i giovani di TPI è lo stesso Gambino a raccontarlo: “Quando nel marzo scorso ho ricevuto un’e-mail da Saviano ho pensato che si trattasse di uno dei tanti scherzi che mi fa Stefano Mentana. Invece era tutto vero. Saviano, che pure è molto impegnato professionalmente, seleziona e condivide i nostri articoli. Crede nel progetto e nella qualità. È inutile dire quanto questo ci faccia piacere. Ora anche Curzio Maltese sembra essere disponibile a fare altrettanto”.

Con dieci giornalisti (compresi i tre soci fondatori) e 300 collaboratori in tutto il mondo, il desk è particolarmente impegnato e diviso su temi come notizie, storie e reportage, foto e fotogallery, video, arte e mostre, speciali, eccetera. Lo slogan è esplicito: ‘Ogni giorno la politica internazionale senza giri di parole’.

La nuova redazione è in un palazzo secentesco di via dei Banchi Vecchi, il cuore antico di Roma. Dentro queste stanze ancora disadorne, con i tavoli tutt’altro che di design, i notebook abbandonati qui e là, questo gruppo di nuove leve del giornalismo italiano sta coltivando il proprio futuro.

“È una di quelle redazioni che noi giovani – orfani, esclusi prima ancora di bussare alla porta – nemmeno ci sognavamo di poter varcare perché tutti ti ripetono che nel giornalismo non ce n’è più per nessuno. Beh, entrare là dentro è stata per me una sensazione meravigliosa”, racconta Pietro Guastamacchia, collaboratore fisso di TPI e ora a Berlino, dove è appena approdato in qualità di intake editor di Ruptly.

Pietro (che tutti chiamano Piotr) ha coltivato una passione per l’universo russo. “Cercavo un grimaldello che mi aprisse le porte del mondo del lavoro e così sono andato a Mosca. Durante la crisi ucraina mi sono trasferito sul fronte di guerra e ho prodotto video che sono andati anche sul sito del Corriere della Sera . Io mandavo video e loro pubblicavano, ma non ho mai ricevuto un commento né una contestazione. Tre mesi fa mi sono presentato a Gambino e gli ho proposto un mio pezzo. Lui me lo ha letteralmente smontato. Mi sono detto: accidenti, questo è uno che davvero ci tiene! È così nata una collaborazione fissa”.

(Nella foto qui sotto: in redazione con Alessandra Galloni, responsabile dei contenuti per il Sud Europa di “Thomson Reuters”) 


Se TPI trova tanto consenso tra i giovani giornalisti, le cose vanno diversamente con i rappresentanti della categoria come Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, con cui Gambino ha avuto una discussione.

In breve: i ragazzi di TPI organizzano da almeno tre anni (quest’anno hanno passato la mano perché avevano altro per la testa) una Summer School nella sede sulla via Aurelia che stanno appunto abbandonando per trasferirsi in centro: tre mesi, cinque giorni su sette, nove ore al giorno, 25 studenti e come docenti i bei nomi del giornalismo nazionale e internazionale.

Per alcuni di questi giovani è l’occasione per mettersi alla prova, costruire contatti e trovare opportunità. Su Facebook Iacopino dice cose cattive, insinuando che i giovani vengono sfruttati e i nomi illustri ben pagati, mentre i soci del TPI si godono le vacanze estive.

“Niente di più falso. Nessuno dei giornalisti che tenevano la loro lezione alla Summer School è stato pagato. Nessun giovane è stato usato e io non avrei mai e poi mai, nemmeno morto, lasciato il giornale in mano ad altri”, dice Gambino.

(Nella foto qui sotto: un momento di vita di redazione, durante la scelta di un titolo) 


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