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Quanto guadagnano realmente i parlamentari italiani

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Diarie, rimborsi spese, rimborsi telefonici e di trasporto. Ecco i risultati della somma delle varie voci che compongono lo stipendio dei nostri politici

Siamo entrati in campagna elettorale e il tema dei costi della politica e in particolare degli stipendi dei nostri rappresentanti in parlamento ritorna al centro del dibattito.

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Ma quanto guadagnano nel dettaglio deputati e senatori in Italia?

Ogni parlamentare eletto a Montecitorio ha diritto ad un’indennità lorda di 11.703 euro, pari a 5.346,54 euro netti.

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Non certo uno stipendio scandaloso per chi deve occuparsi della cosa pubblica.

In realtà a questa somma vanno sommate altre voci.

Sono la diaria, pari a 3.503,11 euro, i rimborsi spese che ammontano a 3.690 euro,  i rimborsi telefonici di 1.200 euro all’anno, cento euro al mese, e i rimborsi per le spese di trasporto, che ricevono anche i deputati che abitano a Roma, calcolabili in 3.995,10 euro ogni tre mesi.

Basta fare un rapido calcolo per vedere che un deputato guadagna la cifra di 13.638,42 euro al mese.

Non basta, ci sono poi l’assegno di fine mandatoe la pensione.

Per quanto riguarda i senatori, l’indennità mensile lorda risulta appena più bassa di quella dei deputati.

L’indennità è pari a 10.385,31 euro, 5.304,89 euro netti, che per chi ha un’altra attività lavorativa si abbassa di circa 200 euro.

Anche in questo caso vanno aggiunte altre onerose voci.

La diaria è di 3.500 euro, 4.180 euro come rimborso spese di mandato e 1.650 euro al mese di rimborso forfettario telefonico e di trasporto.

Per un totale di 14.634,89 euro al mese.

Proviamo ad analizzare le singole voci che compongono lo stipendio dei nostri parlamentari.

Il rimborso spese per l’esercizio del mandato, come abbiamo visto, ammonta a 3.690 euro per i deputati e 4.180 euro per i senatori.

Di questi, il 50 per cento viene erogato a titolo forfettario, mentre la restante metà viene corrisposta a titolo di rimborso dopo aver dato attestazione dei costi sostenuti.

Rientrano tra queste spese quelle per i collaboratori, i famosi “portaborse”, le consulenze, ricerche, la gestione dell’ufficio, l’utilizzo di banche dati pubbliche, l’organizzazione di convegni e il sostegno dell’attività politica del parlamentare.

Per quanto riguarda il rimborso delle spese di trasporto, l’ammontare dipende anche dalla frequenza con cui il parlamentare fa ritorno nel proprio collegio elettorale.

Fuori dal rimborso per le spese di trasporto, i nostri rappresentanti hanno comunque diritto alle tessere autostradali sul territorio nazionale, Viacard o Telepass, oltre a quelle per viaggiare con l’aereo, con il treno o con la nave.

Ogni deputato, poi, percepisce ogni tre mesi 3.323,70 euro per recarsi da Montecitorio a Fiumicino o per raggiungere dalla sua residenza l’aeroporto più vicino se deve percorrere fino a 100 chilometri.

Se la distanza tra casa sua e lo scalo aereo è superiore, la cifra trimestrale aumenta a 3.995,10 euro.

Ogni mese i deputati versano in un fondo appositamente creato una quota della loro indennità lorda, pari a 784,14 euro.

Qualora non vengano più eletti o decidano di non ricandidarsi alle elezioni, ricevono un assegno di fine mandato equivalente all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità per ogni legislatura o frazione di mandato non inferiore a 6 mesi.

Per i senatori l’importo è del 4,5 per cento dell’indennità lorda, 467,33 euro.

Il trattamento pensionistico dei parlamentari eletti dopo il 1 gennaio 2012 si basa sul sistema contributivo.

A quelli eletti prima di quella data e a quelli cessati ma poi rieletti viene applicato un sistema pro rata calcolato sulla somma della quota dell’assegno vitalizio maturata al 31 dicembre 2011 e una quota relativa all’incremento contributivo che riguarda gli ultimi anni di mandato.

I parlamentari hanno diritto alla pensione dopo il compimento dei 65 anni ed avere concluso un mandato di almeno 5 anni.

Per ogni ulteriore anno di mandato si scala un anno anagrafico: se si resta 6 anni in Parlamento si va in pensione a 64 anni, 7 anni in Parlamento, pensione a 63 anni e così via fino al minimo di 60 anni di età.

In caso di assenza non giustificata ai lavori della Camera di appartenenza, la diaria può diminuire di 206,58 euro al giorno quando il parlamentare non risponde ad almeno il 30 per cento delle chiamate al voto.

Se l’assenza interessa le sedute delle Giunte, delle Commissioni permanenti o speciali, del Comitato per la legislazione o di altre commissioni o organismi interni al Parlamento, la decurtazione è di 500 euro al mese sulla diaria in base alla percentuale di assenze.

Questo caso però, come detto, riguarda solamente la diaria: l’indennità parlamentare non viene minimamente intaccata.

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