Caro professor Prodi, ci racconti la verità su quella seduta spiritica su Aldo Moro
Romano Prodi, ex presidente del Consiglio, è tra le persone che parteciparono all'incredibile seduta spiritica da cui sarebbe emersa un'indicazione sul covo delle Brigate Rosse durante il sequestro Moro
A distanza di quarant’anni dal tragico sequestro e uccisione di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse, ascoltare i brigatisti in tv – parlo della trasmissione curata da Andrea Purgatori, Atlantide, su La7 – mi ha dato ancora una volta il senso dell’arrogante pochezza e della straordinaria insussistenza di questi minuscoli personaggi diventati ingranaggi di un gioco molto più grande di loro. Ma ha anche ribadito la loro sostanziale inaffidabilità.
Lo spazio assai grande loro concesso è stato controbilanciato dall’evidenza di questa constatazione, accompagnata a sua volta dalla squallore di varie comparse di regime tutte tese a dimostrare che allora non c’era altra scelta praticabile e possibile rispetto alla linea della cosiddetta fermezza: cioè la morte decretata di Moro.
Restano irrisolti molti punti oscuri della tragica vicenda Moro e i brigatisti sono lì a dimostrare quanto siano serviti finora a uno scopo in definitiva il più importante, l’occultamento della verità.
Io non credo a quello che dicono. Ricordiamoci che nel sequestro Moro non è neanche sicuro come si sia svolta (cioè dove e come) la carcerazione durante i 55 giorni…
Vi racconto il giorno in cui ho ritrovato il corpo di Aldo Moro, 40 anni fa
Mi auguro che chi detiene segreti grandi e piccoli decida di aprire finalmente la bocca. Non so se lo faranno mai i brigatisti. Mi chiedo però perché non lo faccia uno come il professore Romano Prodi che anche da Purgatori è stato ricordato al centro dell’incredibile seduta spiritica da cui sarebbe emerso in pieno sequestro Moro il nome di Gradoli (a via Gradoli, a Roma, si trovava il covo delle Brigate Rosse, ndr).
Coraggio professore, ce lo spieghi un po’ meglio… Mi dicono che suo fratello Paolo, quando a Trento, dove ha insegnato, qualcuno ricordava la storia del piattino e di Gradoli, arrossisse in tutta evidenza. È solo un problema di decenza?
Il problema non investe solo lei ma tutto il gruppo di quella scampagnata che è stato inchiodato al resoconto del piattino. Di chi parliamo?
Lei nel 1981 al presidente della commissione d’inchiesta parlamentare, Gian Franco Schietroma, che chiedeva conto dell’avvenuto, così rispose:
“In data 2 aprile 1978 in località Zappolino, sito in provincia di Bologna, fummo invitati dal professor Clò (Alberto Clò, economista, ndr) a trascorrere una giornata nella sua casa di campagna, insieme alle nostre famiglie.”
Nel pomeriggio, dopo aver pranzato, ed a causa del sopravvenuto maltempo, lo stesso Clò suggerì di fare il gioco del piattino (un piattino su cui tutti i presenti poggiano il dito dopo aver evocato uno spirito guida sottoponendogli alcune domande). L’idea conseguiva all’interesse che in quei giorni – da più parti – fu alimentato intorno a fenomeni di tale natura, senza per altro che nessuno dei presenti avesse predisposizione alcuna di tipo parapiscologico”.
“Tra i partecipanti alla seduta vi ero io, che sono un economista, il professor Gobbo, che ha la cattedra a Bologna di politica economica, il professor Clò, che ha l’incarico di economia applicata all’Università di Modena e che si interessa di energia, ma di petrolio, non di fluidi. Vi era anche suo fratello che è un biologo, non so di quale branca, anche se mi pare genetica, e vi era anche il professor Baldassarri che è economista, ha la cattedra di economia politica all’Università di Bologna. Tra le donne vi erano mia moglie, che fa l’economista, la moglie del professor Baldassarri, laureata in economia, ed altre che non so cosa facciano professionalmente.”
Francamente professore questa faccenda appare a tutt’oggi scarsamente credibile. E non abbiamo bisogno di interpellare Piero Angela, fiero accusatore di tutto il ciarpame para-normale, per giudicare questa storia che va avanti purtroppo da tanti anni.
Insomma, perché non ci dice da chi ha effettivamente appreso quel nome di Gradoli senza scomodare Zappolino e tutta la Valsamoggia?