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Perché il ponte Morandi è crollato: le cause

Immagine di copertina
Il camion simbolo del crollo del ponte Morandi a Genova

Le inchieste della magistratura sono appena iniziate, ma le prime ipotesi già iniziano a circolare. Ecco cosa si sa finora sul motivo per il quale il ponte ha ceduto

Le cause del crollo del ponte Morandi | Nel 2017 i tecnici assicuravano: “Il ponte Morandi non presenta problemi strutturali” | Breve descrizione del ponte Morandi | Le critiche al ponte Morandi | Perché i ponti crollano

Il 14 agosto 2018 il ponte Morandi è crollato a Genova. Il cedimento è avvenuto intorno alle ore 11.30.

Il tratto crollato, che fa parte dell’Autostrada Genova Savona, la A10, transitava sopra una zona densamente abitata (A questo link la testimonianza: “Noi che abitavamo sotto il ponte crollato: non sappiamo dove i nostri figli dormiranno e andranno a scuola”)

La maggior parte del viadotto si è schiantato sul greto del torrente Polcevera ma enormi tratti sono precipitati su su capannoni e sulle strade sottostanti.

Ma perché il ponte è crollato?

Le inchieste della magistratura sono appena iniziate, ma le prime ipotesi già iniziano a circolare.

La procura di Genova al momento è concentrata sulla verifica degli stralli, la grande innovazione introdotta da Morandi. Si tratta dei tiranti, le colonne trasversali di cemento armato con l’anima di cavi d’acciaio.

“Ci dobbiamo porre il problema di possibili concause del cedimento. Io stesso mi trovavo lì sopra qualche giorno fa e ho notato proprio i lavori in corso”, ha detto il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, che insieme alla sua squadra sta acquisendo tutti gli atti riguardanti la progettazione, la realizzazione e la manutenzione dell’opera.

Una testimone, come riporta il quotidiano La Repubblica, conferma questa ipotesi: “Ero al volante della mia auto e ho visto quei tiranti laterali cedere. Subito dopo ha cominciato a tremare l’asfalto sotto di me come se ci fosse un terremoto”, racconta Valentina Galbusera.

Per stabilire la dinamica e le cause del crollo la procura sta acquisendo i filmati delle webcam di Austostrade che potrebbero aver ripreso il momento del crollo. Ma le condizioni meteo caratterizzate da forti piogge di quella mattina non consentono di avere immagini nitide.

Secondo le prime dichiarazioni di Autostrade per l’Italia, non era prevedibile tale crollo, ma nel 2017 era stato commissionato uno studio proprio sugli stralli del viadotto.

Un professore del Politecnico di Milano, che effettua le verifiche, conclude: “Per gli stralli del sistema bilanciato numero 9 si presentano con deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali”.

A maggio del 2018 fu emesso un bando di gara a procedura velocizzata per i lavori di rinforzo degli stralli delle 9 e 10.

Nel 2017 i tecnici assicuravano: “Il ponte Morandi non presenta problemi strutturali”

Il 23 ottobre 2017, in occasione di un Consiglio regionale, l’assessore alla Protezione civile Giacomo Giampedrone è impegnato in una “interrogazione a risposta immediata” per far fronte alle preoccupazioni di chi abita sotto il ponte Morandi, a Genova.

“Al momento il viadotto non presenta alcun problema di carattere strutturale”, assicura Giampedrone. Ha sentito il direttore del primo tronco delle Autostrade italiane, Stefano Marigliani, che ha chiesto a Giampedrone di tranquillizzare i cittadini.

“I lavori attualmente in corso sono opere manutentive, e sono in progetto due interventi di carattere strutturale da realizzarsi nel 2018 che consisteranno nell’installazione di stralli e impalcati per il rafforzamento della infrastruttura”.

Come riporta il Corriere della Sera, alle rassicurazioni emerse da quel Consiglio regionale si contrappone la relazione di due professori del Politecnico di Milano, Carmelo Gentile e Antonello Ruoccolo, chiamati da Autostrade per una consulenza periodica sullo stato del ponte.

La relazione dei due professori sarà presentata il 12 novembre successivo e in essa verrà evidenziata chiaramente una “evidente” disparità di tenuta tra gli stralli. Quegli stessi stralli – i tiranti, quindi – che potrebbero essere alla base del crollo di martedì scorso.

“In particolare gli stralli, ovvero i tiranti, del sistema numero 9 si presentano con una deformata modale non conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali”, si legge nella relazione.

Un’irregolarità, quella messa in evidenza dai due esperti, che potrebbe essere attribuita forse ai possibili fenomeni di corrosione o da difetti di iniezione del cemento armato.

Quello stesso sistema numero 9 è inserito nel blocco collassato martedì scorso. La relazione, però, potrebbe aver smosso qualcosa: infatti, Marigliani di lì a poco annunciava una serie di interventi strutturali, tradotti in un bando di gara da venti milioni di euro, proprio per procedere al rinforzo degli stralli delle pile 9 e 10.

I lavori sarebbero dovuti partire nell’ottobre prossimo e avrebbero dovuto prevedere la costruzione dei tiranti esterni sui piloni che ne erano sprovvisti.

Breve descrizione del ponte Morandi

Il ponte attraversa il torrente Polcevera, a Genova, tra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano.

Il ponte fu costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua.

Il ponte è noto come “Viadotto Morandi”, o anche  “Ponte delle Condotte” dalla società che lo costruì, e “Ponte di Brooklyn” per la sua forma che ricorda il celebre ponte americano.

Il ponte, a trave strallata, lungo 1.82 metri, con un’altezza al piano stradale di 45 metri e piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza.

Il ponte fu inaugurato il 4 settembre 1967 dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

Il 14 agosto 2018 una parte del ponte che sovrasta la zona fluviale e industriale di Sampierdarena è crollata, probabilmente a causa di un cedimento strutturale.

L’Autostrada A10 è quella che collega Genova con il confine di stato di Ventimiglia.

Il ponte è costruito in cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile.

Il ponte è al centro delle critiche da tempo.

Qui la scheda tecnica del “Ponte Morandi”, sul sito Ingegneri.info: 

Anno di costruzione: 1963-1967 (inaugurato nel 1967)
Campata maggiore: 210 m
Lunghezza: 1182 m
Tecnologia costruttiva: calcestruzzo armato precompresso
Forma delle pile: cavalletto rovesciato bilanciato
Altezza delle pile: 90 m
Stralli: Trefoli in acciaio rivestiti di calcestruzzo

Le critiche al ponte Morandi

Il ponte sul Polcevera fu interessato da “imponenti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei cavi di sospensione a cavallo della fine anni ’80 primi anni ’90, con nuovi cavi affiancati agli stralli originari”, spiega l’ingegnere. A. Brencich, professore associato di Costruzioni in C.A. e C.A.P. dell’Università di Genova su Ingegneri.info.

“La riflessione oggettiva a cui si giunge, alla luce della vita utile che dovrebbe avere una struttura del genere (almeno 100 anni) è che fin dai primi decenni il ponte è stato oggetto di manutenzioni profonde (fessurazione e degrado del calcestruzzo, nonché creep dell’impalcato) con costi continui che fanno prevedere che tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo”, continua.

Nel 2016 era stato avviato un importante intervento di manutenzione, della durata di vari mesi, per il rifacimento di tutte le strutture in calcestruzzo e la sostituzione delle barriere bordo ponte in entrambe le direzioni di marcia.

Perché i ponti crollano

Ma come e perché crolla un ponte? TPI lo ha chiesto all’ingegnere Gabriele Tebaldi, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura dell’Università di Parma.

“Il cemento armato è stato considerato sostanzialmente eterno, c’è stato un approccio al calcolo delle strutture che non sempre ha tenuto conto della fatica, della durabilità del materiale. Ma in pratica non è necessariamente vero”, spiega a TPI l’ingegnere Tebaldi.

“C’è necessità di interventi manutentivi, di adattamenti, che per vari motivi non sono stati fatti. Ultimamente i tagli alle amministrazioni locali hanno avuto ripercussioni sulla manutenzione delle infrastrutture. C’è inoltre da dire che i livelli di traffico sono aumentati rispetto a quanto chi ha progettato i ponti ai tempi potesse immaginare. Il sistema infrastrutturale italiano è degli anni ’60 e ’70. Il problema dei ponti e delle opere di attraversamento è noto da anni, non sono le prime avvisaglie”, prosegue Tebaldi.

“Quella dei ponti è un’emergenza sotto gli occhi di tutti. Alcuni ponti sarebbero proprio da demolire e da rifare. Andrebbe fatta un’opera di monitoraggio importante, che richiedere ingenti investimenti. Generalmente il crollo arriva quando c’è un cedimento strutturale. Molti ponti sono fatti in cemento armato precompresso e potrebbe verificarsi un cedimento del sistema di precompressione. Un ponte cade quando uno dei suoi elementi strutturali collassa”, continua l’accademico.

“A volte il caso gioca a sfavore, perché ad esempio un ponte che ha un livello di conservazione non buono può essere magari sollecitato casualmente da un elevato livello di traffico pesante, e spesso ci sono veicoli che circolano con un carico superiore a quello che potrebbero portare, e allora arrivano combinazioni che provocano il collasso”, sostiene l’ingegnere.

“In alcune situazione anni fa il crollo è dipeso anche dai carichi pesanti che stavano passando. A volte c’è una combinazione fatale tra danneggiamento delle strutture ed evento catastrofico concomitante che amplifica la cosa. In linea di principio, si può capire qual è un ponte a rischio di crollo e quale non lo è, al di là della fatalità. È innegabile che vi sia bisogno di un piano manutentivo”, conclude Gabriele Tebaldi.

Dello stesso parere è Settimo Martinello, direttore generale di 4 Emme, società di Bolzano che si occupa di ispezioni e verifiche sullo stato dei ponti.

“Sono anni che dico che decine di migliaia di ponti italiani sono a rischio crollo e ogni anno puntualmente ne crollano una ventina solo che non fanno notizia perché non sono grandi come quello di Genova”, spiega.

Secondo Martinello, che ha lanciato l’allarme, tutti i ponti italiani realizzati in calcestruzzo fra gli anni 50 e gli anni 60 sono a rischio “perché sono arrivati a fine vita, non sono eterni ed è troppo facile prevedere che andranno giù tutti”.

“Questi ponti sono fatti con una struttura di acciaio ricoperta di calcestruzzo. Il calcestruzzo è solo una copertura che serve a proteggere i materiali ferrosi dall’acqua e quindi dall’ossidazione, ma il calcestruzzo ha una sua vita utile, trascorsa la quale l’umidità passa e inizia un processo di carbonatazione, che avvia l’ossidazione che provoca la corrosione. Ha presente quando sul calcestruzzo compaiono delle strisce nere? Quello è l’ossido del ferro che sta uscendo. Ci mette dieci o quindici anni questo processo a compiersi. Alla fine fuori sembra tutto a posto, dentro però l’armatura è sparita”.

In Italia ci sono un milione e mezzo di ponti, “ma se calcoliamo le campate di ciascun ponte, come è corretto fare, arriviamo a tre o quattro milioni di strutture. Ma sa quanti sono quelli sotto monitoraggio? Sessantamila. Di quelli sappiamo tutto, degli altri quasi nulla, spesso le amministrazioni locali, senza soldi né competenze, non sanno nemmeno di quanti ponti dispongono”, conclude Martinello.

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