La parità di genere in politica è ancora lontana: peggiori risultati per Comuni e Regioni
Solo il 14 per cento dei comuni italiani è retto da una donna, ma il risultato peggiore si registra a livello regionale: sono solo due infatti i presidenti di Regione al femminile
La politica italiana resta ancora un mondo in cui predominano gli uomini, come conferma il recente studio condotto da Openpolis, che ha cercato di capire che effetti hanno avuto le leggi vigenti in materia di cariche elettive.
Allo stato attuale, solo il 14 per cento dei comuni italiani è retto da una donna, ma il risultato peggiore si registra a livello regionale: sono solo due infatti i presidenti di Regione al femminile.
Nel 2012, con la legge 215, sono state introdotte nei comuni con più di 5mila abitanti delle regole per favorire l’equilibrio di genere: nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore dei due terzi di candidati. Inoltre, perché la doppia preferenza sia valida, deve essere data a un uomo e a una donna.
Nonostante questa norma, solo nel 2013 la percentuale di donne candidate nei consigli comunali è ondata oltre il 30 per cento, percentuale raggiunta solo nel 2016 in Abruzzo, Calabria e Molise. Prendendo come riferimento il 2012, otto su 10 consiglieri comunali erano uomini.
Con la legge 215 del 2012 la situazione è migliorata, ma non abbastanza. Nel 2016, ultimo anno analizzato da Openpolis, le donne elette erano il 30,40 per cento, il 40 per cento in più rispetto al 2009. I dati riguardano anche i comuni sotto i 5mila abitanti, che non sono direttamente interessati dalla normativa.
In 11 Regioni, però, i candidati uomini eletti sono il 70 per cento e in generale le donne che presentano la propria candidatura sono di meno rispetto agli uomini.
Tra il 2000 e il 2003 le donne elette erano l’8,60 per cento, mentre più del 90 per cento dei consiglieri regionali erano uomini. Secondo gli ultimi dati, appena il 17,60 dei consiglieri regionali è rappresentato da donne.
I dati europei – In Europa è stata introdotta con la legge 65 del 2014 la tripla preferenza di genere, che permette di esprimere fino a 3 preferenze purché queste siano di sesso alternato.
Questo meccanismo però ha una valenza transitoria e per le prossime elezioni del 2019 sarà integrato con altri correttive, come per esempio l’obbligo di liste 50 e 50 per garantire una piena parità di sessi.
Nel 2014, il 38,4 per cento degli eletti al Parlamento europeo erano donne, mentre nel Parlamento italiano, se si guardano ai dati del 4 marzo 2018, sono state elette solo 185 donne alla Camera e 86 al Senato.