Padre Dall’Oglio, fonti curde: “È vivo e presto sarà liberato”
Padre Dall’Oglio, il prete italiano scomparso in Siria a luglio del 2013, sarebbe ancora vivo e la sua liberazione imminente, secondo quanto riportato da fonti curde citate dal quotidiano libanese Al Akbar.
I negoziati per la liberazione di Dall’Oglio sarebbero in corso da giorni e si sarebbero intensificati con l’imminente fine dello Stato islamico, assediato dalle forze curdo-arabe nel villaggio di Baghouz, nella provincia di Deri el Zor.
La liberazione del prete sarebbe però stata rallentata nelle ultime ore a causa di alcune “complicazioni”, secondo fonti curde.
La notizia data del giornale libanese è stata riportata anche dall’agenzia vaticana Fides che fa capo alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli.
Secondo le fonti curde, ci sarebbe già una bozza di accordo tra i miliziani di Isis e le Forze democratiche siriane e tra le richieste avanzate dai jihadisti ci sarebbe la richiesta di un “lasciapassare” per alcuni leader di Daesh ancora a Baghouz.
La notizia non è ancora stata confermata, ma secondo fonti ecclesiali gli ultimi aggiornamenti sulla sorte di padre Dall’Oglio non sarebbero infondati.
Alcuni ostaggi curdi che sono scappati dall’Isis avrebbero infatti affermato di aver visto vivo il gesuita insieme a altri ostaggi, tra cui ci sarebbero anche il giornalista britannico John Catlie e un’infermiera neozelandese della Croce Rossa.
A febbraio il Times aveva già scritto che il gesuita era vivo e nelle mani dell’Isis, raccontando anche che i negoziati per la sua liberazione erano in corso.
Padre Dall’Oglio fu rapito in Siria il 29 luglio 2013 in circostanze misteriose e tuttora non si conosce l’identità del suo rapitore.
Nell’agosto 2013 un sito arabo diede il gesuita per morto, ma l’allora ministra degli Esteri Emma Bonino non fu in grado di verificare l’attendibilità della notizia.
Nuove informazioni sulla sua sorte si ebbero nell’estate del 2018, quando uno degli amici che ospitò e accompagnò Dall’Oglio poco prima del rapimento, fece il nome di un emiro dell’Isis, ancora residente in Siria, come possibile rapitore.