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“Consegnateci i migranti o vi spariamo”: i libici ci minacciano e per l’Italia i criminali siamo noi, parla Proactiva

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Riccardo Gatti, capo-missione della Ong Proactiva Open Arms, racconta del caso esploso nel Mediterraneo. La nave spagnola era sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica e ora è accusata di associazione a delinquere

“Siamo stati accusati di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Il reato non è stato ancora formalizzato perché mancano i documenti ufficiali in spagnolo. Ma ci rendiamo conto che ci trattano come dei criminali?”.

Riccardo Gatti, capo-missione della ong spagnola Proactiva Open Arms, commenta così i provvedimenti adottati dal procuratore Carmelo Zuccaro e la decisione della procura di Catania di disporre il sequestro della nave della ong ormeggiata da sabato 17 marzo nel porto di Pozzallo, Ragusa, dove era arrivata per portare in salvo 218 migranti salvati a largo delle coste libiche.

Il fermo è stato eseguito su indagini della polizia della squadra mobile di Ragusa e del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma.

“Hanno consegnato l’avviso di garanzia a Oscar Camps, fondatore di Proactiva Open Arms, al comandante della nave Marc Raig e alla capo-missione Anabel Montes perché abbiamo disobbedito ai libici, rifiutandoci di consegnare i migranti che avevamo a bordo mentre loro minacciavano di spararci. È incredibile”, dice Gatti.

Secondo l’accusa ci sarebbe stata la volontà di portare i migranti in Italia anche violando leggi e accordi internazionali, non consegnandoli ai libici.

L’incidente che ha visto protagonista la Proactiva Open Arms si era verificato a 70 miglia dalle coste libiche. Gli spagnoli, su indicazioni della sala operativa di Roma, avevano individuato un gommone con 150 persone a bordo, alcune delle quali già in acqua. Mentre erano in corso le operazioni di soccorso, è sopraggiunta una motovedetta libica con le armi puntate che ha minacciato di aprire il fuoco contro i volontari se non avessero consegnato loro le donne e i bambini già salvati.

“Il caso si è sbloccato dopo una richiesta formale del governo spagnolo a quello italiano. Prima abbiamo trascorso 30 ore in ‘ostaggio’, preda di un braccio di ferro diplomatico nel Mediterraneo, poi dal Viminale è partito l’ordine di far attraccare la nave a Pozzallo”, racconta Riccardo Gatti.

Il porto di Pozzallo, infatti, è l’approdo sicuro assegnato alla nave dopo il caso esploso due giorni fa nel Mediterraneo, quando la ProActiva Open Arms era sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ong a bordo non avessero consegnato le donne e i bambini raccolti da un gommone.

“Ora ci trattano come delinquenti mentre i libici ci minacciavano di spararci. La Libia continua a dire che eravamo nel loro territorio, mentre ci trovavamo in acque internazionali”.

I libici sono anche saliti a bordo delle scialuppe che gli spagnoli avevano messo in mare, ma alla fine la ong ha resistito e, al termine di un lungo inseguimento, si è allontanata verso la zona nord in attesa di ricevere istruzioni dalla Guardia costiera italiana.

Poi c’è stato il via libera italiano che ha permesso alla nave di orientarsi con il suo carico di 218 persone a bordo verso la Sicilia.

“La procura ci ha chiesto di passare le immagini registrate durante l’incontro con i libici, inizialmente ci avevano detto che saremmo potuti andare subito, poi ci hanno detto che non potevamo più partire, così abbiamo chiamato gli avvocati. Ora stiamo aspettando che ci diano i documenti ufficiali, siamo scioccati per quello che sta succedendo”.

“Questo è quello che l’Italia vuole, ossia che i migranti restino in Libia. L’altro giorno abbiamo portato un ragazzo letteralmente morto di fame, arrivato dalla Libia in condizioni disperate, e loro vogliono che li riportiamo lì? Da un anno e mezzo stiamo collaborando con la Guardia Costiera Italiana. Loro si sono tirati indietro, hanno lasciato il coordinamento ai libici ed ecco come è andata a finire”, prosegue Gatti.

“Qua ci stanno accusando di immigrazione clandestina, quando abbiamo sempre operato con la guardia costiera, ora che ci siamo rifiutati di consegnare loro i migranti siamo diventati dei criminali. Sembra un vero accanimento contro di noi che siamo gli ultimi pochi rimasti a prestare soccorso in mare”. 

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