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Caso Regeni, è scontro diplomatico e giudiziario tra Italia ed Egitto: cosa sta succedendo

Immagine di copertina

La procura generale d’Egitto ha respinto la richiesta ufficiale dei pm italiani di inserire sette agenti dei servizi egiziani nella lista degli indagati per il rapimento e l’uccisione del ricercatore friulano e getta nuove ombre sulla figura di Giulio

“Fermi restando i buoni rapporti tra i due uffici che si sono impegnati a incontrarsi di nuovo per fare il punto delle indagini, la Procura di Roma ritiene che oltre due anni di accertamenti e ben dieci incontri tra inquirenti finalizzati allo scambio di atti e di informazioni siano più che sufficienti per dare una significativa accelerazione all’inchiesta. Accelerazione che non avrà ripercussioni sull’attività congiunta che andrà avanti ancora con la magistratura del Cairo nei prossimi mesi”.

Lo annunciava la Procura di Roma il 28 novembre scorso specificando, in merito alle indagine sull’omicidio del ricercatore friulano Giulio Regeni, che avrebbe formalizzato l’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni dei nove soggetti, tra poliziotti egiziani e agenti del servizio segreto civile, ritenuti coinvolti nella morte del ragazzo avvenuta al Cairo nel 2016.

La decisione  è stata comunicata dai pubblici ministeri di piazzale Clodio ai magistrati egiziani durante un vertice congiunto a Il Cairo. Oltre a rinnovare la collaborazione tra le autorità giudiziarie di Roma e del Cairo, la Procura di Roma ha deciso di procedere indipendentemente sul caso.

Dalle carte delle indagini emergono i profili di funzionari dei servizi e della polizia investigativa cairota.

Tra i soggetti che potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati, il nome di Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal è tra i più quotati: l’uomo che ha coordinato l’operazione di spionaggio di Giulio ed è lo stesso che ha falsamente accusato e fatto arrestare ad aprile 2016 Ahmed Abdallah, il presidente del consiglio d’amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf), rilasciato dopo sei mesi di carcere.

Un altro nome potrebbe essere quello del colonnello Osan Helmy.

Come hanno dimostrato i tabulati telefonici sviluppati in Italia da Sco e Ros, il colonnello Osan Helmy è uno degli agenti della National Security che aveva arruolato l’ambulante Mohammed Abdallah per incastrare Giulio.

Qui i “Volti, nomi e storie di chi è implicato nel caso Regeni”.

Il 29 novembre, il presidente della Camera Roberto Fico ha annunciato “che la Camera dei deputati sospenderà ogni tipo di relazione diplomatica con il Parlamento egiziano fino a quando non ci sarà una svolta vera nelle indagini e un processo che sia risolutivo”.

E a proposito delle indagini avviate dalla procura di Roma, Fico ha detto che si tratta di “un atto giusto, forte e coraggioso e anche un atto dovuto: visto che la Procura del Cairo non procede, è giusto lo faccia la Procura di Roma”.

Il 30 novembre è giunta la smentita del deputato egiziano Tarek Radwan, ex presidente della commissione Esteri e attualmente presidente della commissione Affari africani intervistato da Agi.

“Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, non ha comunicato alcun provvedimento ufficiale al Parlamento egiziano sull’interruzione dei rapporti in seguito allo stallo sul caso Regeni”, sostiene Radwan.

“L’ultimo provvedimento del Parlamento italiano sull’Egitto risale al 2016 e comunque il presidente Fico non ha il potere di interrompere le relazioni, una prerogativa che spetta al governo”, ha spiegato Radwan.

Proprio in questi giorni, e dopo mesi di silenzio, Mohamed Abdallah, il presidente del sindacato degli ambulanti del Cairo che aveva provato a incastrare Giulio Regeni, è tornato a parlare:

“Sono stato io a denunciare Giulio Regeni. E lo farei di nuovo”. 

“Ho visto e sentito cose che mi hanno convinto che lui fosse una spia. Regeni è stato ucciso da membri di servizi stranieri, probabilmente britannici”, ha detto il sindacalista all’Agi, continuando quindi a sostenere la sua versione sui fatti.

Abdallah non intende mettersi a disposizione degli inquirenti italiani. “Con loro ho già parlato: il caso non è ancora chiuso e gli egiziani continueranno a indagare fino a quando non arriveranno alla verità”, ha spiegato.

Il 2 dicembre, la procura generale d’Egitto ha respinto la richiesta ufficiale dei pm italiani di inserire sette agenti dei servizi egiziani nella lista degli indagati per il rapimento e l’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni.

Una notizia che non sorprende poi troppo chi negli anni ha seguito l’evolversi delle indagini condotte al di là del Mediterraneo.

Secondo i magistrati del Cairo – scrive l’agenzia di stampa – “non ci sono abbastanza prove per indagare le persone indicate” dai pm italiani e inoltre una richiesta simile era già stata respinta nel dicembre 2017  perché “nel sistema giudiziario egiziano non esiste un registro dei sospettati”.

Secondo gli inquirenti del Cairo non è sufficiente il fatto che le persone indicate dalla procura di Roma pedinassero Giulio Regeni prima del suo omicidio, perché questo “rientra nel loro lavoro”.

Ciò che lascia perplessi, però, è il passaggio secondo cui la Procura egiziana chiede invece ai magistrati romani di indagare sul “perché Giulio Regeni sia entrato in Egitto con un visto turistico e non con un visto dedicato per le ricerche accademiche”.

Una richiesta che vuole prospettare nuove ombre sulla figura di Giulio Regeni, dopo i vari tentativi di macchiare il suo indiscutibile profilo personale e professionale, più volte oggetto di accuse infondate e offensive.

Le incognite ora restano almeno due: come mai giunge oggi una richiesta per far luce sul visto di Giulio Regeni, a poche settimane dalla venuta in Italia del presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi in occasione del vertice sulla Libia e a pochi giorni dalla presa di posizione della procura di Roma?

Il ruolo dell’ambasciatore italiano al Cairo Giampalo Cantini – il cui operato nel caso Regeni è stato pressocché nullo, al netto di sporadici interventi – verrà messo in discussione?

Dopo mesi di stallo e silenzio, si è acceso improvvisamente uno scontro non solo politico e diplomatico ma anche giudiziario sulla morte di Giulio Regeni che vede contrapposti i parlamenti dei rispettivi Paesi, ed oggi anche le procure.

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