Il nuovo governo fa leva sulle pulsioni più becere di un “popolo” che non sa distinguere il vero dal falso
Una nuova ridicola commedia all'italiana, inquietante perché condita di violenza, dilettantismo, ambiguità, di stupidità sbandierate ai quattro venti da parte del governo e del suo “popolo”, ha già preso forma in modo inequivocabile
Solo dodici giorni sono passati dalla nascita del nuovo governo ma il quadro che si è delineato è già piuttosto eloquente.
Se non mancassero alcuni segni inquietanti, si potrebbe parlare di una farsa, in cui il tragico e il comico, il serio e il faceto si intrecciano e si confondono, perdendo confini e definizioni, sfumando l’uno nell’altro.
Se non si trattasse del governo di un paese di sessanta milioni di abitanti, sarebbe più o meno un sollievo pensare a una commedia di Eduardo De Filippo, dove una serie di vicende movimentate consegnano i personaggi alla loro miseria umana, di cui diventano maggiormente consapevoli.
D’altra parte, l’assenza di un’ossatura salda, cioè di un solido senso di responsabilità, porta sul piano politico esattamente a questa condizione, in cui tutto e il suo contrario finiscono per equivalersi, a maggior ragione quando la confusione tra la realtà e la fantasia viene promossa e sollecitata dalle forze politiche in campo.
Come una strada è saldamente legata al suo sottosuolo, così il Movimento 5 Stelle e la Lega sembrano aver creato una compagine governativa che sotto l’apparenza formale, istituzionale, offre come valore aggiunto la visione scoperta di ciò che in democrazia è in genere sopito: cioè il moto disordinato e caotico degli istinti e delle pulsioni più becere, aggressive e violente, come si è visto senza tanti fronzoli nella vicenda della nave Aquarius.
Se una parte del governo evoca onestà e moralità, l’altra invece rinfocola nel “popolo” violenza e aggressività. Non sembra azzardato dire che queste sembrano essere le facce di una stessa medaglia.
Dopo pochi giorni, il cosiddetto governo “del cambiamento” appare visibilmente in balia dell’estremismo, ma anche offuscato dal grigiore dell’ambiguità, delle flebili o delle mancate prese di posizione, e delle personalità prive di consistenza, come foglie ghermite dal turbine della storia, dallo Zeitgeist, cioè lo spirito del tempo, come una volta ha scritto Hannah Arendt.
Non solo dunque appare chiara la violenza del ministro degli Interni che da mesi sobilla gli istinti aggressivi di un “popolo” sotto pressione e facilmente manipolabile, ma sembra evidente anche lo spaesamento e la perplessità suscitata dalla visione di un premier che appare debole, sballottato e trascinato dai suoi ministri e dagli eventi, come un funambolo remissivo a cui vengano agitate continuamente le corde.
E che dunque attende ordini, sotto scacco.
Non è stato infatti all’altezza del suo ruolo Giuseppe Conte quando ha probabilmente finto di non ricordare il nome di Piersanti Mattarella, un politico assassinato dalla mafia e fratello del presidente della Repubblica. Non è stata una dimenticanza ma una scelta ammantata di pretesa ingenuità e molto, incredibile, paraculismo.
Siamo quasi certi che da solo in una stanza, al massimo a colloquio con un’altra persona, Conte avrebbe ricordato perfettamente quel nome, ma in parlamento ha evidentemente prevalso lo spirito gruppale, gregario, della volontà del presunto capo che si rimette a quella dei suoi sottoposti. È questa l’espressione significativa di un mondo che comincia a capovolgersi.
Anche se in molti continuano a sostenere la necessità di aspettare i primi risultati, questa omissione da parte del presidente del Consiglio, passata per dimenticanza, costituisce in realtà già un risultato piuttosto inquietante, perché in essa si raccolgono le tracce dell’ambiguità, della debolezza e di un pervasivo grigiore.
Sono queste in genere le condizioni che costituiscono il terreno di rigoglio e diffusione dell’estremismo, che lì non trova alcun argine. E d’altra parte è questo il governo delle forze antisistema, che di barriere non vogliono sentir parlare, se non nel caso dei migranti.
Lo si è visto con una certa evidenza gli ultimi giorni di maggio, quando la presidenza della Repubblica e la Costituzione sono state esposte a pressioni e forzature di veemenza bestiale. Non a caso il Movimento 5 Stelle e la Lega costituiscono forze politiche elette prevalentemente sotto la spinta di moti istintuali intensi, legati alla rabbia e all’infelicità dei cittadini, per cui è altamente probabile che ulteriori dimostrazioni di scarsa tolleranza della realtà, dei limiti e delle regole istituzionali seguiranno ben presto, qualora la cornice istituzionale venga percepita come frustrante, come un impedimento inaccettabile.
In tal senso sentiremo nuovamente tuonare la voce di Di Battista dagli Stati Uniti.
Allo stesso modo, Conte che con disinvoltura sposa la linea di Trump durante il G7 per poi darsi alla giravolta e tornare sulla linea dei partner europei rappresenta una prova di scarsa solidità e di fragile tenuta da parte di un uomo delle istituzioni, di cedevolezza al potere, qualunque esso sia.
Sotto l’ala di Trump, presidente della prima potenza mondiale economica e militare, forse Conte pensava di essere più al sicuro, salvo poi ricordarsi degli impegni assunti dall’Italia all’interno dell’Unione europea.
Quando la realtà comincia ad essere capovolta, cioè quando vengono sovvertiti i riferimenti morali e conoscitivi che guidano in generale la condotta dei cittadini e il loro essere al mondo, significa che a farsi strada sono costruzioni nuove del reale, come è tipico tra l’altro dei regimi dittatoriali, che sull’invenzione e sulla menzogna fondano la loro legittimazione.
Ad esempio, il ministro Salvini ha dichiarato di essere stato coerente con il Vangelo nel gestire la vicenda della nave Aquarius. Come non solo i cristiani si saranno resi conto, si tratta ovviamente di un’affermazione piuttosto empia e falsa, ma è probabile che molti cittadini abbiano creduto a questa affermazione.
Allo stato attuale, infatti, se c’è una capacità che in molti hanno smarrito, forse perché non l’hanno mai posseduta, è proprio quella di saper distinguere il vero dal falso, evitando di declinare la realtà a proprio piacimento.
Basta addentrarsi nel territorio sconfinato dei social network per accorgersi delle incredibili e in qualche modo originali paccottiglie discorsive che le menti delle persone sono ormai in grado di rilasciare, non grazie all’esercizio del pensiero ma attraverso meccanismi di passiva incorporazione e assimilazione. Si tratta di agglomerati raffazzonati di informazioni di vario genere, raccolte dal calderone fumoso e debordante del web.
Le opinioni che vengono espresse attraverso i commenti lasciati sui social finiscono così per rispecchiare la successione e la casualità con cui il materiale informativo compare ad esempio nella sezione “home” di facebook: notizie attendibili, altre false, nozioni di storia, citazioni di personaggi autorevoli si assemblano a livello mentale così come si susseguono nelle piattaforme online, in un puzzle scompaginato, ottundente e sconcertante, soprattutto quando chi le incamera non ha a disposizione un solido bagaglio conoscitivo alle spalle, attraverso cui confrontare, discernere, selezionare, eleggere e organizzare in modo armonico quanto appreso.
E dunque spesso accade che le discussioni su facebook più che costituirsi come scambi significativi e sensati di opinioni sembrano piuttosto somigliare ad accozzaglie di informazioni disordinate e frammentate, a strutture conoscitive traballanti, fitte di vuoti, dove il pensiero viene depredato, precipitato nella confusione densa e abbagliante della realtà mista alla fantasia.
E così diventa estremamente probabile imbattersi in chi sostiene la scelta del governo di abbandonare in mare centinaia di persone citando al contempo Liliana Segre o Antonio Gramsci. Oppure capita che la stessa Hannah Arendt venga chiamata in causa per giustificare il ritorno ad un autoritarismo da quattro soldi, proprio lei che ha svelato e illuminato i meccanismi del totalitarismo e l’importanza della disobbedienza civile.
Lo ha fatto il signor Ernesto Galli della Loggia in un editoriale pubblicato la settimana scorsa sul Corriere. E poi c’è il ministro delle Infrastrutture Toninelli, che dopo aver reso operativa la chiusura dei porti sotto la spinta propulsiva di Salvini, ha affermato con disinvoltura e senza particolare pudore come la zona di sicurezza dove portare in salvo i migranti possa essere costituita anche da una nave piuttosto che dalla terraferma.
Ebbene, di fronte a questo scenario denso di ipocrisia, paraculismo e distorsione più o meno consapevole della realtà, viene da domandarsi: ma ci sono o ci fanno?
L’amara risposta è che in molti, soprattutto tra “il popolo”, ci sono, dentro fino alle viscere e senza rendersene conto, mentre è possibile che Galli della Loggia e Matteo Salvini “ci facciano”, declinando la realtà secondo un intento manipolatorio.
C’è una larga parte della cittadinanza italiana e non solo – visti i risultati delle elezioni americane o il referendum sulla Brexit – che a furia di inghiottire scempiaggini, una dietro l’altra, senza discriminare il vero dal falso, si è impratichita non solo nell’assimilazione di realtà costruite ex novo, all’occorrenza, a seconda delle necessità, ma anche nel costruirle, credendoci persino e diffondendole senza vergogna, profondamente convinta della loro veridicità.
A quanto pare, la falsa novella della terra piatta ha fatto scuola e si è riprodotta in idee consimili, tornando in auge nonostante secoli e secoli di studi, scoperte scientifiche e molteplici roghi su cui a torto si è immolata la verità dei fatti.
In definitiva, una nuova ridicola commedia all’italiana, inquietante perché condita di violenza, dilettantismo, ambiguità, di stupidità e di dabbenaggine sbandierate ai quattro venti da parte del governo e del suo “popolo”, ha già preso forma in modo inequivocabile.