Migranti, la nave Aquarius torna in mare: “Pronti a salvare vite umane, non riporteremo le persone soccorse in Libia”
La nave gestita da SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere era rimasta ferma per un mese al porto di Marsiglia e ha da poco raggiunto la acque internazionali del Mediterraneo
L’imbarcazione di ricerca e soccorso gestita da SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere è tornata in mare dopo un mese di fermo al porto di Marsiglia, deciso in seguito al divieto delle autorità maltesi di attraccare al porto di La Valletta per i rifornimenti e il cambio di equipaggio, ricevuto senza spiegazioni.
Ha lasciato il molo 2 del Vieux Port di Marsiglia alle 18 del primo agosto e oggi torna nelle acque internazionali di ricerca e soccorso del Mediterraneo centrale in un panorama profondamente mutato.
Dal 10 giugno scorso, da quando le era stato vietato per la prima volta in due anni di portare in salvo in un porto italiano le persone soccorse in mare con il coordinamento della Guardia Costiera italiana, quest’ultima ha smesso di collaborare con le imbarcazioni di salvataggio come Aquarius, delegando sempre di più la gestione delle operazioni al Libyan Joint Rescue Coordination Center (Jrcc), dalla fine di giugno ufficialmente riconosciuta dall’IMO (International Maritime Organization) insieme a una sua zona di responsabilità, la SAR (Search and Rescue) libica.
Durante queste settimane inoltre il Consiglio Europeo ha concluso in una riunione che “tutte le navi che operano nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non ostruire le operazioni della Guardia costiera libica”, e pochi giorni fa una nave commerciale italiana, la Asso 28, ha seguito le sue indicazioni, salvando 108 migranti nella neonata zona SAR libica e riportandoli al porto di Tripoli.
Ma Aquarius riparte con le idee molto chiare su questo: l’imperativo è salvare vite umane, la Libia non è un porto sicuro e i migranti soccorsi non saranno mai riportati indietro, perché quello è il luogo da cui scappano.
“Abbiamo visto persone arrivare con le graffette addosso, o con i chiodi, sottoposti a tutti i metodi di tortura che si protraggono in Libia ormai da anni”, dichiara Claudia Lodesani, presidente di Medici Senza Frontiere, l’organizzazione medico-umanitaria che in oltre 200 operazioni in più di due anni ha curato oltre 29mila persone sulle navi di soccorso.
“Oltre al sovraffollamento, le condizioni di vita nei centri sono assolutamente disumane; abbiamo visto uomini arrivare completamente denutriti e morire per quello”, continua Lodesani durante la conferenza stampa tenutasi a Roma insieme a SOS Mediterranee il 2 agosto scorso.
“La Libia è un posto dove non si possono riportare le persone”, conclude.
Per questo l’imbarcazione che il 10 giugno scorso si era vista chiudere i porti italiani e maltesi e aveva navigato per sei giorni con 630 naufraghi a bordo per raggiungere Valencia, si è preparata ad affrontare il peggio.
Ha rafforzato l’equipaggio, potenziato gli strumenti di soccorso, aumentato le scorte di cibo in vista di soste prolungate, installato una cella frigorifera per l’eventuale recupero di morti, aggiunto un gommone di soccorso ai tre già disponibili e ne ha aumentate l’efficienza e la capacità.
Infine, ha aumentato la sua visibilità, per testimoniare giorno per giorno quanto avviene a bordo: sul sito Onboard Aquarius è possibile consultare i movimenti della nave e leggere le storie e le testimonianze dell’equipaggio.
Aquarius continuerà a navigare nel pieno rispetto della legge marittima e del diritto internazionale, a condizione che questo non comporti la perdita di vite umane e lo sbarco in porti non sicuri.
Questo significa che l’equipaggio, pronto a essere coordinato dalle autorità marittime competenti, accetterà ordini di non intervento solo se saranno dispiegati altri mezzi per assistere le persone in difficoltà e se saranno portate in un porto sicuro.
Poiché è chiaro l’impegno a non riportare migranti intercettati in mare in Libia, l’Aquarius rifiuterà qualsiasi ordine delle autorità di sbarcare in Libia i migranti e anche di trasferire persone soccorse in mare su navi che le riporterebbero lì.