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Intervista al sindaco di Montesilvano, la Riace d’Abruzzo: “Così destra e immigrazione vanno a braccetto”

Immagine di copertina
Il sindaco Francesco Maragno insieme ad alcuni migranti coinvolti nei progetti del Comune

La cittadina, in provincia di Pescara, è stata definita un modello di integrazione: Francesco Maragno, sindaco di centrodestra, ha spiegato a TPI com'è stato possibile

Un modello per l’inclusione e l’integrazione degli immigrati. Così la prestigiosa agenzia di stampa internazionale France Press ha definito Montesilvano. Siamo in Abruzzo, in provincia di Pescara. Montesilvano è una cittadina di 55mila abitanti ed è guidata da un sindaco di centrodestra, Francesco Maragno.

Il primo cittadino ha aderito alla rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), superando così i Cas (Centri di accoglienza straordinaria).

“Montesilvano viene indicata come un modello per la gestione oculata dei migranti, che passa dai Cas – che tanti problemi hanno creato sul territorio, in fatto di ordine pubblico, di numero di persone, di ghetti, di svalutazione degli immobili – a vantaggio degli Sprar, piccole strutture gestite direttamente dal Comune”, spiega Maragno.

“Questa gestione ha fatto guadagnare alla nostra città una visibilità positiva in termini di miglioramento della vita dei cittadini tramite servizi come la spiaggia per i diversamente abili, i servizi cimiteriali e la gestione del verde pubblico per cui sono stati impiegati i migranti. Le nostre politiche passano attraverso la responsabilizzazione dei migranti, che devono dare il loro contributo alla città che li ospita”.

Il modello Montesilvano è finito, inoltre, al centro della tesi di una studentessa della Sorbona di Parigi e ha attirato l’attenzione di due docenti della Repubblica Ceca.

“Lavorare con costanza permette di risolvere i problemi dei cittadini e, su questo, stiamo avendo apprezzamenti da tutta Italia e anche dall’estero. Ma posso assicurare che non è stato assolutamente facile”, racconta a TPI il sindaco Maragno.

“Abbiamo iniziato con un intervento muscolare andando a sgomberare quello che era considerato dall’opinione pubblica uno dei ghetti più pericolosi in Italia”, spiega. “A ridosso dell’area turistica, per 20 anni nell’indifferenza delle passate amministrazioni, c’era una centrale dello spaccio e della contraffazione. Ci abitavano 300 persone, la maggior parte delle quali clandestine, concentrate in 48 appartamenti”.

“Il 31 maggio 2017, siamo riusciti a far sgomberare le palazzine. Montesilvano è una città turistica di 55mila abitanti con la più corposa ricettività alberghiera di tutto l’Abruzzo, non era possibile continuare a tollerare una situazione che aveva serissime conseguenze sulla sicurezza e sulla vita dei nostri concittadini”.

“Montesilvano ha utilizzato lo Sprar per ridurre la presenza dei migranti e per gestirli correttamente”, dice il sindaco. “Sono onorato che una studentessa della Sorbona abbia deciso di accendere i riflettori sulle iniziative portate avanti dal Comune di Montesilvano in materia di immigrazione. Tutte queste attenzioni ci ripagano dei grandi sforzi fatti per raggiungere i nostri obiettivi”.

Come funziona il modello Sprar? Quali sono i vantaggi?

Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati viene gestito direttamente dal Comune. Questo ci ha permesso di applicare la clausola di salvaguardia, che esclude differenti tipologie di accoglienza sul territorio.

Ciò vuol dire che dagli oltre 500 uomini adulti, che stavano per diventare 1.000, presenti nei Cas (gestiti direttamente dalla Prefettura), siamo riusciti a scendere a 101 persone, così ripartite: 72 uomini adulti, 13 donne e 16 minori.

Il progetto Sprar del Comune di Montesilvano era stato valutato dal Ministero dell’Interno, all’atto della sua presentazione, nell’annualità 2017, come il più corposo e articolato a livello nazionale, a dimostrazione che già sulla carta, tale progettualità si mostrava concreta e ricca di punti di forza.

I migranti sono accolti all’interno di 5 strutture, volutamente diffuse su tutto il territorio per evitare concentrazioni pericolose e ghettizzanti e per consentire l’integrazione, delle quali due sono adibite all’accoglienza di soli uomini, due per sole donne e una dedicata ai nuclei familiari.

Come avete superato i precedenti Cas?

I Cas rappresentano dei centri di prima accoglienza, gestiti da privati, dove venivano ammassati i migranti, di fatto senza essere impegnati in alcuna attività, diventando spesso manovalanza per attività delinquenziale.

La presenza nei Cas di uomini adulti, spesso dediti ad attività delinquenziali, causava conseguenze negative sulla sicurezza dei cittadini, sull’immagine e sullo sviluppo turistico della città, e quindi ripercussioni sulle attività imprenditoriali di albergatori, balneatori e commercianti e non solo, che avevano comportato anche la svalutazione degli immobili presenti nei quartieri nei quali erano attive tali strutture di accoglienza.

Abbiamo, quindi, cercato di sposare le esigenze del territorio con quelle dell’amministrazione, innanzitutto trattando e considerando i profughi come persone e non come numeri e poi coinvolgendoli in attività formative.

È evidente che i cittadini, che fino a ieri inevitabilmente avevano maturato una valutazione negativa dei migranti, oggi hanno di fronte esempi di persone che mettono la loro opera a servizio della comunità che li ospita.

Da dove provengono e che lavori stanno svolgendo le 101 persone accolte?

Vengono da vari Paesi dell’Africa. Oltre ad attività formative per apprendere la lingua italiana, li stiamo impegnando in azioni nell’ambito della cura del verde pubblico, delle aree cimiteriali, della pulizia delle aree cittadine, nonché dell’assistenza.

Nel corso della passata stagione estiva, inoltre, 7 migranti hanno fornito assistenza all’interno delle due spiagge accessibili, senza barriere, dedicate esclusivamente ai disabili, che rappresentano un fiore all’occhiello del nostro litorale. Lì gestivano la pulizia e la manutenzione delle spiagge, ma soprattutto consentivano ai disabili di fruire dei servizi messi loro a disposizione.

I migranti coinvolti si sono approcciati a queste attività pieni di entusiasmo, spirito collaborativo e desiderio di sentirsi parte integrante della collettività. Ma ciò che mi ha dato ancora più soddisfazione è stata la risposta degli utenti del servizio e dei loro familiari, che hanno manifestato veramente un grande apprezzamento. Credo che questo sia l’esempio più significativo di una iniziativa di inclusione a doppio senso.

Tutto ciò ci ha portato ad essere segnalati per l’Oscar dell’Ecoturismo, nell’edizione 2019, riconoscimento conferito dalla Fondazione Serono e da Legambiente per le politiche di sostegno all’inclusione sociale.

Un suo commento sulla vicenda di Riace.

Il modello Riace, lontano ideologicamente dalla nostra realtà, ha rappresentato una novità nel panorama nazionale. Noi, però, a differenza di Riace, abbiamo governato i flussi, abbiamo aperto gli Sprar per avere una ospitalità qualificata che ci consentisse di chiudere i Cas che rappresentavano devianza e problemi per il territorio.

Lo Sprar, con la gestione diretta da parte del Comune, ha portato vantaggio per la città che si traducono in buone opere, buone iniziative e soprattutto in quelle attività che consentono al migrante di sentirsi responsabilizzato quotidianamente per quello che fa.

Inoltre, nella località calabrese l’immigrazione è stata utilizzata per ripopolare il paese (di 2.300 abitanti) senza fare distinzioni tra soggetti che hanno titolo per rimanere sul territorio e soggetti che questo diritto non possono vantarlo.

Al momento per esprimere valutazioni compiute bisognerà attendere che il procedimento penale faccia il suo corso, per verificare se sono state commesse irregolarità e/o reati.

Sta di fatto che lo Sprar, a mio avviso – ma questa è anche la posizione portata avanti dall’Anci, Associazione nazionale comuni italiani -, rappresenta il modo migliore di gestire i flussi migratori, garantendo diritti, ma allo stesso momento controllando ogni passaggio che consenta di evitare concentrazioni pericolose che spesso possono diventare terreno fertile dove possa insinuarsi la criminalità.

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