“Altro che Napoli, siamo noi i primi nella gara del Mit”: parla il preside dell’Iti di Trapani
Il dirigente scolastico risponde ai tre studenti partenopei che avevano detto di non poter volare a Boston per la finale perché la loro scuola non avrebbe abbastanza soldi: "Si sono fatti pubblicità, ma la gara di solidarietà partita dal mondo della politica è ipocrita, la scuola italiana vive solo grazie ai fondi europei"
“Qualcuno si è preso tutto il merito, fingendo di dimenticare che in classifica ci sono decine di scuole italiane. E che noi eravamo i primi. Ma la verità viene sempre a galla con prepotenza”. Erasmo Miceli è il preside dell’Iti Leonardo Da Vinci di Trapani, l’istituto tecnico industriale che fino ad ora è stato in testa alla classifica della competizione ‘Zero Robotics’ organizzata dal Mit di Boston.
Lo contattiamo in un momento di confusione, ci legge la classifica reale cercandola tra mille incartamenti, affannato e orgoglioso nel tentativo di mettere in chiaro le cose.
La sua squadra si chiama ‘Space Hunters’, cacciatori dello spazio: sono i cinque studenti prodigio, di 17 e 18 anni, che hanno totalizzato il punteggio massimo nelle prime fasi della competizione organizzata dal Mit e dalla Nasa, superando le altre 148 squadre provenienti da tutto il mondo: Stati Uniti, Italia, Messico, Australia, Polonia, Russia.
Eppure, da giorni, sulla bocca di tutti c’è il nome di una squadra avversaria, sempre italiana, dell’Iti Righi di Napoli, che dopo aver denunciato di non avere i soldi per partecipare alla finale della gara, a Boston, ha ricevuto la solidarietà di mezza Italia, compresa quella di alcune delle più alte cariche dello Stato: dal vicepremier Luigi Di Maio al presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati.
Un po’ di rammarico da parte dei miei ragazzi c’è stato, non lo nascondo.
Quello che conta sono i fatti, non le chiacchiere. I primi siamo noi, contro squadre di tutto il mondo, e non vogliamo che nessuno metta il cappello sul nostro lavoro.
Il Righi di Napoli ha commesso un piccolo peccato veniale, non mortale. Hanno voluto fare da cassa di risonanza per la loro causa, anche se ancora non è certo che andremo in finale a Boston, né loro né noi. Ma questa mossa, sebbene abbia fatto loro pubblicità, ha fatto partire una gara di solidarietà che ho trovato un po’ ipocrita. La politica che si sbraccia per trovare i fondi per far partire gli studenti, e poi taglia i fondi alla scuola. Io non voglio la solidarietà di nessuno, soprattutto della politica, col rischio che poi qualcuno possa dire ‘la loro vittoria è merito mio’. Noi i soldi li troviamo da soli.
Guardi, questo è il quarto anno che partecipiamo alla gara. L’anno scorso siamo arrivati a Boston, ma non abbiamo vinto. Il viaggio per i miei studenti è costato più di 8mila euro, e secondo lei la scuola quei soldi li aveva? Non abbiamo soldi neanche per pagare la bolletta della luce nell’istituto, figuriamoci. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cercato degli sponsor: alla fine siamo partiti per gli Usa grazie ad una società trapanese che commercia abbigliamento online. Ci hanno pagato tutto. Quest’anno, per fortuna, alla spesa parteciperanno anche il Comune di Trapani e quello di Erice.
Semplice, saremmo rimasti a casa. Le pare una cosa normale? Cinque ragazzi di Trapani, piccoli geni di 17 e 18 anni, hanno creato un software che permette di guidare i satelliti a distanza, lo testeranno sulla Stazione Spaziale Internazionale, e da noi rischiavamo di non trovare 8mila euro per andare a Boston. La scuola italiana vive grazie ai fondi europei, questa è la verità. Senza non potremmo comprare neanche il più basilare materiale da laboratorio.
I fondi statali, semplicemente, non esistono. Sono tutti destinati esclusivamente al pagamento del personale. Corpo insegnanti, amministrativi eccetera. Lo stato non investe un euro sulla didattica da anni, qua va sempre peggio, e poi per qualche titolo sui giornali fanno la gara di solidarietà per mandare a Boston i ragazzi di Napoli.
Ma certo, non siamo ancora nella fase finale della gara. La gara vera e propria si svolge sulla Iss alla fine del mese di gennaio, in questi giorni i nostri ragazzi si stanno preparando per la Alliance competition, dove insieme a due squadre americane ‘alleate’ (una della California e una dell’Oregon) cercheranno di conquistare un posto tra le prime 14 alleanze che potranno testare il loro codice sui mini satelliti stazione spaziale.
Non è questo il punto. Magari i colleghi del Righi di Napoli hanno tentato di trovare una scorciatoia per evitare la seccatura di dover cercare sponsor, ma il problema è alla base. Nessuno investe più sulla formazione degli studenti.
Questo governo finora ha chiacchierato e basta. Il disastro della scuola ormai va avanti da anni e nessuno se ne occupa. Qualche anno fa hanno abolito le Province, nessuno ha pensato che molte scuole dipendevano da loro. Adesso non solo non ci arrivano più i trasferimenti provinciali, ma non sappiamo neanche chi chiamare quando si rompe il bagno o quando arrivano le bollette. Raschiamo il fondo del barile.
Abbiamo tirato avanti per anni grazie alla solidarietà delle famiglie, raccoglievamo circa 70 euro l’anno per nucleo familiare, che ci aiutavano tanto. Qualcuno del ministero ci ha tenuto a sottolineare che quei soldi non erano dovuti, che le famiglie pagano già le tasse per la scuola, e loro hanno smesso di pagare. Certo che pagano le tasse! Ma i soldi non arrivano alle scuole, arrivano allo Stato, funziona così. E alla fine chi resta senza un soldo sono le strutture che dovrebbero formare i loro figli.
Non sono d’accordo. La Sicilia è completamente abbandonata a se stessa. Tutti sappiamo che non c’è più un soldo in cassa, mentre nelle altre regioni c’è stato un rilancio negli ultimi 4-5 anni. Sono arrivati più soldi. Noi negli ultimi tre anni abbiamo avuto un taglio annuale del 20 per cento. Quanto crede che si possa andare avanti, se continuiamo così? Siamo i primi in una classifica di eccellenza mondiale, e non ci ha chiamato nessuno.
Quando mai? E poi mi lasci dire, avrebbe fatto sicuramente piacere, ma io preferisco una telefonata in meno, un tweet in meno e un po’ di soldi in più. Invece giocano col fuoco, abbandonando al proprio destino le nuove generazioni su cui non investe più nessuno. La politica, anche in questi ultimi mesi, non fa altro che confermare che del ruolo della scuola non frega più niente a nessuno.
Noi, se Dio vuole, a Boston andiamo con le nostre sole forze. Intelligenza e forza di volontà di studenti e insegnanti sono le sole cose che restano alla scuola italiana.