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Restiamo umani

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La testimonianza di una volontaria italiana che, per un anno, ha assistito i migranti della stazione centrale di Milano

I flussi migratori ci sono sempre stati. Mi viene in mente la frase “quando gli immigrati eravamo noi”. Io stessa sono pronipote di emigranti. Il mio bisnonno paterno andò prima in Brasile e poi negli Stati Uniti, dove nacque mia nonna. La famiglia di mia madre, invece, proviene da Siviglia, in Spagna.

I flussi migratori sono sempre stati determinati da ragioni economiche, dalla ricerca di libertà e dalla fuga da dittature, guerre e povertà estrema. Sono queste le ragioni alla base degli sbarchi di questi ultimi anni, di questi ultimi mesi, di questi ultimi giorni.

Un anno fa, mentre andavo a prendere il treno per Pavia, ho notato quanti profughi affollassero il Mezzanino della stazione centrale di Milano. Donne, bambini, uomini, stremati dal viaggio sui barconi della morte.

Per questo ho deciso di recarmi lì insieme a mia madre, dopo aver fatto una grande spesa e aver raccolto vestiti da donare.

La prima persona che ho conosciuto è stata Susy Iovieno, la responsabile del mio gruppo di volontari che ogni giorno presta accoglienza ai migranti. Insieme a lei c’era un folto gruppo di profughi provenienti dalla Siria.

Tra loro, una famiglia: madre, padre e Sarah, una bambina di tre anni. I loro sguardi e le loro parole sono la ragione per cui mi sono unita al gruppo di volontari. 

Dall’estate scorsa sono passati al Mezzanino 65mila profughi, provenienti in larga parte da Siria, territori Palestinesi, Eritrea, Somalia e Sudan. Il picco è stato di 1.500 siriani in un solo giorno, nel settembre del 2014.

Già prima di partire, queste persone sanno che una volta arrivate a Milano – snodo centrale nella rotta verso i Paesi del nord Europa – devono recarsi al Mezzanino.

Qui trovano supporto, cibo, acqua e persone che hanno voglia di sentire la loro storia. Come Milano, anche il Mezzanino è un luogo di transito: da qui i migranti vengono portati nei centri di accoglienza messi a disposizione dal Comune e gestiti da cooperative sociali.

Il Mezzanino da qualche giorno è stato chiuso e transennato, senza alcun preavviso per noi volontari. Pertanto, ci siamo dovuti spostare sotto il porticato della Galleria delle Carrozze. Tuttora ci troviamo lì, temporaneamente, in attesa di essere trasferiti in un altro spazio.

Il Comune ha deciso di aprire nuovi centri d’accoglienza perché, quando i posti letto si esaurivano, molti migranti passavano la notte in stazione centrale. A causa della situazione d’emergenza, abbiamo lanciato numerosi appelli e ogni giorno moltissimi milanesi ci portano cibo.

Il problema fondamentale che si sta vivendo in Europa e soprattutto in Italia è legato al trattato di Dublino, secondo cui i profughi sono tenuti a presentare domanda di asilo politico nel primo Paese europeo in cui mettono piede. Essendo affacciate sul Mediterraneo, l’Italia e la Grecia sono i Paesi dove si concentra la maggior parte degli arrivi.

Per implementare tale normativa, le autorità sono tenute a chiedere le impronte digitali e a identificare i migranti che entrano in Italia. Sono proprio queste impronte a tenere bloccate qui queste persone. Che però qui non vogliono stare, perché vogliono andare al nord.

Nessun profugo che ho conosciuto ha scelto deliberatamente di stare in Italia. Quelli che restano sono i cosiddetti DublinantiAlcuni sono partiti verso l’Olanda, la Svezia o la Germania, nonostante fossero già stati identificati in Italia. Spesso, dopo mesi di vita dignitosa in questi Paesi, sono stati costretti a tornare qui in Italia.

Mia cara Europa, che piangi i morti nel Mediterraneo, perché non favorisci la creazione di un corridoio umanitario? Perché non modifichi questo trattato? Restiamo umani.

Noi giovani abbiamo ricevuto il testimone dai nostri nonni che hanno vissuto la guerra. Abbiamo il compito di far sì che non si verifichino più situazioni simili nel mondo, che nessuno venga discriminato.

E per fare questo dobbiamo agire, nel nostro piccolo, e fare tutti insieme qualcosa di grande. Noi abbiamo il dovere di costruirci un mondo migliore.

Noi, che siamo spesso vittime di propaganda, dobbiamo informarci, dobbiamo leggere, dobbiamo ascoltare le storie dei migranti, dobbiamo capire perché queste persone decidono di affrontare il viaggio nel Mediterraneo con una possibilità di sopravvivere e una di morire.

Perché questo rischio è meno pericoloso delle bombe, che possono ucciderti in ogni momento.

* Carlotta Ludovica Passerini è una volontaria italiana di 22 anni. Negli ultimi dodici mesi, ha assistito da volontaria i migranti di transito alla stazione centrale di Milano.

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