Migrante ucciso in Calabria, la salma è partita per il Mali dopo la raccolta fondi
Il corpo di Soumayla Sacko, ucciso a San Calogero, raggiungerà il suo paese d’origine giovedì, accompagnato da una delegazione dell’Unione sindacale di base
Il corpo di Soumayla Sacko, migrante del Mali ucciso a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia, la sera di sabato 2 giugno 2018, è partito questa mattina per tornare nel suo paese d’origine dall’aeroporto di Lamezia Terme, facendo tappa a Roma.
Il trasferimento della salma è stato reso possibile dalla raccolta fondi lanciata dall’Unione sindacale di base (Usb), il sindacato di cui Sacko condivideva le lotte.
In circa una settimana sono stati raccolti quasi 40mila euro.
Una delegazione dell’Usb accompagnerà il cadavere (qui l’intervista al sindacalista dei braccianti Aboubakar Soumahoro).
L’ultimo viaggio del nostro compagno Soumaila Sacko è iniziato oggi a Lamezia Terme, dopo l’addio di una delegazione di braccianti, per raggiungere la famiglia in Mali. Una nostra delegazione sarà in Mali per assistere ai funerali. #SoumailaSacko pic.twitter.com/dcakZUrzT7
— Aboubakar Soumahoro (@aboubakar_soum) 25 giugno 2018
Per l’omicidio del giovane immigrato la procura di Vibo Valentia ha arrestato e messo sotto indagine un 43enne della zona, a cui i carabinieri sono risaliti attraverso la Fiat Panda segnalata sul luogo della sparatoria.
Gli inquirenti escludono il movente razziale.
Nella serata di sabato Soumayla, attivista del sindacato di base Usb, si era addentrato con altre due persone in una fabbrica abbandonata nella zona di San Calogero, probabilmente per cercare vecchie lamiere e altro materiale con cui poter costruire un riparo.
Mentre i tre erano nell’ex Fornace, qualcuno ha sparato contro di loro e il primo proiettile ha colpito Soumayla alla testa.
A quel punto gli spari si sono diretti contro gli altri due: Madiheri Drame, 30 anni, è stato colpito a una gamba, mentre Madoufoune Fofana, di 27 anni, è riuscito a ripararsi, rimanendo illeso.
È stato lui a dare l’allarme.
I tre uomini erano regolarmente residenti in Italia e vivevano nella tendopoli di San Ferdinando, il campo che pochi mesi prima era stato in parte distrutto dall’incendio che aveva causato la morte di Becky Moses.
Il campo doveva essere sgomberato già tempo fa e i braccianti, impiegati principalmente nelle piantagioni della Piana di Gioia Tauro, dovevano essere spostati in un nuovo accampamento.
La soluzione, che era stata definita temporanea, non è risultata sufficiente per ospitare tutti i braccianti, per cui in molti hanno trovato nuovamente un rifugio di fortuna nel campo di San Ferdinando.
Lunedì 4 giugno, dopo l’omicidio di Soumayla, l’Unione sindacale di base (Usb) ha indetto uno sciopero generale dei braccianti.
Durante la manifestazione, TPI ha contattato Drame, che ha raccontato come si sono svolti i fatti.
Alcuni dei dimostranti hanno duramente criticato il neo-ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per alcune sue dichiarazioni contro i migranti, in particolare quella secondo cui la vita dei richiedenti asilo accolti in Italia sarebbe “una pacchia”.
Ai manifestanti Salvini ha risposto su Twitter con l’hashtag #colpadisalvini.
#colpadiSalvini…https://t.co/7g1iex1dK4
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) June 5, 2018