Migrante morto in Calabria: “Io, sopravvissuto alla sparatoria in cui è stato ucciso Sacko Soumayla, vi racconto come è andata”
La testimonianza di Madiheri Drame, che era insieme a Sacko Soumayla quando un uomo ha aperto il fuoco contro di loro in Calabria
Migrante morto in Calabria, ucciso a colpi di arma da fuoco | La testimonianza
Madiheri Drame ha 30 anni e viene dal Mali. Vive nella baraccopoli di San Ferdinando e lavora come bracciante stagionale nelle campagne calabresi. Sabato 2 giugno è andato insieme a due compagni di lavoro all’ex Fornace, una fabbrica abbandonata nella zona di San Calogero, provincia di Vibo Valentia.
I tre ragazzi volevano raccogliere delle lamiere per costruirsi delle baracche. A San Ferdinando, infatti, i rifugi costruiti con il cartone hanno preso fuoco diverse volte nell’ultimo anno e durante uno di questi ha perso la vita Becky Moses, una migrante nigeriana di 26 anni che era lì per lavorare.
Mentre Drame e i suoi compagni si trovavano nella fabbrica abbandonata, un uomo ha aperto il fuoco contro di loro. Sacko Soumayla, 29 anni, anche lui originario del Mali, è stato colpito alla testa ed è morto.
Drame lo ha visto cadere davanti ai suoi occhi. Avrebbe potuto essere lui. Invece si è salvato, riportando solo una ferita di striscio alla gamba. Il terzo ragazzo, Madoufoune Fofana, 27 anni, è rimasto illeso.
Lunedì 4 giugno l’Unione sindacale di base (Usb) ha indetto uno sciopero generale dei braccianti in seguito all’assassinio di Sacko. Durante la manifestazione, TPI ha contattato Drame, che ha raccontato come si sono svolti i fatti.
Drame racconta di aver conosciuto Sacko Soumayla nel 2016, nella tendopoli di Rosarno. Hanno iniziato a lavorare insieme e anche quando non lavoravano erano sempre insieme, dice a TPI.
Come ha confermato a TPI Guido Lutrario, dell’esecutivo nazionale dell’Unione sindacale di base (Usb), Sacko era un attivista da anni impegnato nelle lotte per i diritti dei lavoratori.
Quando gli chiediamo che tipo di persona era Sacko, Drame racconta che era “una persona bravissima, sempre in prima fila”, e che non aveva nessun problema con lui.
“Sabato scorso non siamo andati a lavorare”, racconta Drame ricostruendo i fatti, “Ho chiesto a un mio amico dove gli altre stessero prendendo le lamiere con cui costruivano le loro baracche”.
Quando l’amico gli parla dell’ex Fornace, Drame si accerta se prendere quelle lamiere sia un problema. L’altro lo rassicura: in effetti la fabbrica è dismessa abbandonata da anni.
“Siamo andati in tre, io Sacko e Fofana”, racconta Drame. “Era la prima volta che andavamo a prendere le lamiere, ma anche che andavamo nell’ex fabbrica”.
“Quando siamo arrivati lì abbiamo iniziato a lavorare”, prosegue il ragazzo, “io e Sacko siamo saliti sul tetto. Io toglievo i bulloni, Sacko portava giù le lamiere e Fofana le metteva da parte”.
“Dopo che lavoravamo da un’ora e mezza abbiamo sentito dei colpi”, racconta Drame. “Siamo stati colpiti ai piedi ma non ci siamo niente. Sacko mi ha chiesto cosa fosse e io ho detto ‘niente di buono per noi, andiamo via da qua’”.
Dopo essere scesi dal tetto i due ragazzi si sono riparati dietro un muretto.
“Mi sono fermato dietro il muro e stavo guardando”, dice Drame. “Ho visto quello che stava sparando e anche Sacko si è sporto. A quel punto è stato colpito alla testa”.
Drame ha raccontato che a sparare è stato un uomo bianco con la maglietta nera.
Per il sindacato Usb si tratta di “un atto molto pesante” contro braccianti che già vivono una condizione durissima. Guido Lutrario ha dichiarato a TPI che il gesto è probabilmente “frutto di un clima politico che si è creato nel paese”.
“Credo che il governo debba sbrigarsi a fugare questa preoccupazione e a dare un segnale”, dice.“Su questo chiamiamo il nuovo governo, e in particolare i ministri direttamente impegnati, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, a prendere una posizione chiara e dare un segnale di inversione di tendenza”.
Nel 2010 la tendopoli di San Ferdinando, frazione di Rosarno, i migranti hanno messo in atto una rivolta contro le condizioni di vita e di lavoro molto dure cui erano sottoposti, dopo che alcuni ragazzi del paese avevano sparato con un fucile ad aria compressa contro tre immigrati di ritorno dai campi.