Vi racconto come sono stata molestata tornando a casa
Martina Pagani, una studentessa di Torino, ha denunciato in un post su Facebook la frustrazione e il disgusto nel sentire i commenti ricevuti da alcuni uomini per strada
Perché una donna che torna a casa da sola deve avere paura? Perché una ragazza che percorre le strade di un centro abitato in pieno pomeriggio deve essere subissata di frasi dal contenuto offensivo, di fischi, commenti, apprezzamenti?
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E, soprattutto, perché denunciare un fatto del genere dovrebbe poi esporre questa persona a ulteriori accuse e commenti spiacevoli sul fatto che il genere femminile ama lamentarsi, che il “sesso debole” fa di ogni episodio un caso?
È per questo motivo che Martina Pagani, una studentessa di giornalismo che lavora a Torino, ha deciso di sfogare in un post pubblico su Facebook la frustrazione e il disgusto che ha provato tornando a casa il pomeriggio di martedì 9 maggio.
“Volevo che tutti sapessero quale senso di sopraffazione ho provato ieri”, ha spiegato Martina a TPI. “Non è una cosa di cui mi vergogno. Solitamente affronto diversamente questo tipo di commenti, ma sono stanca di sentire che le ragazze ingigantiscono le cose. E ieri, in un lasso di tempo di poco più di un quarto d’ora, ho dovuto affrontare una vera e propria passerella tra persone ubriache e moleste che non hanno esitato a esprimere qualunque tipo di pensiero”.
Da Porta Palazzo, proseguendo lungo Corso Regina Margherita e continuando fino a Rondò della Forca, Martina ha percorso circa un chilometro a piedi.
“Italiani e non italiani, giovani e anziani, addirittura un padre di famiglia con figlioletta nel passeggino. Uomini seduti fuori dai negozi, uomini in bici e uomini in macchina che hanno rallentato solo per farmi sapere che ho delle tette giganti e chiedermi se potevano farci un giro sopra”, scrive Martina nel post.
A un certo punto del suo cammino Martina è stata anche importunata da un uomo che ha cominciato a seguirla con insistenza e non ha desistito nemmeno quando la ragazza gli ha intimato di smettere.
“È andato via solo quando si è accorto che avevo preso il cellulare e ho composto il 112”, spiega Martina.
Martina era esausta e ha sfogato quella rabbia nel post che riportiamo di seguito:
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