Le mafie sono sempre più diffuse, ma in campagna elettorale non se ne parla
Il 21 febbraio 2018 la Commissione parlamentare antimafia ha presentato la sua relazione finale, ma i segretari di partito non erano presenti
Mercoledì 21 febbraio 2018 l’onorevole Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha presentato la Relazione conclusiva della diciassettesima legislatura presso la sala Koch di palazzo Madama.
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Il testo, approvato il 7 febbraio 2018 con il voto unanime di tutti i gruppi parlamentari, riguarda soprattutto il rapporto tra mafia, politica e massoneria, le falle interne del movimento antimafia, l’impatto delle mafie sull’economia e le condizioni di vita dei giornalisti minacciati.
La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere è un organo bicamerale istituito nel 1962 e composto da 25 deputati e 25 senatori, che ogni anno verifica l’attuazione delle normative antimafia, l’adeguatezza ed efficacia delle stesse in relazione al contesto sociale, e in generale il livello di incidenza della presenza mafiosa sul territorio.
Dopo le polemiche scatenatesi a fine 2016 in seguito alla pubblicazione da parte della Commissione dell’elenco di candidati “impresentabili”, quest’anno a mettere in allarme è soprattutto il dato sul “carcere duro”, la speciale misura penitenziaria inflitta ai condannati per mafia per ostacolare le comunicazioni con l’esterno e tra detenuti.
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Su 730 reclusi secondo in regime di 41 bis, scrive la Commissione, “circa 640 sono ospitati in strutture penitenziarie che non rispondono ai requisiti di legge”. In Italia soltanto un penitenziario, quello di Sassari, sarebbe “idoneo ad ostacolare le comunicazioni interne tra detenuti”.
Il rapporto, ha spiegato Rosy Bindi, arriva al termine di cinque anni particolarmente significativi, tanto per gli importanti anniversari celebrati, come i 30 anni del maxi-processo, che per i numerosi risultati raggiunti tanto in ambito normativi (come la legge sui testimoni di giustizia e la riforma del codice antimafia) che in quello giudiziario (come le inchieste “Infinito”, “Aemilia” e “Mafia Capitale”).
Durante la presentazione, trasmessa in diretta sulla web tv del Senato, sono intervenuti il presidente del Senato Pietro Grasso, il ministro dell’Interno Marco Minniti, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho e il presidente di Libera don Luigi Ciotti, che hanno ringraziato la presidente Bindi per il suo lavoro.
Grandi assenti alla presentazione sono stati invece i segretari di partito, “assenza che non può non preoccuparci”, specifica l’onorevole Bindi. “Vorremmo che questo tema irrompesse di più nella campagna elettorale”.
All’appello si è aggiunto anche il ministro Minniti, che ha ribadito: “C’è il rischio, purtroppo concreto, che le mafie possano condizionare il voto libero degli elettori. È una minaccia alla cosa più importante che c’è in una democrazia, e cioè la libertà di voto. Per questo su questi temi non ci può essere silenzio in campagna elettorale”.
Mafie e politica
Il tema dei rapporti tra criminalità organizzata e politica è stato analizzando a fondo dalla Commissione, che propone di modificare la legge Severino sull’incandidabilità dei condannati e le altre leggi che regolamentano le candidature.
Tema che, come si legge sul rapporto, “non si esaurisce certamente con l’esibizione di certificati penali privi di evidenze giudiziarie”.
Secondo il ministro della Giustizia Andrea Orlando le mafie non cercano più solo un contatto con la politica che esiste, ma tendono addirittura a proporsi esse stesse come classe rappresentate, proponendo direttamente candidati, specialmente a livello locale.
“Ci siamo concentrati sulla politica locale perché oggi è l’interlocutore principale delle mafie” ha spiegato durante la presentazione Rosy Bindi, che invita i cittadini ad andare a votare per togliere potere alle mafie.
“Ci sono comportamenti politici che aprono le porte alle mafie: clientelismo, trasformismo, familismo. Quando un politico si sposta da un partito a un altro, si spostano pacchetti di voti, e lì entra la mafia. L’astensionismo è il primo regalo alle mafie”.
Diffusione delle mafie
Il rapporto evidenzia inoltre i mutamenti del metodo mafioso, mostrando organizzazioni criminali che continuano ad usare la violenza ma si muovono sopratutto grazie alla corruzione, trovando interlocutori in tutte le classi dirigenti e in tutte le regioni d’Italia.
“Non possiamo più permetterci di dire che la mafie non ci sono al nord, né che sono un fenomeno che può solo finire ma non può incominciare di nuovo. Le mafie hanno varcato i confini geografici ma anche quelli storici”, ha sottolineato la presidente.
Il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho ha parlato di un’economia “fortemente infiltrata dalle ricchezze delle mafie, in cui scorrono fiumi di denaro che provengono al traffico illegale di stupefacenti”, circostanza altamente dannosa per le opportunità del nostro paese.
Secondo quanto dichiarato dal presidente della Banca d’Italia alla Commissione, infatti, “la corruzione e le mafie sono la causa principale della cattiva crescita del nostro paese ed è ciò che tiene lontani gli investitori esteri”.
Il fenomeno mafioso resta quindi un problema primario per il nostro paese, conservando intatta la sua pericolosità. La morte di Totò Riina, storico capo di Cosa Nostra, non ha infatti indebolito la mafia secondo la Commissione, che anzi sarebbe ora libera di ridarsi un organismo decisionale centrale.
La diffusione delle mafie sarebbe stata agevolata anche dai rapporti tra mafia e massoneria, portati alla luce da un’inchiesta della Commissione, che mostrano come “la massoneria, nella sua segretezza, possa diventare il luogo di incontro tra gli esponenti della mafia e le classi dirigenti del paese”.
La relazione propone quindi una revisione della legge Spadolini sullo scioglimento delle società segrete che perseguono fini contro l’ordinamento, per renderla applicabile in un spettro più ampio di fattispecie.
Antimafia
Una seconda inchiesta compiuta dalla Commissione è quella riguardante le realtà del movimento antimafia, colpite negli scorsi anni da numerosi scandali.
L’indagine “è il nostro contributo per rilegittimare il movimento civile dell’antimafia, senza il quale non avremmo raggiunto i risultati che abbiamo raggiunto”, spiega Rosy Bindi, che aggiunge: “Forse è un problema culturale: il movimento antimafia è nato per combattere la mafia stragista, che è stata sconfitta, e ora dobbiamo sconfiggere la mafia di oggi, che fa più leva sulla corruzione”.
Servirebbe quindi una “laicizzazione” del movimento, per far sì che coinvolga ogni cittadino: “La specializzazione delle istituzioni e dei movimenti antimafia deve diventare patrimonio di tutti”, conclude la presidente.
Anche Luigi Ciotti, presidente dell’associazione antimafia Libera, ha ribadito il concetto, chiedendo alle istituzioni di ricordare “che la questione mafiosa chiama in causa anche, anzi prima di tutto , un forte impegno sociale, culturale, educativo. Il contrasto alle organizzazioni criminali deve partire dal ripristino dei diritti sociali fondamentali”.
L’intero lavoro della Commissione è stato dedicato alle vittime delle mafie e ai loro familiari, che nel 70 percento dei casi non conoscono ancora tutta la verità sulle stragi.
“Fin quando non avremo fatto verità non avremo vinto”, ha concluso l’onorevole Bindi.