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Il M5s utilizza Macron come capro espiatorio per nascondere i fallimenti del governo

Immagine di copertina
Luigi Di Maio e Emmanuel Macron

Il commento di Lorenzo Tosa

Quando non hai più amici, quello di cui hai bisogno è un nemico. Se poi, oltre agli amici, cominciano a sparire anche i voti (Cagliari è più di un campanello d’allarme), allora ti conviene che il nemico sia anche molto convincente.

E non c’è oggi in Europa un bersaglio più chiaro, comodo e riconoscibile di Emmanuel Macron da Amiens. È a questo che devono aver pensato il 7 gennaio scorso Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio, riuniti nella casa romana di Pietro Dettori – come riporta Repubblica – per preparare a tavolino la strategia in vista delle prossime elezioni europee.

Da allora, non è passato giorno senza che un esponente dei 5 Stelle non abbia attaccato, in modo più o meno veemente, più o meno diretto, la Francia e il suo presidente. Tutto è cominciato, guarda un po’, all’indomani di quel vertice romano, l’8 gennaio, con l’endorsement del vicepremier Di Maio ai gilet gialli.

Poi è arrivato il viaggio “on the road” con l’amico Di Battista e la richiesta di chiudere la sede del Parlamento europeo a Strasburgo.

Infine – e siamo ai giorni nostri – la bufala sul franco coloniale che terrebbe in “manette” e impoverirebbe mezza Africa per pagare il debito sovrano francese e la minaccia di “spedire” i migranti a Marsiglia.

In mezzo, una serie incalcolabile di frecciate, accuse, attacchi, riferimenti più o meno velati, il cui scopo è sempre stato uno e uno soltanto: accreditarsi in Italia come vero e più credibile nemico di quell’Europa dell’élite e delle banche, di cui – dopo la Brexit e il lungo tramonto di Frau Merkel – Macron è diventato il naturale emblema e punto di riferimento.

In questa partita tutta interna al sovranismo, Macron, a guardar bene, non è il vero nemico, piuttosto il capro espiatorio perfetto da esporre al ludibrio della base per nascondere sotto il tappeto i fallimenti di sette mesi di governo e rifarsi una verginità politica in vista delle Europee.

Non è un caso che, pochi minuti dopo la performance televisiva di Di Battista da Fazio in cui il “Che della Tiburtina” strappava simbolicamente un franco CFA, quella stessa banconota ricompariva tra le mani di Giorgia Meloni, e tra le labbra le stesse (o quasi) identiche accuse.

E non stupirà, dunque, che proprio in queste ore un Salvini insolitamente colto in contropiede si affanni a indicare la Francia – e chi sennò – tra i principali responsabili dello sfruttamento dell’Africa, della partenza e della morte dei migranti in mare.

La notizia non trascurabile è che, dopo mesi passati all’angolo, per la prima volta Di Maio riesce a imporre un tema nell’agenda politica, costringendo una volta tanto Salvini ad inseguire. Per questo, una volta centrato il punto, questa volta i 5 Stelle non molleranno la presa tanto facilmente.

E pazienza se ogni dato o statistica smentisca il neo-colonialismo e la frusta monetaria francese. Poco importa se non ci sia traccia di una sola ex colonia francese tra i primi 10 paesi di provenienza dei migranti nel nostro Paese (dei 23mila migranti sbarcati nelle nostre coste nel 2018, appena 2.000 venivano da lì).

Quello che conta è creare un nemico da spendere di qui ai prossimi quattro mesi. Lega e 5 Stelle ci hanno vinto le elezioni nazionali costruendo il nemico perfetto: perché non riproporre lo stesso schema vincente anche su scala europea?

Macron non è altro se non quello che è stato per oltre un lustro il Partito Democratico in Italia.

Lo spauracchio perfetto da agitare al momento giusto, nei giorni in cui Bankitalia prima e il Fondo Monetario Internazionale poi hanno rivisto le stime sulla crescita di quattro decimali per il 2019 (dall’1 per cento allo 0,6 per cento) e annunciato senza mezzi termini che stiamo per entrare in recessione tecnica, nelle ore in cui si scopre che meno sbarchi non significa meno partenze ma più morti (quasi 200 i morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno).

Mentre in Italia si sta preparando la tempesta perfetta, Di Maio & Co fanno appello al luogo comune italico per eccellenza e buono per ogni stagione, l’odio per i cugini d’oltralpe, da dare in pasto a milioni di italiani che cominciano a rendersi conto che, con le ricette sovraniste, l’unica cosa a crescere sono i voti.

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