“Io e Lorenzo abbiamo combattuto insieme in Siria. Vi racconto chi era”
TPI ha intervistato un ragazzo che, come Lorenzo, è partito per la Siria per sostenere la rivoluzione del Rojava e combattere l'Isis
Sono trascorsi quasi 10 giorni da quando Lorenzo Orsetti ha perso la vita in un’imboscata dell’Isis a Baghouz, nel sud est della Siria.
Il volto, la voce e le ultime parole del ragazzo fiorentino hanno riempito giornali, telegiornali, programmi di approfondimento, inondato i social e portato amici, compagni e persone che non lo conoscevano a scendere in strada per commemorarlo.
Lorenzo con la sua morte è diventato un’idea, un’icona o un martire a seconda dei punti di vista, ma “Orso” era prima di tutto una persona, con le sue luci e le sue ombre, con i suoi dubbi e le sue certezze.
Cercare di capire chi era non è un’impresa facile e ogni voce sul suo conto sarebbe indubbiamente parziale, ma vale la pena provarci.
A raccontare a TPI chi era Tekosher è un altro ex combattente italiano che con Lorenzo ha condiviso l’esperienza della guerra in Siria.
Quando vi siete conosciuti?
Ho incontrato per la prima volta Lorenzo in Iraq: entrambi eravamo in attesa di passare in Siria in maniera illegale, attraversando il confine a piedi. Abbiamo trascorso molto tempo insieme e siamo diventati amici. Lo conoscevo davvero bene.
Lui com’era?
Era una persona estremamente buona. Aveva i suoi problemi, in Italia faceva una vita che non gli piaceva, ma una volta in Rojava era rinato. Lorenzo era davvero un compagno, un amico, un heval come si dice in Siria. Gli veniva naturale vivere in comune, era la sua natura. Non scendeva a compromessi, era una persona sincera, limpida.
Lorenzo era un lavoratore, aveva cominciato a mantenersi da solo molto presto: come ha raccontato anche il padre, lui a 17 anni già lavorava nel settore della ristorazione, era stato cameriere, cuoco e sommelier. Se avesse voluto fare carriera nella grande ristorazione di Firenze lo avrebbe fatto, ma non era per lui. Lorenzo voleva incidere sul mondo, sulla società umana nella maniera giusta, voleva vivere senza pretendere di essere ciò che non era.
In Rojava era uno dei più amati. Anche là capitava che ci fossero dei contrasti tra noi compagni, ma ti sosteneva sempre quando ne avevi bisogno.
Pessima, non gli piaceva la mediocrità, il razzismo che si vive in Italia, la falsità e ancora meno questa competitività eccessiva che caratterizza la nostra società, che ti costringe a passare sopra agli altri per andare avanti.
Lorenzo amava l’Italia, ma la voleva diversa. Era un anarchico, uno del popolo, una persona semplice.
In Siria come si trovava?
Aveva trovato un sogno. In Siria vedi solo guerra e casermoni militari, fai parte di una rivoluzione che avrà effetti sulle generazioni a venire e che non porterà cambiamenti immediati. Il mondo non si cambia da un giorno all’altro.
Cosa penserebbe della fine dell’Isis?
Caduta Baghouz, starebbe pensando già alla prossima battaglia. Personalmente spero che la guerra sia finita, ma resta la minaccia del Free syrian army e della Turchia e Lorenzo questo lo sapeva.
Intanto a Torino 5 ragazzi rischiano la sorveglianza speciale per essere stati in Siria. Nell’ultima udienza la pm ha anche citato Lorenzo. Cosa ne pensi?
La pm ha detto che non avrebbe chiesto la sorveglianza speciale per Lorenzo, ma le ricordo che non sarebbe stata sua competenza perché lui era di Firenze. Quella che stanno vivendo i compagni di Torino è una persecuzione politica perché sono del Movimento No Tav.
Sì, anche lui ha cercato di cavalcare la morte di Lorenzo, ma sono proprio quelli che chiama tutti i giorni “zecche dei centri sociali” le persone che sono andate a fare la guerra in Siria. Forse è questo che gli dà fastidio.
Tra l’altro Salvini anni fa aveva detto che sarebbe stato pronto a partire per la Siria per combattere, ma proprio non ce lo vedo.