“Sei donna e vuoi lavorare? Prima devi mostrare il test di gravidanza”: l’assurda storia di Monica
Monica, giovane madre del triveneto, racconta delle tante difficoltà incontrate dopo il parto nell'ambiente lavorativo, fino all'incredibile richiesta di un datore di lavoro
La storia di Monica (nome di fantasia ndr), giovane madre del triveneto, è una storia come tante, di quelle che ancora una volta raccontano l’Italia che nega il lavoro alle donne, colpevoli, per loro stessa natura, di poter restare incinta, o di volere una famiglia. Concetti che ancora oggi mal si conciliano con le esigenze delle piccole e grandi realtà lavorative italiane.
“Lavoravo in un negozio del centro della mia città, era un lavoro a tempo indeterminato, poi sono rimasta incinta e sono andata in maternità. Al ritorno ero entusiasta, non vedevo l’ora di rimettermi a lavoro. Invece la mia vita è diventata improvvisamente un inferno: era chiaro che non avevano più bisogno di me e che in qualche modo dovevo scontare tutto il tempo in cui mi ero assentata, come se la maternità fosse una concessione, non una normale necessità di una donna”.
Così la vita lavorativa di Monica peggiora notevolmente: “non avevo più riposi né giorni liberi, le turnazioni erano infernali perché “io avevo già fatto molti giorni a casa”. “Ho saltato tre turni di ferie e l’allattamento era davvero complicato. Giorno per giorno mi dicevano all’ultimo momento se entrare un’ora prima o un’ora dopo”, racconta.
“L’allattamento era a discrezione della mia azienda e non in base alla necessità del mio bambino, le mie 2 ore giornaliere erano organizzate da messaggi alle 7 del mattino con scritto ‘oggi arriva un’ora dopo’ oppure un messaggio alle 14 con scritto ‘vieni alle 15.30 anziché alle 15′”.
Monica resiste quasi tre mesi, poi decide di dare le dimissioni perché non riesce a continuare in queste condizioni.
La legge italiana tutela i diritti della lavoratrice donna e la sua fondamentale funzione nella vita familiare. La legge prevede infatti il congedo di maternità, di cinque mesi, che va normalmente da due mesi prima del parto e si protrae fino a tre mesi dopo del parto. Si tratta di una astensione dal lavoro obbligatoria con tanto di divieto per il datore di lavoro di adibire la donna alle sue mansioni previste nel contratto di lavoro.
A provvedere alla retribuzione della donna è l’Inps con l’indennità di maternità, sempre per i 5 mesi. Nonostante questo, non di rado la gravidanza di una lavoratrice rappresenta un “problema” nei rapporti di lavoro, nel senso che c’è il forte rischio che il datore di lavoro abbia interesse a licenziare la donna o la induca alle dimissioni, non proprio volontarie, in vista dell’assenza tutelata della lavoratrice dal luogo di lavoro.
Nonostante per arginare questo fenomeno sia intervenuta la legge, con l’espresso divieto di licenziamento, nella vita reale la domanda di lavoro è tale da far sì che non esistano regole e che situazioni come quelle di Monica continuino ad esistere.
Così l’assurda vicenda va avanti.
Monica riprende con lavori saltuari all’interno di un centro commerciale: sono contratti di breve durata, rinnovati di 3 mesi in 3 mesi, “nulla di stabile” ci spiega. Si lavora tutti i weekend e si resta chiusi in quello che definisce il “mostro di cemento” fino a quando, a maggio, arriva un’insperata svolta: lo store manager di un negozio che Monica conosce bene le offre una possibilità.
“Dopo pochi mesi mi accorgo che l’ambiente però non è sano, pretendono ore di straordinario gratis, orari assurdi”, ma Monica non vuole certo lasciare.
Ad agosto si sposa e il giorno dopo è a lavoro, senza pausa. “Le ferie matrimoniali, una settimana, non lo sono in realtà, mi vengono scalate come normali ferie”, racconta Monica.
I rinnovi proseguono, anche qui, di tre mesi in tre mesi e arrivati a Novembre, Monica si trova a fronteggiare una situazione familiare molto pesante: il padre viene ricoverato e deve subire un’operazione importante.
È la vita che come sempre non aspetta niente e nessuno e fa il suo ingresso con il suo carico di pesi e difficoltà, spesso nei momenti più complessi e inopportuni.
Monica fa la spola tra il lavoro e l’ospedale, mangia male, ingrassa, è stanca. I datori di lavoro cominciano a tenerla sott’occhio, le chiedono spesso come si sente, come mai va tante volte in bagno e cominciano a monitorarla, proprio nel periodo in cui si avvicina la data del nuovo possibile rinnovo contrattuale.
“Nel negozio arrivano due nuove persone e nel frattempo le domande si moltiplicano: i capi mi chiedono come mai vado tante volte al bagno, anche se nel negozio siamo spesso in pochi. Io continuo a lavorare ma poi arriva la notizia che nessuno vorrebbe ricevere: il rinnovo per me non c’è”, spiega Monica.
Cosa è successo?
I datori di lavoro sono evidentemente preoccupati che lei possa essere incinta e che quindi, una volta fatto il rinnovo, lei possa andare in maternità. Così preferiscono rimpiazzarla.
Per Monica, già beffata dalla situazione, c’è l’ulteriore danno: come “contentino”, le offrono di lavorare durante il periodo natalizio, a patto che lei faccia un test di gravidanza per dimostrare che non è incinta e così da poter lavorare un altro mese.
“Ti lascio immaginare com’è finita…”, conclude Monica che oggi è a casa con la figlia e il marito.