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Home » News

Il sindaco di Lampedusa a TPI: “Gli sbarchi qua continuano, ma il Governo ha cancellato la nostra isola dalla politica”

Immagine di copertina
Salvatore Martello, sindaco di Lampedusa

Abbiamo incontrato Salvatore Martello per capire come vanno le cose da quando il ministro Salvini ha deciso di "chiudere i porti". Ma il primo cittadino ci ha spiegato che gli arrivi di migranti non si sono mai fermati

“Gli sbarchi non sono mai finiti. I porti non sono chiusi. Da noi i migranti arrivano con piccole imbarcazioni direttamente dentro il porto, senza che nessuno li raccolga o li prenda”.

Il sindaco di Lampedusa, Salvatore Martello, ha la voce ferma e l’espressione rassegnata mentre spiega come sono cambiate le cose sull’isola di Lampedusa negli ultimi mesi. TPI lo ha incontrato a pochi giorni dall’anniversario della strage di Lampedusa del 2013 durante la quale morirono 386 migranti a pochi metri dalle coste italiane.

Sindaco Martello, cosa sta succedendo sull’isola?

Succede che, contrariamente alle notizie che vengono diffuse in Italia, secondo cui si sono fermati gli sbarchi e non arriva più nessuno, alla fine succede l’opposto: gli sbarchi non sono mai finiti.

L’unica cosa certa è che sono diminuite le persone che arrivano di volta in volta con imbarcazioni più piccole. Ma gli arrivi sono in aumento e non si sono mai fermati. 

E i porti chiusi?

I porti non sono chiusi. Tutte le persone arrivano e sbarcano direttamente nel porto, senza che nessuno li raccolga o li prenda.

Mentre prima le imbarcazione portavano 100 o 200 persone, ora arrivano massimo 15 persone, ma il numero degli sbarchi rispetto all’anno scorso è aumentato.

Da quando?

Dal mese di maggio c’è una media di cinque sbarchi al giorno, ci sono state nottate con 11 o anche 14 sbarchi. Facendo un calcolo sommario, direi che negli ultimi cinque mesi sono arrivate più di 3mila persone.

Cosa succede quando arrivano i migranti?

Tutto questo movimento va a finire all’interno dell’hotspot.

L’hotspot da una parte è chiuso, dall’altro lato è rimasta aperta una piccola parte che può contenere 95 persone.

Quasi sempre il numero degli arrivati supera questa capienza e alcune persone sono costrette a dormire fuori. I locali della struttura devono essere rifatti. Non è cambiato nulla rispetto a prima.

Com’è la situazione sull’isola?

Chi arriva, entro 48 ore, viene trasferito. Ma non sempre i trasferimenti si attuano con questa frequenza ed è per questo motivo che spesso si supera la capienza delle 95 persone nell’hotspot.

Mentre in estate la mole di turisti presenti fa sì che 100 o 200 migranti si confondano tra le altre persone, ora che il turismo sta cominciando a scemare, i migranti si cominciano a notare. Non vorremmo ritornare al mese di settembre del 2017.

Cosa accadde a settembre 2017

Sull’isola erano presenti tra i 200 e i 300 tunisini che hanno cominciato ad adottare comportamenti fuorilegge. Non sembrava gente che scappava per bisogno.

Abbiamo avuto un problema di ordine pubblico con oltre 30 scassi in un mese. Siamo poi venuti a sapere che molti degli sbarcati erano ex carcerati a cui era stata concessa l’amnistia in Tunisia.

Non vorremmo che nel prossimo inverno si riproponesse lo stesso problema.

E i lampedusani?

Dal punto di vista dei lampedusani e dell’accoglienza non è cambiato niente. Quello che è cambiato è l’atteggiamento da parte della politica e del Governo: si cerca di cancellare l’isola per creare contrasto con ciò che si va dicendo in giro sul tema degli sbarchi e dei respingimenti.

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sostiene di essere riuscito ad abbattere il numero gli sbarchi.

A me interessa raccontare le cose come stanno. Mi interessano le cose che vengono scritte, non quelle che vengono dette.

Quando ho scritto al ministro Salvini ho chiesto quale debba essere il destino del centro di accoglienza di Lampedusa, quali sono le intenzioni del Governo.

Non ho ricevuto nessuna comunicazione o notizia da parte del Governo. Non sono stato neanche chiamato a Roma, e nemmeno Salvini è venuto a Lampedusa.

Come è andata la commemorazione del 3 ottobre, a cinque anni dalla strage in mare?

Per il giorno della Memoria abbiamo assistito all’assenza totale della politica e del Governo.

Il 3 ottobre non è una giornata che ha voluto la popolazione di Lampedusa o i cittadini singoli: è stato un giorno voluto dal Parlamento italiano, è un ricordo che dovrebbe coinvolgere sia il Parlamento che il Governo.

Registriamo il silenzio della politica, il tentativo di cancellarci dal punto di vista geopolitico.

Che vuol dire di preciso di “cancellare”?

Siamo scomodi e parlare di Lampedusa non conviene a nessuno.

Negli anni passati l’isola era il prototipo dell’accoglienza, veniva utilizzata per qualsiasi manifestazione in Europa e in Italia, era la porta d’Europa.

All’improvviso Lampedusa diventa nulla, nel senso che viene annullata sotto molti punti di vista, secondo me per un semplice motivo.

Quale?

Se io dico che gli sbarchi sono finiti in Italia e poi devo parlare di Lampedusa, dove gli sbarchi continuano, è meglio non farlo.

L’Italia dovrebbe partire dalle Alpi e arrivare a Lampedusa, qualcuno forse non sa che l’Italia si chiude, o si apre, a Lampedusa.

Salvini ora è preoccupato dei rimpatri dalla Germania. Lei cosa ne pensa?

La questione è complessa. Dovevamo sbarazzarci di tutti e all’improvviso anche gli altri ci “restituiscono i migranti”.

Se non si crea un tavolo dove si siedono tutte le parti in causa, europee e africane, non si arriverà a una soluzione. Questa notizia dei rimpatri devia dal problema vero e quindi la gente non si rende conto che fino ad oggi non è stato fatto nulla.

Salvini ha annunciato che è pronto a chiudere anche gli aeroporti. Ma i porti li ha davvero chiusi?

L’unico porto chiuso era nei confronti della nave Diciotti, una nave italiana che non riusciva a entrare in un porto italiano. L’unico porto chiuso che ho visto è stato quello di Catania. Anche in quell’occasione, negli stessi giorni, sono sbarcati dei migranti a Lampedusa.

Il problema è che tutti si sono concentrati sul problema dei migranti, quando il problema vero era che a una nave pagata con i soldi degli italiani, al servizio dell’Italia, veniva negato il diritto di entrare in un porto italiano. Non era una nave mercantile, era una nave militare italiana bloccata per colpa di un ministro.

È un problema di regole. Le regole appartengono alla democrazia, alla nostra Costituzione.

La Diciotti ha creato un precedente per chi opera nel soccorso, quanto è cambiato il rapporto tra voi e la capitaneria di porto?

È cambiato tanto. Parliamo di regole: se io sono imbarcato su una nave militare ricevo degli ordini che arrivano da chi appartiene allo Stato. Uno deve stare attento anche a dare gli ordini.

È una vicenda, quella della Diciotti, che ci auguriamo non si ripeta, ma sono cose che feriscono la democrazia.

Lei ha verificato qual è lo spirito di chi lavora nei soccorsi in mare?

Chiunque lavori nello Stato sta attento alle notizie che dà e a quello che fa.

C’è paura?

Secondo me sì.

Chi ha creato questa paura? Lo Stato stesso?

Io so solo che è cambiato l’atteggiamento anche nei confronti delle altre istituzioni. Prima c’era una piena collaborazione anche con la capitaneria di porto, oggi c’è molta diffidenza tra un’istituzione e l’altra.

La sensazione che si ha sul campo, anche proprio per chi fa i soccorsi, è che stanno molto attenti.

Una volta, prima di uno sbarco, venivamo avvisati. Ora non più: arrivano e basta. Ma la macchina organizzativa è sempre lo stessa.

Lei si sente abbandonato dal Governo?

Non si tratta di abbandono, qui il problema è che Lampedusa è stata proprio cancellata: non c’è proprio più il nome di Lampedusa nella dialettica della politica.

Ma Lampedusa è fatta da italiani: il motto non era “prima gli italiani”?

Forse siamo italiani diversi. Ci prendono in considerazione quando siano utili, quando non serviamo ci abbandonano al nostro destino.

Prima ha detto di aver scritto a Salvini. Ha ricevuto risposta?

Sono passati diversi mesi, forse un giorno arriverà qualche risposta.

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