L’umiliazione del calcio italiano
Gli scontri della finale di Coppa Italia hanno lasciato 10 feriti tra i tifosi. In questo caso il calcio è vittima o complice?
La finale di Coppa Italia di sabato scorso non passerà alla storia per i goal del Napoli, né per il tentativo di rimonta della Fiorentina. La partita è già finita in secondo piano nella memoria degli spettatori e di chi l’ha giocata, mentre a essere ricordati saranno i dieci feriti, la partita iniziata con 45 minuti di ritardo, la presunta trattativa con un capo ultras che avrebbe deciso di dare il via alla partita.
Il risultato della partita, 3 a 1 per il Napoli, diventa secondario di fronte al bilancio di 10 persone ferite, quasi tutti tifosi napoletani. Tre di loro sono stati feriti da colpi di pistola esplosi nel tragitto verso le stadio, in zona Tor di Quinto. Ciro Esposito, 30 anni è stato ricoverato in codice rosso e poi operato. Un proiettile è entrato dal torace e arrivato alla sua colonna vertebrale. In manette è finito Daniele De Santis, un quarantottenne romano.
Di fronte a una pagina così nera del calcio italiano, anche la stampa estera ha riportato e commentato la notizia. Dal New York Times, il corrispondente Jim Yardley scrive che gli eventi di sabato sera hanno segnato un momento umiliante per il calcio italiano e per l’Italia stessa.
“I comportamenti violenti nel calcio sono un problema diffuso in Europa, anche se le autorità di molti paesi hanno messo in atto con successo un giro di vite in materia negli ultimi anni”, scrive Jim Yardley, “In Italia, molti analisti dicono che le autorità non hanno mai pienamente affrontato il problema – così come altri danno la colpa ai politici per non aver preso le decisioni economiche e politiche principali di cui necessità il paese”.
Per la Frankfurter Allgemeine Zeitung, il calcio italiano ha dato nuovamente una cattiva immagine di sé. Continua così il declino del calcio italiano, appena superato dal Portogallo nel ranking Uefa – che però rappresenta il problema minore. Per il quotidiano tedesco, gli incidenti che hanno preceduto la finale di Coppa Italia a Roma hanno fornito un’altra dimostrazione dell’impotenza del calcio di fronte agli ultras. Il presidente della Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio) Giancarlo Abete ha dichiarato che il calcio è la vittima, ma visto il numero dei precedenti bisogna chiedersi se esso non sia anche complice.
Il giornale spagnolo El Paìs ha definito “vergognoso” lo spettacolo del capitano del Napoli, Marek Hamsik, che ha chiesto il permesso di giocare la partita con la Fiorentina al capo degli ultras Gennaro De Tommaso, detto “Genny a’ carogna” in diretta televisiva. Questo avrebbe dimostrato ancora una volta la debolezza dello stato di diritto di fronte alle mafie, presenti anche nel calcio.
Per il Global Post, gli incidenti hanno messo in enorme imbarazzo il nostro paese, che “era già in crisi e lottava per porre rimedio a una reputazione di lunga data sulla violenza correlata al calcio”. De Tommaso, il capo degli ultras napoletani, indossava coraggiosamente una t-shirt nera con un appello per la liberazione del tifoso Catania, Antonino Speziale, condannato a otto anni per l’uccisione dell’agente di polizia Filippo Raciti al di fuori del derby siciliano con il Palermo nel febbraio 2007.