Istruiti ma disoccupati
Hanno studiato e non trovano lavoro. Possono restare a casa o emigrare a nord. Ma per i giovani europei è la fine di un sogno
Alba Mendez, 24 anni e un master in sociologia, salta giù dal letto di prima mattina, di fretta e nervosa, si trucca con attenzione e si stira i capelli. Le sue mani sottili tremano mentre afferra il suo curriculum e esce dalla piccola stanza dove un amico la lascia dormire senza pagare l’affitto.
Quel giorno ha un colloquio per lavorare in un supermercato, niente a che vedere con il tipo di lavoro che aveva immaginato di ottenere alla fine dei suoi studi. Ma è un’opportunità rara dopo una serie di posizioni temporanee, candidature che non sono andate da nessuna parte e datori di lavoro che sempre di più le chiedevano di lavorare a lungo e gratis per la speranza di essere anche solo considerata per un impiego fisso.
Alba Mendez si sente in colpa e si chiede “Cosa ho fatto di sbagliato?”. Ed è quello che si chiedono milioni di giovani europei cinque anni dopo l’inizio di una crisi economica che ha messo in ginocchio il continente e in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli sconcertanti.
L’Italia, che si trova a fronteggiare il nono trimestre di fila di recessione economica, a settembre ha registrato un tasso di disoccupazione del 12.5 per cento, il più alto dal 1977, e adesso registra il 40.4 per cento di disoccupazione giovanile.
Insieme ad Alba, il New York Times ha intervistato decine di giovani spagnoli, italiani e greci che come lei si trovano ad affrontare questo periodo di crisi, e ha visto in loro “la strisciante consapevolezza che il sogno europeo goduto dai propri genitori è fuori portata”.
“Non è che l’Europa non si riprenderà mai”, scrive il quotidiano, “ma il periodo di recessione e austerità si è protratto per così tanto tempo che una nuova crescita, quando arriverà, sarà goduta dalla prossima generazione, e lascerà questa fuori.”
Così i giovani si trovano a scegliere tra la possibilità di rimanere a casa, con la protezione della famiglia ma senza un posto di lavoro, e quella di andare a nord Europa, dove forse troveranno un lavoro ma probabilmente saranno trattati da estranei.
Il giornale online Quartz ha invece citato i dati raccolti dall’agenzia statistica dell’Unione europea, l’Eurostat, secondo i quali una laurea o un master, invece di aumentare le possibilità di impiego, possono giocare a sfavore dei giovani italiani e sottoporli a un più alto rischio di disoccupazione.
Infatti secondo AlmaLaurea, un istituto italiano gestito da un consorzio di università e dal ministero della Pubblica Istruzione, le aziende italiane sembrano cercare lavoratori con bassi livelli di istruzione: il 37 per cento degli occupati in posizioni manageriali possiede solo il livello minimo obbligatorio di istruzione, mentre solo il 15 per cento di loro possiede un diploma di laurea o di livello superiore.
Molti degli studenti italiani in effetti privilegiano gli studi umanistici e quelli di legge, che non incontrano la domanda del mercato. Il tutto in un Paese, l’Italia, che non investe nell’innovazione, e impedisce all’economia di uscire da una situazione di inevitabile stagnazione.