I giovani italiani visti da Fuksas: stirpe senza memoria e senza amore per la cultura
L'intervista dell'archistar per TPI: forse siamo davvero di fronte ad una nuova stirpe, figli dal DNA mutato, capaci di vivere stagioni intere nell’Isola dei famosi
“Al giorno d’oggi, il sentimento diffuso è che gli attuali abitanti del nostro paese non abbiano niente a che vedere con chi ha creato un patrimonio culturale che sfiora l’80 per cento dei beni artistici mondiali. Sembra che il nostro Dna abbia subito una mutazione. Eravamo i discendenti di quelli che hanno creato il capolavoro bizantino di San Vitale, la Pienza di Papa Pio II, Venezia e Napoli, con il suo barocco strabiliante”.
Con queste parole Massimiliano Fuksas, archistar tra le più note del panorama internazionale, racconta a TPI la sua carriera, il futuro dei nuovi talenti e le colpe degli italiani nel sistema cultura.
Quindi siamo cambiati – e in peggio – ma cosa è accaduto agli italiani?
Forse siamo davvero di fronte alla nascita di una nuova stirpe. Figli nati senza memoria, capaci di vivere mesi e stagioni nell’Isola dei famosi o altri luoghi simili. La cultura è nemica di chi costruisce un universo senza principi, diritti e passione. E non potrebbe non esserlo.
E allora quali sono le aspirazioni dei giovani architetti di talento?
L’architettura in Italia ha preso la strada positiva di una maggiore propensione a esportare la nostra creatività. Se le grandi infrastrutture languono nel nostro paese, di certo le imprese e gli architetti sanno esportare assai bene. Per le grandi opere, ma anche per le piccole, non sarei pessimista per il futuro prossimo. Nell’analisi della realtà dell’Italia, i suoi valori sono indicati da un elemento determinante: la cultura. L’architettura e la cultura fanno parte dello scenario della crescita delle scienze umane e della passione di un paese.
Che ruolo gioca l’Italia in questo scenario?
Nonostante le difficoltà, l’Italia, è ancora centrale nel nuovo mondo, con le nuove sfide che comporta. La partita è iniziata. Un consiglio a un giovane creatore è essere convinto prima di tutto di avere idee: se lui non è convinto, non può convincere nessuno.
Come valuta l’opera del ministro Franceschini rispetto al rilancio del patrimonio artistico e culturale italiano?
Un ministro che si impegna in tal senso è già di per sé un sintomo positivo. Dario Franceschini è un uomo che davvero si è speso in favore dell’architettura e, in generale, della cultura italiana.
Lo stesso Franceschini ha recentemente annunciato l’intento di regolamentare le visite al Pantheon con un biglietto a pagamento. Ma è giusto privatizzare i beni artistici, religiosi e architettonici?
Prevalentemente no. Solo in casi di estrema necessità.
È giusto dire che Milano è diventata il vero trampolino di lancio dei nuovi talenti italiani?
Ormai sono anni che questo sta avvenendo, niente di nuovo. Si può soltanto comprendere che cultura e scuola hanno fatto in gran parte la fortuna di questa città.
A ottobre 2016 Sgarbi definiva la sua opera Nuvola “di una freddezza ospedaliera e un monumentalismo funerario da sacrario più che da fiera”. Come risponde a questa critica?
Chi è Sgarbi?
Massimiliano Fuksas: architetto, artista, costruttore. Una carriera da inventare e reinventare di continuo.
Ho costruito la mia prima opera a 26 anni, per un piccolo paese della provincia marchigiana che è Sassocorvaro: è un palazzetto dello sport. È così che nasce l’idea di costruire, ma l’intenzione era di lavorare per il pubblico e non per il privato. Comincio ad avere difficoltà: non potevo costruire nelle grandi città perché c’erano i “professionisti”. Perciò decido di conquistare la città dalla periferia e comincio a costruire intorno ai grandi centri abitati.
E prosegue così fino agli anni Settanta.
Sì, il trend è positivo fino a quel momento. All’inizio degli anni Ottanta si palesava la catastrofe visto che non ero né un professionista né un accademico. Così, nel momento in cui veramente mi interrogavo sul futuro, e stavo costruendo la mia seconda vita con la mia compagna Doriana, Mitterand vince le elezioni in Francia. Appena eletto, il nuovo presidente francese decide di rafforzare lo spirito e la cultura del suo paese, e ridar loro forza portando in Francia i giovani. E da lì inizia la mia storia francese, la mia seconda vita, che è durata moltissimo e che dura ancora, ovviamente. Nel 1995 vinco il progetto delle torri di Vienna e un grande edificio a Parigi. Dico immediatamente a Doriana: “Senti, io voglio tornare a Roma”.
Come è stato il ritorno a Roma?
Nella capitale c’era questa idea che una persona, per non sentirsi emigrante, dovesse essere anche amata dal proprio paese, e averci costruito qualcosa. Così mi convinco che voglio creare opere significative nel mio paese. Vinco i progetti per il palazzo dei Congressi di Roma, la Ferrari, il palazzo della Regione Piemonte a Torino, le Bolle di Nardini e la Fiera di Milano. Opere più mature.
Cosa è Roma oggi, dove si sta realizzando realmente il progresso italiano?
Roma continua a essere una città in continua mutazione. Negli ultimi anni è completamente cambiata, continuando ad attirare sempre di più un’enorme quantità di persone, diventando un qualcosa di molto diverso rispetto a quello a cui si era abituati. Ma una costante rimane: Roma è sempre la città della storia e della cultura. Il numero degli abitanti che ha invaso la città, trasformando le periferie in distinti agglomerati di costruzioni, è una moltitudine multietnica che rappresenta aspetti della società del futuro.
Presente e futuro di Fuksas?
Il presente sono la Guosen Tower a Shenzhen, il Beverly Center a Los Angeles, il Museo Politecnico a Mosca, il Centro Culturale a Pechino e l’Australia Forum. Tutti progetti dell’ultimo decennio e ancora in corso di realizzazione. Per il futuro? Non vedo il mio futuro. Il futuro non somiglia mai a come lo abbiamo immaginato, perciò è inutile immaginarlo.
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