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Home » News

Come i media nel 2016 hanno parlato dell’immigrazione

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Un nuovo rapporto su media e immigrazione evidenzia il calo dei "toni allarmistici" sul tema rispetto al 2015 e la proliferazione dell'hate speech sul web

Il racconto dei media sull’immigrazione nel 2016 è stato costante e sono diminuiti i toni “allarmisitici” utilizzati negli anni precedenti. A evidenziarlo sono i dati raccolti nel quarto rapporto dell’associazione Carta di Roma “Notizie oltre i muri“, presentato lunedì 19 dicembre alla Camera dei deputati. Tuttavia sui social network quest’anno ha visto la proliferazione del linguaggio intollerante verso i migranti, il cosiddetto hate speech.

Nel 2016 il tema dell’immigrazione ha dominato le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali, confermando l’andamento del 2015 che vedeva un aumento della diffusione di notizie sull’argomento, ma senza registrare i picchi o i record di visibilità intorno a singoli episodi registrati lo scorso anno. Per l’associazione Carta di Roma questo indica una “metabolizzazione mediatica” del fenomeno migratorio.

In totale sono state 1.622 le notizie dedicate al tema dell’immigrazione sulle prime pagine dei giornali nel 2016. Il numero è cento volte superiore rispetto al 2013 e in aumento rispetto agli anni precedenti. Mentre sui telegiornali la visibilità del fenomeno migratorio è stata di 2.954 notizie in 10 mesi, con un calo del 26 per cento rispetto al 2015.

Sul fronte dei social media il rapporto evidenzia invece l’uso di linguaggi profondamente intolleranti, prendendo spunto da una vicenda drammatica: l’uccisione a luglio 2016 di Emmanuel Chidi Nnamdi, nigeriano di 36 anni, che a Fermo è stato picchiato a morte da Amedeo Mancini, quarantenne ultrà della squadra locale di calcio. Il caso di Fermo diventa sul web un tema politico che “mescola cronaca nera, disagio sociale, visioni politiche fino a sfociare in un violento scontro ideologico fra accuse di razzismo da una parte e di eccesso di buonismo verso gli immigrati dall’altra”, si legge nel comunicato stampa sul rapporto.

“Su Twitter si assiste a una sguaiata deumanizzazione del linguaggio: compaiono insulti razzisti e sessisti violentissimi. Con un campionario infinito di fraseggi e luoghi comuni infarciti di commenti razzisti e discorsi di odio”, denuncia l’associazione.

Qual è il ruolo dei media in questo contesto?

“Nel quadro restituito dall’analisi su articoli e servizi si conferma la necessità di un sistema di informazione che segua percorsi autonomi, che vada a fondo nelle notizie, che fornisca ai cittadini un quadro completo dei problemi in modo che possano formarsi un giudizio”, dice Giovanni Maria Bellu, presidente dell’Associazione Carta di Roma. “Non ‘produciamo’ hate speech e, nella generalità dei casi, evitiamo di diventarne veicolo. Tuttavia dovremmo riflettere sul fatto che l’hate speech, quello che dilaga nei social network, trova alimento nella cattiva informazione. Ed è questa la ragione per cui non possiamo sentirci innocenti”.

Il rapporto evidenzia anche che il tema dell’immigrazione è diventato terreno di scontro per il dibattito politico, come mostra il fatto che gli esponenti politici istituzionali italiani sono intervenuti nei telegiornali di prima serata nel 33 per cento dei servizi sull’immigrazione (2 punti percentuali in più rispetto al 2015). Mentre gli interventi degli esponenti politici e istituzionali dell’Unione europea e degli stati europei sono pari al 23 per cento.

Solo il 3 per cento dei servizi riporta invece la voce di migranti e rifugiati, il numero è pari a meno della metà rispetto all’anno precedente e spesso “i migranti sono interpellati direttamente in cornici narrative e contesti tematici negativi”.

Per quanto riguarda invece l’Europa, tra gli eventi più importanti del 2016 a livello mediatico nell’ambito della rappresentazione dell’immigrazione c’è il referendum sulla Brexit e l’omicidio della deputata laburista Jo Cox. Il rapporto evidenzia che in media nei telegiornali nella settimana a cavallo del voto, in 3 servizi su 10 è presente una associazione tra le ragioni e/o gli effetti della Brexit e il fenomeno migratorio, inteso sia come risposta per bloccare gli arrivi di migranti e rifugiati sia come valutazione degli effetti sulla condizione degli immigrati – anche europei – in caso di uscita dalla Ue.

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