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“Il fatto non costituisce reato”: cosa significa la formula con cui è stata assolta Virginia Raggi

Immagine di copertina
Virginia Raggi

La sindaca di Roma è stata assolta dall'accusa di falso. Per il giudice "il fatto c'è ma non costituisce reato"

Sabat0 10 novembre, la sindaca di Roma Virginia Raggi è stata assolta nel processo che la vedeva imputata per falso in atto pubblico. Per la prima cittadina, il pm aveva chiesto la condanna a 10 mesi. Per il giudice Roberto Ranazzi, che ha pronunciato la sentenza intorno alle 15, il fatto c’è ma non costituisce reato.

Si tratta di una delle formule assolutorie previste nel processo penale.

Il fatto non costituisce reato: cosa significa

Questa formula assolutoria viene utilizzata quando il giudice ritiene che il fatto addebitato sia stato effettivamente commesso dall’imputato, che sussista quindi nei suoi elementi oggettivi, ma che non si configuri come illecito penale.

Può mancare infatti l’elemento soggettivo che è richiesto dalla norma incriminatrice, perché non c’è dolo, colpa o preterintenzione. Ad esempio, se una persona causa la morte di un’altra durante un incidente stradale, ma nel processo emerge che l’imputato non poteva fare nulla per evitare l’evento, non ci sono né dolo, né colpa, né preterintenzione.

Questo formula assolutoria può essere pronunciata anche in presenza di una causa di giustificazione (in un caso di omicidio, può trattarsi ad esempio della legittima difesa).

Processo Raggi: il caso Marra

Il 16 dicembre 2016 Raffaele Marra, capo del personale del Comune e considerato molto vicino alla sindaca, viene arrestato dai carabinieri con l’accusa di corruzione.

Marra è accusato di aver ricevuto una somma dal costruttore Sergio Scarpellini(arrestato a sua volta) tramite l’acquisto scontato di un immobile dell’Enasarco, l’ente di assistenza dei rappresentanti di commercio.

All’epoca dei fatti contestati, Marra era a capo del Dipartimento politiche abitative del comune di Roma, con la giunta di centrodestra guidata da Gianni Alemanno.

Dall’elezione della sindaca a giugno 2016, fino al suo arresto, Raffaele Marra ha un ruolo primario al fianco di Virginia Raggi.

“Sono lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento”, dice lui in giro spiegando che “lavora per i 5 Stelle”.

Processo Raggi: la questione delle nomine

A ottobre 2016 Virginia Raggi dispone la rotazione di 40 dirigenti comunali come previsto dalle direttive anti corruzione.

Il 9 novembre succesivo la sindaca firma l’ordinanza in cui assegnava i singoli ruoli: il fratello di Raffaele, Renato Marra, viene promosso dalla Polizia Locale alla guida della Direzione Turismo. La promozione include un aumento di stipendio di 20mila euro.

Questo accade dopo che la sindaca ha sentito gli uffici del Personale, come previsto dalla prassi.

Tuttavia, il codice di comportamento del Campidoglio prescrive all’articolo 10 che: “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni che possano coinvolgere interessi propri, o di suoi parenti e affini entro il secondo grado”.

Il 9 novembre Raffaele Marra, quindi, avrebbe teoricamente dovuto astenersi dal controfirmare la delibera che ricolloca Renato.

La sindaca Raggi, però, si intesta in toto la scelta di ricollocazione di Renato Marra. Difende Raffaele Marra, dicendo che lui non ha avuto alcun potere decisionale sulla nomina del fratello.

Mantiene questa posizione anche di fronte all’Anticorruzione del Comune di Roma. Ma, secondo gli inquirenti, le chat private tra la sindaca e Raffaele Marra dimostrano il contrario.

Un esempio è questa conversazione risalente a novembre 2016, quando Raggi chiede conto a Marra dell’aumento ottenuto dal fratello, ammettendo di non conoscere i dettagli.

Dalla conversazione si capisce chiaramente che l’intera procedura è stata seguita insieme e questo rafforza l’accusa di falso scattata perché la sindaca ha invece sostenuto di aver “fatto tutto da sola”.

Marra: Scaricami! Meglio per te. Così togli le persone dalla tua giugulare.

Raggi: Smettila. Sai bene che avrei subito attacchi. E non mi dici nulla?

Marra: Mi stai dando del disonesto. Non ti ho mai nascosto nulla. Te l’ho detto! Evidentemente non troppe volte! Se lo avessi fatto vicecomandante la fascia era la stessa. È solo a tua tutela che ha fatto un passo indietro. Purtroppo l’onestà non paga.

Raggi: Infatti abbiamo detto vice no. Abbiamo detto che restava dov’era con Adriano.

Processo Raggi: le accuse

Virginia Raggi è imputata per falso in atto pubblico.

Avrebbe mentito nella sua relazione all’Anticorruzione del Comune di Roma riguardo il ruolo di Raffaele Marra nella nomina del fratello Renato.

Per la stessa vicenda l’ex capo del Personale del Comune di Roma Raffaele Marra è imputato per abuso d’ufficio.

Contro la sindaca non ci sono solo le chat private, ma le viene anche chiesto conto della partecipazione di Raffaele Marra alla riunione del 26 ottobre 2016, che portò alla presentazione della candidatura di Renato Marra come direttore Turismo del Campidoglio.

Oltre a Raffaele Marra, alla riunione partecipò l’ex assessore al Commercio, Adriano Meloni, il delegato al Personale della sindaca, Antonio De Santis, e un collaboratore di Meloni.

Su questo punto la sindaca ha risposto : “Nel corso di un interrogatorio che ebbi a gennaio 2017 venni a conoscenza che Marra partecipò o fu convocato in una riunione in cui, con De Santis, Meloni e Leonardo Costanzo, avrebbe suggerito di nominare il fratello a capo della direzione Turismo. Oggi più o meno scriverei la stessa cosa (rispetto a ciò che scrisse nella risposta all’Anac, ndr)”.

Processo Raggi: le tappe

16 dicembre 2016 – Raffaele Marra viene arrestato per corruzione.

24 gennaio 2017 – Virginia Raggi è indagata con la doppia accusa di falso e abuso d’ufficio per la vicenda delle nomine capitoline.

Raggi scrive sui social di aver ricevuto un invito a comparire dalla procura di Roma. “Sono molto serena, ho completa fiducia nella magistratura, come sempre. Siamo pronti a dare ogni chiarimento”, scrive la sindaca.

2 febbraio 2017 – La sindaca viene interrogata dai pm per più di 8 ore. Le chiedono anche della polizza vita stipulata dal dipendente comunale Salvatore Romeo e a lei intestata.

Dopo l’elezione di Raggi, Romeo era stato promosso al vertice della sua segreteria con uno stipendio triplicato (da 39mila a 110 mila euro, cifra poi diminuita a 93mila euro lordi all’anno dopo l’intervento dell’Anac di Raffaele Cantone).

20 giugno 2017 – Si chiudono le indagini sul caso nomine. La prima udienza è il 21 giugno.

28 settembre 2017 – La procura di Roma chiede il rinvio a giudizio della sindaca M5s per l’accusa di falso in atto pubblico. Viene archiviata invece l’accusa di abuso d’ufficio, che riguardava sia la nomina di Renato Marra sia quella di Salvatore Romeo.

9 gennaio 2018 – Marra viene rinviato a giudizio per abuso d’ufficio. Il comune non si costituisce parte civile.

25 ottobre 2018 – Virginia Raggi viene interrogata per tre ore dal procuratore aggiunto Paolo Ielo.

Durante l’interrogatorio ribadisce la sua versione: “Nella nomina di Renato Marra, il fratello Raffaele non ha avuto alcun potere decisionale. Si è limitato ad eseguire una mia direttiva nell’ambito della procedura di interpello per i nuovi dirigenti. Il suo fu un ruolo compilativo”.

Raggi ha anche negato di sapere, all’epoca, che Renato Marra sarebbe andato a guadagnare di più. “Quando l’ho scoperto dai giornali mi sono arrabbiata tantissimo”, ha dichiarato la sindaca.

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