I peggiori d’Europa
L'Italia è in cima alla lista nera dei Paesi europei che non applicano le norme comunitarie. Per il nono anno consecutivo
Recidivi è dir poco. Per il nono anno consecutivo l’Italia si classifica prima nella lista dei Paesi meno efficienti nel dare applicazione al diritto comunitario. La notizia è stata riportata dal Wall Street Journal, che ha definito il nostro Paese il “cattivo ragazzo della classe”.
Alla fine dello scorso anno l’Italia era alle prese con 99 procedure di infrazione, che rappresentano la prima fase del processo con cui la Commissione può imporre agli Stati membri di applicare le norme comunitarie. “Ironia della sorte”, commenta il quotidiano, “il primo ministro lo scorso anno era Mario Monti, che ha trascorso quasi un decennio a Bruxelles ai vertici della Commissione”.
I casi di infrazione non sono una cosa da prendere alla leggera: attraverso questo strumento la Commissione può citare in giudizio lo Stato “disobbediente” presso la Corte di giustizia europea e chiedere che vengano applicate sanzioni finanziarie.
Gli altri Paesi recidivi sono Spagna, Grecia e Portogallo, oltre a Polonia e Belgio. Quest’ultimo è stato il Paese con la seconda performance peggiore della lista, con 92 procedure di infrazione aperte alla fine dello scorso anno. Il cattivo rendimento del Belgio, secondo un portavoce dell’Ue, è dovuto alla complessità del sistema fiscale e giuridico del Paese, dove i poteri sono divisi tra la comunità fiamminga e quella francese.
Gli alunni virtuosi, al contrario, sono i Paesi baltici. La Lettonia ha registrato la migliore performance per il secondo anno consecutivo, con solo 20 procedure di infrazione aperte alla fine del 2012, seguita da vicino dalla Lituania e dall’Estonia (rispettivamente con 22 e 24 procedure).
I casi di maggiore inadempimento, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, hanno riguardato le leggi sull’ambiente, i trasporti, la fiscalità e il mercato interno. Ciononostante, i risultati sono positivi se consideriamo che il numero complessivo dei procedimenti è sceso di un quarto rispetto al 2011, anche grazie a una migliore comunicazione tra la Commissione e gli Stati membri per mezzo di strumenti online.