M5S, De Falco a TPI: “Il decreto Sicurezza? Io non l’ho votato, gli altri se lo sono fatto piacere: se mi cacciano significa che il dissenso è vietato”
Intervista al senatore dissidente dei Cinque Stelle: "Ho saputo dell’istruttoria avviata a mio carico dalla stampa, ma finirà in un nulla di fatto"
Molti lo ricorderanno ancora per la telefonata in cui intimava a Schettino “Salga a bordo, ca**o”, durante il disastro della Costa Concordia. Quattro anni dopo, Gregorio De Falco, 53 anni, ufficiale in congedo della Marina militare, è un senatore del Movimento Cinque Stelle. E rischia di nuovo di trovarsi nel mezzo di un naufragio, questa volta tutto politico.
Con altri quattro parlamentari Cinquestelle, Paola Nugnes, Matteo Mantero, Elena Fattori e Virginia La Mura, si è astenuto dal voto di fiducia al decreto sicurezza, guadagnandosi il titolo di “dissidente”. Una scelta che li porterà ad essere giudicati (e forse sanzionati) dai probiviri del M5s, il collegio chiamato a vigilare sul “rispetto del doveri degli iscritti”.
Io mi sono astenuto sul singolo provvedimento, che è evidentemente della Lega, ma ho agito in modo tale che rimanesse il rapporto di fiducia con il Governo.
Potrebbero esserci di profili di incostituzionalità nel merito. E oltre a questo, porta maggiore insicurezza, lasciando migliaia di migranti in un limbo, in una situazione di irregolarità. Consegneremo queste persone a maggiori rischi di devianza, criminalità e lavoro nero.
Se lo sono fatto piacere. Pare piaccia a tutti. Hanno dovuto fare una scelta di campo.
Nei confronti dei cinque “ribelli” ci sarà un’istruttoria dei probiviri del Movimento. Teme di essere cacciato?
Sto meditando su questo avviso di istruttoria e mi sto convincendo che debba per forza trattarsi di un automatismo. Un atto dovuto non può che chiudersi con un nulla di fatto. Sarebbe doloroso per il Movimento affermare che non possa esserci un voto dissenziente.
No, non li ho sentiti. Nessuno mi ha avvisato. Ho solo appreso la notizia dalle agenzie che riportavano la frase del capogruppo al Senato Stefano Patuanelli.
Segnalo il pericolo, ma non ci siamo ancora dentro. Ci può essere il pericolo, come ci fu in passato, che si consideri che il Parlamento abbia un ruolo subordinato al Governo.
Noi siamo un partito politico, non un plotone di formazione. Il metodo democratico non esclude i leader, ma neanche che ci sia discussione. La mia posizione è coerente con il programma del movimento e con il contratto di governo. Basta leggerli.
Buffagni non mi conosce. Pensi che continuo a ricevere inviti dai giornalisti televisivi, ma io li rifuggo perché non sono un frontman, non cerco visibilità.
Non direi imprigionato, a volte mi sento “ridotto” in quella frase. Era un’invocazione all’interno di una vicenda di nove ore, che è stata completamente sulle mie spalle e di chi dipendeva da me. In quel frangente stavo coordinando 8 elicotteri e 46 unità navali.
Nella mia carriera ho avuto tantissime soddisfazioni e le più grandi soddisfazioni sono venute dalle persone con cui ho lavorato. Ma il Movimento Cinque Stelle è portatore di un nuovo metodo, che sintetizza nella capacità di ascolto e risposte alle esigenze della gente, quindi non sono affatto pentito, sono orgoglioso.
Neanche questo voci mi fanno pentire. Le dimissioni non sono in considerazione.