I primi 100 giorni del governo Conte: cosa è stato fatto finora e le promesse non mantenute
Il 1 giugno 2018 si insediava il governo Conte. Quante volte si è riunito il Consiglio dei ministri? Quanti decreti legge sono stati approvati da allora? Quali grandi promesse sono state mantenute? E quali quelle disattese? Una panoramica
Riforma delle pensioni. Reddito di cittadinanza. Flat tax. Tutti i cavalli di battaglia dei partiti di governo, che hanno riempito come un tormentone la campagna elettorale, sono rimasti sulla carta.
Al centro dell’estate di governo un tema imperante, ed evidentemente uno di quelli che funzionano meglio per galvanizzare l’opinione pubblica: l’immigrazione.
Prima con il caso Acquarius, poi con la Diciotti, e in generale con la chiusura dei porti e la guerra alle ong in mare, il governo, o meglio il ministro dell’Interno ha messo al centro dell’attenzione i migranti, aizzando il suo elettorato, sempre più grande, come confermano i sondaggi.
I numeri del governo Conte
Dal 1 giugno al 3 settembre 2018 il governo Conte ha approvato 6 decreti legge, 2 in meno rispetto a quelli approvati nei primi cento giorni del governo Gentiloni, e 5 in meno rispetto allo stesso periodo del governo Renzi, come riferisce il quotidiano La Repubblica.
I decreti legislativi sono stati invece 17, contro i 52 di Gentiloni e i 24 di Renzi. Di questi, 9 hanno attuato direttive o regolamenti europei, 5 hanno integrato o corretto decreti legislativi passati, mentre 3 hanno contribuito all’attuazione di leggi approvate da precedenti esecutivi
I disegni di legge deliberati dal consiglio dei ministri sono stati 11, ma di questi, tolte le ratifiche dei trattati internazionali e altri provvedimenti standard e annuali, solo uno è frutto di un’iniziativa del governo.
Dal suo insediamento, il Consiglio dei ministri si è riunito 16 volte: 7 a giugno, 5 a luglio e 4 ad agosto, di cui le ultime due a Genova in seguito al crollo del ponte Morandi, come spiega Open Polis. La durata media delle riunioni è stata di 52 minuti.
Pensioni
“Con orgoglio dico che la cancellerò al primo consiglio dei ministri che faremo. Così piangerà, questa volta davvero”, aveva detto alcuni mesi fa Matteo Salvini riferendosi alla legge Fornero.
“Su questo non ho dubbio alcuno: dovrà essere il primo provvedimento del governo che la Lega farà se vincerà le elezioni”, ha ribadito alcuni mesi dopo.
Il primo consiglio dei ministri è passato da un pezzo, e di giorni di governo ne sono trascorsi cento. Eppure non è un provvedimento che ha mai visto la luce.
L’abolizione della legge Fornero è all’interno del contratto di governo: “Occorre provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. “Fornero”, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse. Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti”, si legge nel contratto di governo alla voce “Stop legge Fornero”.
Le aspettative si sono ridimensionate e l’obiettivo adesso è inserire almeno la cosiddetta quota 100, la somma dell’età anagrafica e anni di contributi, nella legge di bilancio 2019.
Vitalizi e pensioni d’oro
Il 12 luglio la Camera ha dato il via libera all’abolizione dei vitalizi. A partire da novembre dovrebbe essere prevista una riduzione del 40 per cento degli assegni.
In Senato non è stata approvata nessuna misura simile. Per quanto riguarda le cosiddette pensioni d’oro, la maggioranza è divisa.
Le posizioni più intransigenti del Movimento 5 Stelle si sono scontrate con quelle decisamente meno nette della Lega.
Il 28 agosto sul quotidiano la Repubblica, il consigliere economico di Salvini, Alberto Brambilla, aveva bocciato la proposta sui trattamenti pensionistici superiori agli 80 mila euro. Repubblica aveva anticipato uno studio di Itinerari previdenziali, un centro studi presieduto da Brambilla: “Retroattivo. Iniquo. Arbitrario. E dunque incostituzionale. Ma soprattutto irrealizzabile”, ha detto Brambilla riferendosi al progetto di legge.
Il progetto di legge depositato alla Camera il 6 luglio scorso dai capigruppo di Lega e Cinque Stelle prevede un ricalcolo contributivo delle pensioni d’oro sopra i 4 mila euro netti al mese, 80mila euro lordi all’anno.
“Non voglio entrare in uno scontro con chi chiede di rallentare sui tagli alle pensioni, ma nel contratto di governo abbiamo scritto che vogliamo tagliare le pensioni d’oro: se qualcuno vuol dire che il contratto non si deve attuare lo dica chiaramente, altrimenti si va avanti”, ha detto il vicepremier Luigi Di Maio.
Sul tema, per mettere a tacere gli scontri è intervenuto Matteo Salvini: “Sulle pensioni rispetteremo il contratto di governo. Ho convocato per martedì prossimo una riunione per la prossima manovra, come segretario di partito. Le mega pensioni non coperte da contributi non hanno senso di esistere. Sono contento di questi mesi di lavoro e ci prepariamo ad una manovra economica che darà le prime risposte, non promettiamo miracoli, ma i primi segnali di cambiamento per l’economia”.
Reddito di cittadinanza
Il punto più controverso è sicuramente la copertura economica di una manovra simile che costerebbe 17 miliardi. Per Di Maio il reddito di cittadinanza è la priorità della legge di bilancio 2019. Al momento esiste un tavolo di esperti dei vari ministeri interessati, ma non sono stati fatti passi significativi in avanti.
Sbarchi e rimpatri
L’abbassamento del numero degli sbarchi e una politica dei rimpatri sono tra i cavalli di battaglia indiscussi del ministro Salvini.
Ad oggi l’obiettivo dei rimpatri è molto lontano, dal momento che sono stati siglati solo 4 accordi di riammissione, con Marocco, Tunisia, Egitto e Nigeria.
Per quanto riguarda il numero degli sbarchi, sono diminuiti dell’80 per cento in un anno, trend iniziato con il precedente governo, quando a guidare il Viminale era il ministro Minniti.
Occupazioni abusive
Con una circolare diramata sabato primo settembre 2018, il ministero dell’Interno guidato da Matteo Salvini ha varato una stretta sulle occupazioni abusive di immobili.
Nel documento, si esortano prefetti ad eseguire sgomberi in maniera più rapida, andando a intervenire sulle situazioni di illegalità ed evitando che le occupazioni abusive si protraggano per mesi o anni. Nel documento si rileva come gli sforzi fatti finora per combattere il fenomeno delle occupazioni abusive siano stati poco efficaci, e si invoca una svolta con sgomberi più tempestivi.
Sono previste misure di assistenza per le persone costrette ad abbandonare gli immobili, in particolare a carico dei Comuni, nei casi in cui quelle stesse persone non possano disporre di un sostegno adeguato da parte delle famiglie.
Tuttavia, l’accertamento sui requisiti per ottenere l’assistenza da parte dello stato deve avvenire solo successivamente allo sgombero, e non prima. Si tratta di un provvedimento che rischia di colpire in particolare i centri sociali e gli edifici abbandonati in cui vivono migranti che non hanno a disposizione altre possibili sistemazioni.
L’obiettivo della circolare è quello di tutelare la proprietà privata, come ha precisato lo stesso Salvini in risposta alle polemiche che sono arrivate dalle opposizioni: “La proprietà privata è sacra e sono troppi gli Italiani vittime di occupazioni da parte non di bisognosi, ma di furbi e violenti”, ha detto il leader della Lega.
Legittima difesa
Da sempre tema caro alla Lega, la legittima difesa è stata introdotta nel contratto di governo. “In considerazione del principio dell’inviolabilità della proprietà privata, si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa (con riferimento in particolare alla valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa) che pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione nella propria abitazione e nel proprio luogo di lavoro”, si legge.
Salvini in campagna elettorale aveva promesso che sarebbe stata la prima legge da approvare in Parlamento. Ma non è stato così.
Al momento vi è una proposta di legge presentata dal leghista Nicola Molteni, che attualmente si trova in commissione Giustizia.
Flat Tax
“Reddito cittadinanza e flat tax non sono alternativi”, ha detto recentemente il vicepremier Di Maio. In questi giorni si sta lavorando per mettere a punto le manovre che saranno contenute nella legge di bilancio 2019. La flat tax attualmente in cantiere prevede tre aliquote per piccole imprese e professionisti.
Una prima aliquota al 5 per cento per le start up. La seconda aliquota, al 15 per cento riservata a chi ha ricavi fino a 65mila euro e la terza aliquota, al 20 per cento, per chi ha un fatturato fino a 100mila euro.