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Conte: “Sulla Tav ascolteremo i cittadini. Libia? Bisogna trovare un compromesso”

Immagine di copertina
Il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Credits: Sergei Chirikov/Pool/AFP

In un'intervista al direttore de La Stampa il premier ha parlato della manifestazione pro-Tv di torino e della conferenza di Palermo sulla Libia

In una lunga intervista a La Stampa del 12 novembre 2018, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha risposto al direttore Maurizio Molinari su diversi temi, dal ruolo dell’Italia in Libia alla manifestazione del Sì Tav di pochi giorni prima.

“Sicuramente va ascoltata l’opinione di questi cittadini che in modo educato e composto hanno sfilato per esprimere il loro giudizio – ha detto il premier – a breve si concluderà la valutazione costi-benefici per prendere la decisione migliore per i cittadini”.

Non crede che la protesta di Torino suggerisca che c’è un’Italia talmente scontenta da non sentirsi più rappresentata neanche dai vincitori delle elezioni del 4 marzo?

“Respingo le polemiche politiche che vorrebbero accreditare questo governo come il governo che sa opporre solo dei no.

Questo governo sta riformando il codice degli appalti e ha creato una struttura di coordinamento ‘Investitalia’ presso la Presidenza del Consiglio e una struttura tecnica, con centinaia di progettisti, per realizzare il più significativo piano di investimenti mai progettato […].

Anche sul progetto Tav saremo rigorosi: il contratto di governo ci impegna a un’opera di revisione”.

Dunque il governo non ha deciso di azzerare la Tav?

“Come avvenuto sull’Ilva e con la Tap, anche qui applicheremo il nostro metodo. La Tav è un dossier che ancora non ho studiato.

Sono consapevole della sensibilità del Movimento 5 Stelle ma con atteggiamento responsabile prenderemo in mano anche la Tav. Valuteremo con attenzione ciò che hanno espresso i cittadini manifestando in piazza Castello”.

Tre giorni fa al Palazzo di Vetro l’inviato Onu Salamé ha presentato la nuova “road map” per la Libia con elezioni parlamentari nel 2019. Come si colloca l’imminente conferenza di Palermo in questa cornice, quale è il vostro obiettivo?

“Occorre superare lo stallo in cui versa da tempo il processo politico libico. Ma soprattutto occorre prevenire l’escalation di violenza.

Il popolo libico chiede stabilità e benessere ed è su questa linea, concreta e inclusiva, che ci siamo mossi per preparare la conferenza di Palermo. […].

Si tratta di rafforzare le prerogative del popolo libico e adempiere alle responsabilità istituzionali volte a far “ripartire” un Paese amico a noi vicino.

Ho incontrato di persona, e a lungo, tanto Sarraj che Haftar. Ho raccolto forti incoraggiamenti e testimonianze di stima che mi confortano nella strada intrapresa.

Credo che l’Italia abbia la responsabilità e la capacità di svolgere un ruolo utile in questo processo così come nell’intera area mediterranea”.

Ha preparato questa conferenza con un’attività incessante, mostrando di crederci. Trump, Putin, Macron e Merkel uno dopo l’altro hanno declinato l’invito. Che cosa non li ha convint? L’Italia ne esce indebolita?

“Ho parlato con molti leader internazionali, molti di più di quelli da lei citati, e da tutti ho raccolto interesse e sostegno, a prescindere dalle singole partecipazioni. I Paesi che cita saranno presenti e a livello più che adeguato, a partire dalla Russia e dalla Francia.

Palermo riunisce intorno ad uno stesso tavolo i principali attori libici e il massimo livello politico di Paesi quali Algeria, Tunisia, Egitto, Ciad, Niger, Grecia e Malta.

Ma anche il resto d’Europa e dei Paesi del Golfo vede non poche qualificate presenze. E parlo anche delle Istituzioni europee che saranno rappresentate da Tusk e Mogherini”.

I nostri diplomatici hanno dovuto lavorare sodo per convincere il generale Haftar a venire a Palermo. A tutt’oggi resta incerta la sua presenza perché accusa Sarraj di essersi alleato con i Fratelli Musulmani. È Haftar il nuovo uomo forte in Libia?

“Ho incontrato personalmente e a lungo Haftar pochi giorni fa a Roma ed ho condiviso con lui valutazioni sulla situazione libica e aspettative rispetto alla conferenza di Palermo.

La sua visione non è certamente coincidente con quella del presidente Sarraj e la storia recente lo dimostra.

Ciò tuttavia non significa, anzi, che non valga la pena metterli intorno allo stesso tavolo. Mandela ha osservato che “il compromesso è l’arte della leadership e i compromessi si fanno con gli avversari, non con gli amici”.

Ma Haftar verrà o non verrà a Palermo?

“Mi aspetto che Haftar sia presente perché sicuramente è uno degli attori determinanti per la stabilizzazione del suo Paese”.

La Francia di Macron nella crisi libica è parte della soluzione o del problema?

“Il problema non è la Francia bensì le forti difficoltà in cui versa il processo di stabilizzazione libico che con Parigi, così come con tutta la comunità internazionale, cerchiamo di superare.

Ho parlato spesso con il presidente Macron e sabato ci siamo scambiati gli ultimi aggiornamenti sulla Libia. Vi è sintonia di vedute sugli aspetti di fondo e su obiettivi condivisi”.

Siamo favorevoli ad una presenza russa stabile in Libia?

“La Russia, quale membro permanente del Consiglio di Sicurezza e attore internazionale di primo piano, può dare un contributo importante”.

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