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Giornata contro l’omofobia 2018: quando si festeggia | Eventi | Dati | Campagna

Immagine di copertina
Il 17 maggio è la Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia

La data del 17 maggio è molto importante per il momento LGBTQ+, poiché quello stesso giorno nel 1990 l'omosessualità fu rimossa dalla lista delle malattie mentali dall'Oms. Ecco tutti gli eventi in programma in Italia

La Giornata internazionale contro l’omofobia | Lo spot Arcigay per il 17 maggio 2018 | La classifica Rainbow sull’omofobia in Europa | L’omofobia in Italia

Il 17 maggio si festeggia la giornata contro l’omofobia, più specificatamente contro l’omo-lesbo-bi-transfobia.

Si tratta di una ricorrenza istituita nel 2004 dall’Ue, che ha l’obiettivo di promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno dell’omofobia, della bifobia e della transfobia.

La data del 17 maggio è molto importante per il momento LGBTQ+, poiché quello stesso giorno nel 1990 l’omosessualità fu rimossa dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità.

In quella data, l’Oms definì per la prima volta nella storia l’omosessualità come “una variante naturale del comportamento umano”. In questo modo, terminò oltre un secolo di trattamenti medici e psichiatrici per curare l’omosessualità.

Il 17 maggio è una data storica in questo senso e una grande vittoria per i membri della comunità internazionale Lgbt (Lesbian, Gay, Bisex, Transgender).

Per questo, ogni anno il 17 maggio si celebra la giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.

Lo spot di Arcigay per il 17 maggio 2018

A questo link è possibile consultare l’elenco di tutte le iniziative in programma per il 17 maggio 2018 in tutte le città d’Italia, dai cortei alle raccolte fondi, dagli spettacoli ai convegni.

L’omofobia in famiglia, il tema della giornata contro l’omofobia 2018

“Se è omofoba non è famiglia”, è il tema di quest’anno della campagna di Arcigay del 17 maggio, in occasione della giornata internazionale contro l’omo-lesbo-bi-transfobia.

“Abbiamo deciso di focalizzare l’attenzione su un particolare aspetto di questo fenomeno” spiega Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay.

“I nostri 68 presidi territoriali raccolgono numerose richieste d’aiuto, molto diverse da tra loro: le più ricorrenti sono quelle di adolescenti, neo maggiorenni e giovani che vivono un clima di oppressione, disprezzo, violenza psicologica e fisica nei contesti familiari. Il mancato riconoscimento e sostegno da parti dei genitori e dei familiari in genere è per molti ragazzi e ragazze un’esperienza molto dolorosa, che ferisce nel profondo. Spesso diciamo che la  recente conquista di pochi ma importanti diritti per le persone lgbt ha prodotto una rivoluzione culturale: oggi le persone lgbt sono visibili, presenti nel discorso pubblico e in quello mediatico, vivono le loro relazioni alla luce del sole e costruiscono famiglie. Ma non dobbiamo dimenticare che queste conquiste sono state accompagnate dalla radicalizzazione del dibattito pubblico, attraversato da campagne molto violente, che puntavano proprio sulla famiglia. Chi ha lanciato slogan come “difendiamo i nostri figli” per censurare contenuti e rappresentazioni del mondo lgbti ha esposto molti figli e figlie allo smarrimento delle famiglie, che in numerosi casi si è trasformato in disprezzo. Allora abbiamo voluto dirlo chiaramente: una famiglia in cui omofobia, lesbofobia, transfobia e bifobia non restano fuori dalla porta, non può dirsi famiglia. Perché fallisce clamorosamente nel dare ai figli e alle figlie il sostegno, la comprensione e l’amore di cui hanno bisogno. Nei materiali della nostra campagna raccontiamo le storie di questi figli e di queste figlie, che non vanno difesi da fantomatiche teorie o fantasmi creati ad hoc dagli agitatori di professione, ma che paradossalmente chiedono aiuto per essere difesi dai genitori, cioè dalle persone che dovrebbero amarli di più. Questo è un cortocircuito che deve essere denunciato e affrontato. Abbiamo scelto di farlo attraverso una campagna capillare, online e offline, che cercherà di raggiungere ogni parte del Paese attraverso un fitto calendario di iniziative che i nostri circoli territoriali hanno già avviato e che proseguirà anche oltre la data del 17 maggio”.

La classifica Rainbow sull’omofobia in Europa

L’Italia è in 32esima posizione nella classifica di ILGA-Europe, l’organizzazione ombrello che riunisce le organizzazioni LGBTI europee. Ai primi posti si trovano Malta, Belgio e Norvegia. Agli ultimi, con punteggi bassissimi, ci sono Azerbaijan, Armenia e Turchia. L’Italia, con il suo 32esimo posto, si trova a metà classifica, dietro Serbia, Repubblica Ceca e Slovacchia

“Nonostante il passo avanti della legge sulle unioni civili, che proprio in questi giorni compie due anni, spiccano le tante aree di intervento ancora prive di normative e politiche attive: dal pieno accesso a tutti gli istituti vigenti nel diritto di famiglia e delle persone, compreso il pieno riconoscimento dell’omogenitorialità, al contrasto alle discriminazioni, ai crimini e ai discorsi d’odio, fino al diritto all’autodeterminazione, al riconoscimento e all’integrità fisica e alla salute delle persone trans e intersex”, specificano i responsabili di Arcigay, Associazione Radicale Certi Diritti, Circolo di Cultura Omosessuale – Mario Mieli, Famiglie Arcobaleno e Movimento Identità Trans.

L’Italia è superata da molti dei suoi vicini nella classifica di Rainbow Europe. Membro fondatore dell’Unione europea, l’Italia ha un punteggio basso nell’indice delle leggi e delle politiche LGBTI non solo se paragonata agli altri Stati membri dell’Ue, ma anche in confronto ad alcuni paesi non membri dell’Unione.

La mappa Rainbow Europe dimostra che l’attuale legge italiana non protegga le persone LGBTI in molti aspetti chiave della loro vita.

L’omofobia in Italia

In Italia – l’omosessualità è legale e dal 1890 viene riconosciuta la stessa età consensuale prevista per l’eterosessualità. Dal punto di vista dei diritti, l’Italia ha vietato la discriminazione sul lavoro in base all’orientamento sessuale con una legge del 2003.

Dal 1980, invece, l’omosessualità è stata esclusa da qualunque criterio diagnostico. Da oltre 30 anni l’omosessualità e il transessualismo non sono considerati patologie.

Claudio Mencacci, psichiatra e presidente della società italiana di psichiatria, spiega a TPIcome “la stigmatizzazione dell’omosessualità e l’omofobia siano fenomeni ancora molto presenti in Italia. Oltre gli atteggiamenti più espliciti e le posizioni apertamente avverse all’omosessualità, esiste un tipo di omofobia strisciante”, continua a spiegare lo psichiatra “che si declina in battute e considerazioni critiche in modo aprioristico che azzerano il dibattito e alimentano un certo tipo di mentalità. A quella forma di omofobia bisogna stare anche più attenti”.

Le posizioni in Italia sul tema dell’omosessualità sono ancora molto contrastanti: parte del mondo cattolico propugna una possibile “guarigione” dall’omosessualità.

Sono diversi, infatti, i siti web di stampo cattolico dove è possibile leggere che l’omosessualità è “uno stato psicologico particolare, determinato da fattori esterni all’uomo, che ne influenzano e ne condizionano il carattere e che ritornare eterosessuali è possibile”, e dove vengono addirittura indicati i link cui far riferimento per cominciare un percorso di guarigione e “ritornare in una condizione naturale normale”.

C’è anche chi, come la dottoressa e scrittrice Silvana De Mari, sostiene che l’omosessualità non esiste. Da diversi anni De Mari sta portando avanti una battaglia aperta contro il movimento Lgtb per la salvaguardia del credo cattolico e la salvezza del mondo occidentale.

Come ha infatti spiegato a TPI, “L’omosessualità è la non accettazione del diverso in cui vi è una sostanziale rinuncia alla sessualità vera e propria”, intesa come metodo riproduttivo.

Sempre secondo quanto asserito dalla dottoressa, “gli omosessuali sono in realtà degli asessuati omoerotici che stanno annientando il cristianesimo. L’omosessualità è un disturbo istrionico della personalità che pochi psichiatri hanno eletto a condizione normale di un essere umano”.

Nonostante il dibattito sia ancora molto acceso e le posizioni nettamente contrastanti, il presidente della società italiana di psichiatria Mencacci ha dichiarato che attualmente non risultano professionisti psichiatri che proclamino una possibile cura dell’omosessualità e che sicuramente questi non fanno parte del loro consesso scientifico.

“A noi non risulta che ci siano colleghi, nostri soci che abbiamo un approccio all’identità di genere orientato a considerare l’omosessualità come una patologia”, ha concluso Mencacci.

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