Mentì sui fatti della scuola Diaz di Genova, l’agente punito con una multa di 47 euro
L'agente Nucera aveva reso falsa testimonianza raccontando di essere stato accoltellato da un no-global. Dovrà scontare un giorno di stipendio decurtato
Aveva finto di essere stato accoltellato da un manifestante all’interno della scuola Diaz a Genova, quella notte del 21 luglio 2001. Per la sua falsa testimonianza, l’agente di polizia Massimo Nucera, è stato indagato dalla questura. L’agente accusò un no-global di averlo aggredito con un coltello. A sostegno della sua tesi, Nucera mostrò addirittura il suo giubbotto antiproiettile lacerato dalla lama.
Ma quei racconti minuziosi si rivelarono falsi. Sulla base di quanto si apprende dalle sentenze trascritte, Nucera aveva “accusato di tentato omicidio una persona non identificata pur sapendola innocente”, e si era procurato da solo o con l’aiuto di un altro agente i maldestri tagli sul giubbotto”.
L’agente era stato condannato a tre anni di reclusione per aver reso falsa testimonianza, ma il caso cadde in prescrizione. Fino all’ultima sentenza della commissione di disciplina di polizia e alla conseguente pena: una multa di 47 euro, sanzione che corrisponde pressapoco a una sola giornata di sospensione dal suo stipendio.
Una decisione firmata nel 2015 dall’allora capo della polizia, Alessandro Pansa.
Dopo la sentenza della Cassazione nel 2012, intervenne l’organo disciplinare della polizia cui spettò il compito di valutare la sanzione da comminare a Nucera per aver reso falsa testimonianza “al fine di giustificare la violenza” contro persone indifese e aver falsamente dichiarato che alla scuola Diaz i manifestanti misero in atto una vera “resistenza armata”. Tutto ciò valse a Nucera un mese di sospensione dallo stipendio.
Dopo anni da quella decisione, di recente è intervenuto il capo della polizia che ha riconsiderato la sanzione comminata e l’ha modificata a un solo giorno di sospensione.
La decisione finale è stata presa sulla base di una serie di valutazioni sulla personalità di Nucera, considerato dai suoi superiori un agente prezioso e disciplinato, grazie “al suo ottimo stato di servizio” e alle “capacità dimostrate”.
Ma Nucera non è nuovo a episodi simili a quelli di Genova anche negli anni successivi. L’agente era stato imputato e poi condannato, quindi ancora una volta prescritto nel 2010, in un altro processo per falsa testimonianza.
Al termine di una partita di basket tra le squadro di Teramo e Roseto, tre poliziotti picchiarono “senza alcuna valida giustificazione un tifoso del Teramo”. I responsabili vennero tutti condannati, compreso Nucera, il quale raccontò che il tifoso si era fatto male “prima” della rissa.
In quella notte di orrori a Genova, quindici anni fa, 61 attivisti rimasero feriti e 125 agenti vennero sottoposti a inchiesta. La Cassazione giunse all’epilogo sentenziando che “quella notte vi fu una consapevole preordinazione di un falso quadro accusatorio, realizzato in un lungo arco di tempo intercorso tra la cessazione delle operazioni e il deposito degli atti in procura”.
Nelle 186 pagine di motivazioni a supporto della condanna ai dirigenti delle forze armate che quella notte irruppero nella scuola Diaz, si parlava di “sconsiderata violenza adoperata dalla polizia”, mentre il vicequestore Michelangelo Fournier definì l’azione degli agenti al pari di una “macelleria messicana”.