“Denunciai mio fratello pro-Isis, oggi sono senza casa e senza lavoro: lo stato mi ha abbandonato”: la storia di Fouad su TPI
Il sindaco Lunghi ha detto a TPI: "Risolveremo". Fouad risponde: "Sono stanco delle promesse, attendo di entrarci nella casa, merito una risposta"
Era fine 2015. Fouad Bamaarouf, cittadino di Monselice, in provincia di Padova, originario del Marocco, andò dai carabinieri.
Violò il vincolo familiare, violò il vincolo dell’appartenenza ad una comunità religiosa e segnalò ai militari che il fratello, poi espulso, visitava e frequentava siti pro-Isis, che inneggiavano alla guerra santa.
Da allora Fouad ha perso tutto e ora è sotto sfratto, che dovrebbe essere eseguito domani. Fouad diventò un simbolo, applaudito dai partiti, si avvicinò alla Lega che sponsorizzò il caso, promettendo casa e appoggio all’eroe marocchino che piaceva ai padani.
Passano gli anni e per Fouad, altro che encomio, un incubo infinto. Adil, il fratello, alla fine è stato espulso con un decreto firmato dall’ex ministro Angelino Alfano.
“Aveva perso il lavoro ed era irritato – racconta Fouad a TPI – sempre più nervoso. Aveva lasciato la sua casa, così venne a vivere con me. Cominciai a vedere i siti che visitava. Gli intimai di smetterla, ma poi decisi di segnalare tutto ai carabinieri”.
“Alla fine delle indagini, con provvedimento del ministro, è stato espulso, Adil voleva far esplodere Roma, queste le convinzioni, emerse dalle indagini del Ros dei carabinieri. Fouad raccoglie complimenti ed elogi pubblici per la segnalazione ai carabinieri del fratello. In realtà, per lui, iniziano i guai.
“La comunità islamica mi ha ignorato – spiega Fouad – la comunità italiana si è spaventata. In molti parlavano, qualcuno mi insultava così ho dovuto lasciare anche il lavoro”.
Fouad viene marginalizzato. “Un mio connazionale venne ad offrirmi alloggio e soldi, ma avrei dovuto negare tutto. Non accettai, mi hanno etichettato come traditore, amico dei carabinieri”. Fouad racconta di insulti, minacce, di essere stato picchiato e di aver denunciato tutto. Un calvario che ora si completa di un’ultima tappa: lo sfratto esecutivo. Deve lasciare la casa.
“Io volevo andare via da qui perché scadeva il contratto– spiega Fouad – ma nessuno ha voluto affittarmi una casa perché io sono il marocchino che ha segnalato il fratello. Le persone hanno paura. Dove mi trovo la casa è ridotta male, io non sto pagando l’affitto perché non è stato rinnovato il contratto, ora mi troverò in mezzo alla strada”.
Non paga dopo un diverbio con il proprietario l’affitto in un’abitazione, tra l’altro, in cattivo stato conservativo. Fouad ha provato in ogni modo, ha girato le agenzie del paese, munito di tutti i documenti, ma non ha trovato una casa e, al momento, neanche un lavoro.
Si è fidato della Lega: “Io sono iscritto alla Lega, mi è stato vicino il mio avvocato che è iscritto al partito”. Il leghista Fouad, cittadino modello, però è stato lasciato solo. Eppure Fouad aveva ricevuto promesse dal sindaco di Monselice, Francesco Lunghi, che guida una giunta di centro-destra.
“Mi aveva promesso una casa in località segreta, ma al momento niente, solo annunci. Ho diritto ad una vita decente. Io voglio lavorare e vivere in una casa esattamente come accadeva prima della mia scelta di denunciare mio fratello”.
Il sindaco Lunghi spiega a TPI: “Quando sarà eseguito lo sfratto troveremo una sistemazione, è già pronta una casa dove vivrà da solo. Ci vogliono tre, quattro giorni, in questo breve periodo sarà sistemato in un albergo. Per lui scavalchiamo la graduatoria per le case popolari nella quale è iscritto perché è una situazione emergenziale”.
Una promessa che Fouad commenta così: “Sono stanco delle promesse, attendo di entrarci nella casa, merito una risposta”. Una risposta che sarebbe un messaggio per tutti ‘denunciare conviene’ perché fino a questo momento il messaggio che è arrivato è stato esattamente il contrario.