Chi è Franca Viola, la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore
Fu la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore, lottando per processare e far condannare l'uomo che aveva fatto violenza su di lei
Franca Viola è stata la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore, nel 1966, divenendo il simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione femminile. Grazie al suo gesto, infatti, venne aperta la strada che portò poi, nel 1981, all’abrograzione delle norme sul delitto d’onore e sul matrimonio riparatore.
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Franca nacque nel 1948 ad Alcamo, in Sicilia, da una famiglia di contadini. Nel 1963, frequentò per circa sei mesi Filippo Melodia, che scoprì essere un affiliato della mafia e che per questo si rifiutò di sposare, lasciandolo. Melodia partì per la Germania, ma dopo un anno decise di rientrare in Sicilia e riconquistare Viola.
Dopo i rifiuti della ragazza, Melodia la rapì e la tenne in ostaggio, contando sul fatto che non sarebbe stato punito per le sue azioni violente. Un giorno l’uomo e i suoi complici attesero che il padre di Viola uscisse, per poi irrompere in casa e rapire la ragazza. Melodia la tenne prigioniera in una fattoria abbandonata per una settimana e la violentò ripetutamente.
A quel tempo un crimine del genere sarebbe stato annullato se la coppia si fosse unita in un “matrimonio riparatore”, che valeva all’uomo il perdono per i suoi atti violenti e alla donna il ristabilimento del suo onore. Non si trattava semplicemente di una tradizione, bensì di una vera e propria norma del codice penale italiano, che prevedeva anche il “delitto d’onore”, ovvero una consistente riduzione della pena per chi commettesse un delitto, anche di tipo omicidiario, mosso dalla necessità di salvaguardare il proprio onore.
Nella sostanza, l’ordinamento italiano legittimava con questa norma l’assassinio delle donne che commettevano adulterio.
Viola, con il sostegno di tutta la sua famiglia, invece di accettare il matrimonio trascinò Melodia in tribunale con l’accusa di “violenza carnale” e intimidazione.
Il processo ebbe una risonanza mediatica che andò ben oltre i confini della piccola città di Alcamo e Viola divenne il simbolo della lotta per l’emancipazione femminile nell’Italia del secondo dopoguerra.
Melodia fu condannato a undici anni di carcere. La pena scese a dieci, a seguito del processo di appello, mentre sette dei suoi complici furono condannati a quattro anni di reclusione.
Nel dicembre 1968 Viola sposò il venticinquenne Giuseppe Ruisi, suo amico d’infanzia, che insistette a sposarla nonostante lei cercasse di distoglierlo dal proposito per proteggerlo da eventuali ritorsioni.
Melodia uscì di galera nel 1976 e gli fu vietato di risiedere in Sicilia a causa dei suoi legami persistenti con la mafia. Fu assassinato a Modena due anni dopo.
Solo nel 1981 la norma invocata a propria discolpa dall’aggressore, l’articolo 544 del codice penale, venne abrogata con la legge 442 e solamente nel 1996 lo stupro venne legalmente riconosciuto in Italia non più come un reato “contro la moralità pubblica”, bensì come un crimine “contro la persona”.
“Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori” sono le parole di Viola in un’intervista di Riccardo Vescovo.
Franca vive ancora ad Alcamo con il marito, i due figli e i suoi nipoti. L’otto marzo 2014, in occasione della festa della donna, è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.