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Il mistero irrisolto della scomparsa di Emanuela Orlandi

Immagine di copertina

La sera del 22 giugno 1983, una ragazza di 15 anni spariva nel nulla dando vita a uno dei misteri più oscuri della storia italiana, ancora oggi irrisolto

Emanuela Orlandi scomparsa | Aveva 15 anni quando scomparve e aveva appena terminato il secondo anno del liceo.

La sera del 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi finì la sua lezione di flauto presso la scuola di musica Tommaso Ludovico da Victoria in piazza Sant’Apollinare, nel centro di Roma, e chiamò sua sorella per dirle che le era stato proposto un lavoro come promotrice di prodotti cosmetici.

Fu l’ultima volta che la sua famiglia sentì la sua voce.

Il mistero sulla scomparsa di Emanuela Orlandi negli anni ha visto le indagini seguire numerose piste. Alcune di queste hanno coinvolto lo Stato Vaticano, l’Istituto per le Opere di Religione (Ior), la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano, Mehmet Ali Ağca (il criminale turco responsabile dell’attentato del 1981 a Giovanni Paolo II), il governo italiano e i servizi segreti di diversi paesi.

Il caso inoltre si è intrecciato a quella di un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, anche lei quindicenne, che scomparve il 7 maggio 1983.

Emanuela Orlandi: la ricostruzione del caso | Il giorno della scomparsa

Secondo una delle ricostruzioni dei fatti, dopo quella chiamata, Emanuela incontrò un’amica e le raccontò della proposta appena ricevuta, confidandole che prima di tornare a casa sarebbe rimasta ad aspettare l’uomo che le aveva offerto il lavoro.

Un vigile urbano disse di averla vista salire su una Bmw. Da allora si persero le sue tracce.

Emanuela era cittadina dello Stato Vaticano ed era figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia.

Inizialmente si pensò a un tipico caso di ribellione adolescenziale e allontanamento volontario dalla famiglia, ma il caso Orlandi diventò presto uno dei più oscuri misteri della storia d’Italia.

Nel corso delle indagini sono state seguite numerose piste che hanno coinvolto lo Stato Vaticano, l’Istituto per le Opere di Religione (Ior), la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano, il governo italiano e i servizi segreti di diversi paesi.

Il suo caso si è intrecciato a quella di un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, anche lei quindicenne, che scomparve il 7 maggio 1983.

Il 23 giugno il padre sporse denuncia ai carabinieri e i giornali diffusero la notizia della scomparsa. Iniziarono ad arrivare subito delle telefonate, principalmente di sciacalli e mitomani.

Emanuela Orlandi: la ricostruzione del caso | Il coinvolgimento della banda della Magliana

In seguito però si aprirono diverse piste. Per molti anni non ci sono state novità, fino al luglio del 2005, quando una telefonata anonima alla trasmissione televisiva Chi l’ha visto riaccese l’interesse su una vicenda ormai considerata irrisolvibile.

“… Per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all’epoca”, disse una voce maschile anonima.

Con “Renatino” si riferiva a uno dei capi della Banda della Magliana, Enrico de Pedis. Successivamente si scoprì che in quella tomba – che fu aperta il 14 maggio del 2012 – furono ritrovati i resti di de Pedis ma non della Orlandi. 

Secondo il fratello Pietro Orlandi, il sequestro è un “proseguimento dell’attentato a Giovanni Paolo II, avvenuto il 31 maggio 1981”, da parte di Mehmet Ali Ağca, un criminale turco responsabile di aver sparato due colpi di pistola contro il Papa.

Secondo l’avvocato Nicoletta Piergentili Piromallo, uno dei legali della famiglia Orlandi, Ali Ağca “da tempo continua a ripetere che sa dove è Emanuela Orlandi. Anche solo per fugare dubbi e interrogativi l’ex lupo grigio va ascoltato dalla magistratura italiana che da anni indaga sulla scomparsa della ragazza”.

“…stiamo parlando di una inchiesta che va avanti ormai da quasi 32 anni. È evidente che c’è la volontà da parte di qualcuno di non arrivare alla verità: il Vaticano ha ostacolato le indagini senza rispondere alle varie rogatorie e impedendo l’acquisizione di alcune telefonate”, ha detto Pietro Orlandi nel febbraio del 2015, in occasione di una manifestazione davanti al palazzo di Giustizia a Roma con cui si ricordava il caso di Emanuela.

Emanuela Orlandi: la ricostruzione del caso | Il ruolo del Vaticano

Nonostante gli appelli della famiglia, il Vaticano non è mai intervenuto ufficialmente sul caso. Il 5 maggio del 2015 il capo della Procura della Repubblica di Roma, il Giudice Giuseppe Pignatone, ha chiesto l’archiviazione del caso, ritenendo che ormai non possano emergere nuovi elementi sulla vicenda.

La famiglia di Orlandi ha lanciato una petizione per impedire l’archiviazione del caso di Emanuela Orlandi e i legali che se ne occupano hanno presentato ricorso, chiedendo di approfondire alcune piste.

Finora alcuni esponenti della curia romana, che secondo gli avvocati della famiglia Orlandi potrebbero avere informazioni sul caso, non sono mai stati interrogati. La Procura ha inoltre chiesto l’archiviazione anche per il caso di Mirella Gregori.

Alcuni mesi fa, il giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi ha pubblicato lunedì 18 settembre 2017 un documento, ricevuto da una fonte interna al Vaticano, che riapre il mistero dietro la scomparsa di Emanuela Orlandi, figlia di un commesso della Casa Pontificia e cittadina dello Stato Vaticano svanita nel nulla la sera del 22 giugno 1983 quando aveva 15 anni.

Il caso della sparizione di Orlandi è al centro di un nuovo libro-inchiesta del giornalista intitolato Gli impostori, che uscirà tra qualche giorno.

Fittipaldi, che ha già pubblicato una serie di inchieste sulla Santa Sede, non è in grado di provare l’autenticità del documento. Il suo formato sembra compatibile con quello di altre carte ricevute dal giornalista in passato, il suo contenuto è dettagliato e verosimile.

Tuttavia, il documento non è protocollato (reca al suo interno una dicitura per cui la mancata protocollatura sarebbe stata esplicitamente richiesta) né sembra rispondere concretamente a numerosi interrogativi, ma il suo contenuto, qualora si trattasse di un documento realmente autentico, conterrebbe rivelazioni davvero incredibili.

Il documento sembra mostrare infatti che nel periodo compreso tra il 1983 e il 1997 il Vaticano spese circa 483 milioni di lire per svolgere indagini sulla vicenda di Emanuela Orlandi, per effettuare il trasferimento di una persona nel Regno Unito, per pagare un alloggio in un ostello femminile di Londra e per una serie di visite mediche, alcune di tipo ginecologico.

Si tratta di una scoperta molto importante perché il Vaticano ha sempre negato di avere informazioni ulteriori rispetto a quanto già condiviso con i giudici italiani che hanno condotto le indagini in questi ultimi trentaquattro anni.

Ma vediamo in cosa consiste esattamente il documento.

Si tratta di una lettera di cinque pagine datata marzo 1998 e firmata dal cardinale Lorenzo Antonetti, allora capo dell’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica). Risulta indirizzata ai monsignori Giovanni Battista Re, all’epoca sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato del Vaticano, e Jean-Louis Tauran, a capo della sezione “Rapporti con gli stati” che coadiuva il pontefice.

La lettera è intitolata “Resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi (Roma 14 gennaio 1968)” e dal suo testo si evince che avrebbe dovuto essere accompagnata da circa 200 pagine di fatture e ricevute che attesterebbero le spese compiute dal Vaticano per la giovane scomparsa, relative al periodo 1983-1997. Tuttavia queste fatture non erano contenute nel fascicolo consegnato a Fittipaldi.

Qui sotto l’originale della lettera in possesso del giornalista:

La prima voce di spesa contenuta nel documento riguarda il pagamento di una “fonte investigativa presso Atelier di moda Sorelle Fontana”,  per 450mila lire. Nella sua ultima telefonata prima di sparire, Emanuela aveva detto alla sorella che le era stato proposto un lavoro come promotrice di prodotti cosmetici mentre si trovava a una sfilata delle stiliste Fontana.

C’è poi una spesa analoga anche per la preparazione di attività investigativa estera e uno “spostamento” per il Regno Unito, costato 4 milioni di lire. La rendicontazione prosegue con il pagamento delle rette di vitto e alloggio presso un ostello della gioventù per ragazze presso un istituto religioso di Londra.

Nella seconda e nella terza pagina, la nota racconta inoltre i costi sostenuti per l’“allontanamento domiciliare” di Emanuela tra febbraio 1985 e febbraio 1988. La lista prosegue con una serie di viaggi a Londra di esponenti della Curia, ma contiene anche una voce che recita “attività investigativa relativa al depistaggio”, spese mediche in ospedali e fatture per specialisti in ginecologia. Vengono poi citati altri due trasferimenti e relative rette di vitto e alloggio.

Una nuova voce che recita “allontanamento domiciliare” si riferisce invece al periodo tra aprile 1993 e luglio 1997. L’elenco si conclude con la spesa per “attività generale e trasferimento presso Stato Città del Vaticano, con relativo disbrigo pratiche finali”, come a significare che la pratica è considerata chiusa.

Indizi che lascerebbero pensare che Emanuela Orlandi non sarebbe stata rapita o uccisa, ma che il Vaticano la avrebbe allontanata da Roma e tenuta nascosta a Londra. Ciò che non è assolutamente chiaro è quale possa essere la ragione per cui ciò sarebbe potuto avvenire, ed è uno dei punti deboli del documento diffuso.

Già altre fonti, prima del giornalista Fittipaldi, in occasione del processo denominato “Vatileaks” avevano parlato di un dossier del Vaticano sul caso Emanuela Orlandi, il cui contenuto era ancora sconosciuto. Tra queste, anche la famiglia Orlandi, che a giugno 2017 ha chiesto di riaprire il caso e incontrare il segretario di Stato Parolin per sapere in che modo la Santa Sede aveva seguito la vicenda.

Dopo la sua pubblicazione, la Santa Sede ha definito “falso e ridicolo” il documento e l’ex sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato del Vaticano, Giovanni Battista Re, ha negato di aver mai ricevuto una rendicontazione delle spese relativa al caso Emanuela Orlandi.

Secondo Fittipaldi, se anche il documento non dovesse essere autentico, testimonierebbe una spaccatura all’interno della Curia. Potrebbe, in particolare, essere stato costruito appositamente dopo il furto di marzo 2014 in un armadio blindato dell’ufficio della Prefettura degli Affari economici del Vaticano, per poi essere consegnato dai ladri insieme ad altri documenti veritieri.

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