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Il sonno della politica ha generato un caos a Roma

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La confusione politica che si sta creando a Roma in vista delle elezioni amministrative è il frutto di anni di latitanza da parte della politica

Roberto Giachetti è il candidato del centrosinistra a sindaco di Roma per le elezioni del 2016, dopo aver vinto le primarie. O meglio del Partito Democratico, dal momento che Stefano Fassina correrà per Sinistra Italiana e Sinistra Ecologia e Libertà. Ma non è detto, dal momento che quei partiti potrebbero ricandidare l’ex sindaco Ignazio Marino. O forse no, e quest’ultimo potrebbe correre da solo, aumentando la confusione.

Ma veniamo al centrodestra: Guido Bertolaso è il candidato di tutta la coalizione, all’inizio. Poi la Lega Nord si sfila, e organizza una consultazione nei gazebi, in cui il più votato è Alfio Marchini, il quale però sarà sostenuto dalla sua lista civica e, pare, dalle formazioni politiche centriste e moderate, ma non dalla Lega Nord.

La Lega, infatti, sosterrà la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. E Guido Bertolaso sarà quindi sostenuto solo da Forza Italia.

Il Movimento Cinque Stelle, invece, come sempre corre da solo, con la sua candidata Virginia Raggi, così come da solo corre Francesco Storace per La Destra. Tutto questo senza considerare le candidature di Simone Di Stefano di CasaPound, Alfredo Iorio del Movimento Sociale Italiano, Claudio Lozzi della Democrazia Cristiana, Alessandro Mustillo del Partito Comunista e Carlo Rienzi dei consumatori del Codacons.

E, a grande sorpresa, la disponibilità da parte dell’ex sindaco di Verona Flavio Tosi a candidarsi sindaco di Roma.

Una folla incredibile, soprattutto se si pensa che alle elezioni mancano oltre due mesi, che porterà sicuramente a una forte frammentazione dell’elettorato, probabilmente a una campagna elettorale agguerrita e quasi matematicamente a un ballottaggio.

Il tutto reso ancora più confuso se si pensa che Roma sarà chiamata al voto per la quarta volta in dieci anni – la seconda dopo l’interruzione anticipata del mandato di un sindaco -, e che proprio dieci anni fa i due candidati più votati, Walter Veltroni e Gianni Alemanno, insieme arrivarono praticamente al 99 per cento dei voti.

La presenza di tanti candidati in una competizione ovviamente non significa che la democrazia e la politica non funzionino, anzi, può essere proprio la manifestazione del loro funzionamento. Ma in questo caso, visto il modo disordinato con cui entrano nella contesa, caratterizzato da litigi e accordi mancati, è il segno che a Roma esiste un grande problema politico che coinvolge l’intera città.

Abbiamo detto poco sopra di come il sistema politico capitolino sia cambiato profondamente in soli dieci anni. Un cambiamento che è avvenuto parallelamente a quello che si è visto su scala nazionale, ma che ha radici più profonde.

Intanto, Roma è una realtà molto complessa. Il suo tessuto urbano e demografico è estremamente eterogeneo e distribuito su un territorio vastissimo – pari a oltre dieci volte quello di Milano – che comprende non solo un centro storico e la periferia, ma realtà ben più variegate che vanno dai borghetti, all’aperta campagna, a enclavi urbani tagliati fuori dal resto della città.

Il sindaco di Roma è dunque un lavoro estremamente difficile, forse tra i più difficili al mondo, che ha bisogno di essere svolto con la massima passione, attenzione e competenza e retto da una squadra forte e impegnata nella risoluzione dei numerosi problemi.

Ecco, esattamente quello che è mancato numerose volte, che ha portato la politica a divenire sempre più debole e la cui conseguenza – complice un momento a livello nazionale di cambiamenti politici in divenire – è una situazione estremamente confusa in vista delle prossime elezioni amministrative.

A Roma abbiamo assistito negli ultimi anni a scandali che vanno dalla parentopoli delle aziende municipalizzate della città fino a Mafia Capitale e alla vicenda delle dimissioni del sindaco Ignazio Marino, che altro non sono che la conseguenza di un’azione politica debole e di un’amministrazione che tiene la guardia bassa di fronte ai continui ed estremamente complessi problemi di una città che non è facile da leggere e da conoscere affondo.

E quando la politica si trova all’angolo, troppo spesso ha spostato l’attenzione su quelle questioni che sono sì gravi e preoccupanti, ma altro non sono che la conseguenza dei problemi sopracitati: la mancanza di una reale attenzione che permetta di interpretare una delle città più complesse al mondo.

Uno su tutti? Le buche, uno dei problemi quasi proverbiali di Roma. Ma come si può risolvere quando in città si hanno migliaia di chilometri di strade da gestire? Dal punto di vista tecnico, con una colata d’asfalto. Dal punto di vista concettuale, con un piano che con il cuore e con la testa rimetta, piano piano, a posto le strade della città con una progettualità a medio e lungo termine.

La progettualità, la voglia di pianificare e di guardare lontano sono mancati alla politica degli ultimi anni a Roma. Ed è questo che ha portato alla differenza tra una reale politica locale che faccia il suo lavoro e un gruppo di amministratori che hanno agito in ordine sparso.

Una progettualità che per essere tale deve guardare lontano e deve essere fatta da un gruppo di persone che abbia la forza e la volontà per andare oltre tutti quegli ostacoli, si chiamino essi gruppi di potere, privilegi consolidati o altro che hanno tenuto la politica romana legata alla necessità impellente e incapace di avere un’idea universale per una città che ha scritto la storia del mondo.

E oggi, per questa ragione, ci troviamo una città con infrastrutture bloccate da anni, sindaci dimissionari, scandali e problemi che si sommano a quelli già esistenti. E questa totale assenza di progettualità, dovuta in gran parte alla latitanza politica, si ripercuote nella scelta dei candidati per le prossime elezioni amministrative.

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