La politica è maschio: i dati (sconfortanti) sulla rappresentanza femminile nei luoghi del potere
I posti di potere decisionale in Italia, a livello comunale e via via fino al parlamento, sono occupati in maniera preponderante da uomini. E non è una novità. La politica è maschio. Da sempre.
Ma i dati che abbiamo messo fanno emergere un quadro ancora più allarmante di quello che immagineresti:
I dati sulla rappresentanza femminile nei Consigli regionali italiani
Negli ultimi anni le donne candidate e quelle elette nei Consigli regionali, nonostante i miglioramenti, sono ancora troppo poche. Fino al 2011 vi era solo una donna su 10 nelle Assemblee elettive. Dal 2012 in poi, la percentuale di donne elette sul totale dei consiglieri regionali è aumentata del 55 per cento, passando dall’11,38 per cento al 17,60 per cento.
L’indice di successo delle donne, ovvero il rapporto tra il numero delle candidature e le attuali elezioni, è molto basso. La media nazionale è 0,47. Dato ancora più preoccupante al sud, dove la difficoltà delle donne a farsi eleggere è ancora alta: l’indice di successo è dello 0,31.
Per comprendere questo dato c’è da sapere che quando l’indice è 1, vi è perfetta corrispondenza tra la quota di elette rispetto alla quota di candidate, ovvero tutte le candidate risultano elette.
Da una veloce occhiata al grafico si può notare come il numero di consiglieri di sesso femminile è decisamente esiguo: il dato peggiore riguarda la Basilicata, con 0 consigliere donna, seguono poi la Calabria, con una sola consigliera su 30 e la Liguria con 3:
Se prendiamo in considerazione il dato del solo governatore della regione, notiamo che la disparità è ancora più accentuata.
Una sola regione è guidata da un presidente donna, l’Umbria, con Catiuscia Marini del Partito democratico, mentre la Basilicata è guidata da Flavia Franconi, vicepresidente supplente subentrata a Marcello Pittella, dopo le sue dimissioni per effetto della legge Severino.
La mappa delle regioni italiane:
Le donne in politica: un quadro allarmante
Se i dati peggiori si hanno proprio a livello regionale, i dati più confortanti, o meglio meno disperati, si hanno a livello comunale dove, dopo gli sforzi introdotti con la legge 215 del 2012, le donne elette sono passate al 30 per cento del totale.
La legge ha previsto dei correttivi: nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati e ha introdotto la doppia preferenza di genere: pena l’annullamento delle schede, è possibile esprimere due preferenze purché riguardanti due candidati di sesso diverso.
A livello di parlamento nazionale l’equilibrio tra i generi è lontanissimo dall’essere raggiunto, nonostante negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a un aumento delle deputate e delle senatrici elette.
Qui due grafici riassumono la situazione: