Sette domande per la sindaca di Torino sul caos in piazza San Carlo
Il panico scoppiato nella città della Mole sabato sera ha provocato 1.527 feriti. Questo numero poteva essere limitato? Quali sono le responsabilità del Comune?
Nella serata di sabato 3 giugno 2017 in piazza San Carlo a Torino, mentre i tifosi della Juventus assistevano alla finale di Champions League contro il Real Madrid, un momento di panico e caos ha provocato un totale di 1.527 feriti, di cui cinque in gravi condizioni, secondo quanto comunicato dalla prefettura nella mattinata di domenica 4 giugno.
Due donne sono ancora ricoverate all’ospedale Molinette, in gravi condizioni ma stabili. Mentre il bimbo cinese di sette anni che era in coma farmacologico sta leggermente meglio, ed è probabile che i medici tenteranno di svegliarlo nella giornata di oggi, secondo quanto riportato dai media locali.
Stando alle prime ricostruzioni sui fatti accaduti la sera di sabato, lo scoppio di un petardo avrebbe generato il panico tra la folla che avrebbe cominciato a tentare in un tutti i modi di abbandonare la piazza, intasando le vie di fuga e correndo sulle migliaia di pezzi di vetro di bottiglie rotte disseminate nell’area.
Sarebbero proprio la calca e la corsa su quei cocci taglienti le principali cause delle lesioni per le oltre 1.500 persone ricoverate negli ospedali di Torino.
Mentre la maggior parte dei feriti è stata dimessa, ci si interroga sulle dinamiche dell’accaduto e sulle possibili responsabilità della sindaca M5S Chiara Appendino e della macchina organizzativa messa in campo per l’evento: si controllano i video, si esaminano le ordinanze comunali emesse in occasione della proiezione della finale e si verificano le misure di sicurezza predisposte dalla prefettura di concerto con l’amministrazione comunale.
Nel pomeriggio di lunedì 5 giugno, in consiglio comunale, la sindaca Chiara Appendino potrebbe rispondere in merito ai tanti quesiti che si stanno sollevando nelle ultime ore, anche dai consiglieri di opposizione: al di là del panico e delle reazioni della folla dinanzi a possibili falsi allarmi, c’è da capire se e come il numero dei feriti poteva essere limitato.
L’Appendino dovrebbe chiarire alcuni punti chiave che restano, per ora, degli interrogativi aperti:
1. Le prime stime parlano di 50mila presenza in piazza San Carlo, ma l’area poteva contenere questa enorme onda umana, o, forse, già da alcune ore nel tardo pomeriggio, si era superato il numero massimo di pubblico?
2. Il numero delle vie di fuga era adeguato ai tifosi presenti in piazza?
3. Qual era il piano di azione per la gestione di eventi di panico generalizzato come quello che si è verificato sabato sera?
4. C’è stato, nelle giornate precedenti, un coordinamento tra il comune di Torino e le forze dell’ordine?
5. Diversi testimoni riportano che in piazza si sono visti molti venditori abusivi che hanno distribuito birra fin dalle prime ore del pomeriggio. È vero che l’ordinanza emessa dal Comune non prevedeva il divieto per l’uso e la vendita di bevande con contenitore di vetro? E se sì, perché non è stato previsto?
(Di seguito l’ordinanza emessa dal Comune il 1 giugno. L’articolo continua dopo le immagini)
6. Quante persone controllavano a questo fine la piazza?
7. Perché l’ente organizzatore dell’evento, denominato “Turismo Torino”, ha previsto un solo maxischermo in piazza, anziché i soliti due, con un effetto imbuto per le folla in fuga e con difficoltà all’accesso per le ambulanze?
Sull’ultimo quesito e sulla questione della delibera sulla vendita di bevande con contenitore di vetro, il Comune aveva precisato ieri in una nota riportata dalle testate locali “che il soggetto organizzatore della serata in piazza per la Champions, Turismo Torino, ha operato con le medesime modalità messe in atto nel 2015 in occasione della finale proiettata il 6 giugno”.
“Anche in quel caso”, prosegue la nota del Comune “la Città, con propria delibera, aveva incaricato Turismo Torino quale soggetto organizzatore e non era stato approvato alcun provvedimento di ulteriore limitazione nella vendita di vetro e metallo, oltre a ciò che è previsto dall’art. 8 bis del Regolamento di Polizia urbana”.
“Pensiamo alle persone ferite”. Con queste parole, ieri mattina, la sindaca ha scelto di dribblare la questione, evadendo le domande dei giornalisti che le chiedevano conto della presenza o meno dell’ordinanza.
La sindaca, anche in consiglio comunale svoltosi nelle prime ore del pomeriggio di lunedì 5 giugno, non ha fornito spiegazioni approfondite sulle scelte compiute in vista dell’evento.
Una “ragione ignota”, per la sindaca,è quella che ha trasformato “un momento di festa in un momento di terrore e sofferenza”.
L’Appendino ha parlato di “prassi consolidata, quella usata per la gestione dell’evento”, confermando di non aver preso provvedimenti straordinari, come un’ordinanza sul vetro, che avrebbe evitato un così alt numero di feriti in piazza.
“L’evento ha seguito una prassi di atti amministrativi e di supporto organizzativo ormai consolidata”, ha dichiarato, “va precisato, inoltre, che anche in eventi recenti, che hanno visto un numero similare di persone, non sono stati adottati ulteriori provvedimenti di limitazione alla vendita di alimenti o bevande in vetro o lattine, anche alla luce della sanzionabilità della vendita abusiva comunque prevista dalle norme vigenti”.