Il Demanio formalizza lo sfratto di CasaPound: la denuncia depositata in procura
Il Demanio chiede lo sfratto di CasaPound: la situazione
Un danno contestato da 4,6 milioni di euro: ai funzionari del Demanio e del Miur che per 10 anni non hanno alzato un dito per chiedere lo sfratto di CasaPound e che ora finalmente trova formalizzazione.
È stata infatti depositata in procura la denuncia del Demanio per sfrattare gli occupanti dello stabile in via Napoleone III. Si tratta di un esposto firmato dal prefetto Riccardo Carpino che potrebbe far balzare in cima alla lista degli sgomberi la sede dei Fascisti del Terzo Millennio.
La denuncia si chiude con una richiesta di risarcimento milionaria ai danni degli occupanti. Per anni, infatti, hanno tolto dalla disponibilità dello Stato uno stabile enorme: 58 locali, 3 magazzini e 2 sale conferenze alle spalle della stazione Termini sono, ormai da quasi 16 anni, la casa di 60 persone legate al movimento di Gianluca Iannone.
Gli occupanti
Gli abitanti di via Napoleone III non sono affatto dei nullatenenti: tra loro ci sono anche un’insegnante di un asilo comunale, un dipendente di Zètema, una travet di Cotral e un impiegato del policlinico Umberto I. Ma anche dipendenti di Comune e Regione Lazio. Attivisti che per la corte dei Conti vivono “in condizioni reddituali lungi dal presentare le connotazioni tipiche dell’emarginazione sociale”. Quindi da sfrattare, come ha già chiesto alla procura anche l’Anpi.
L’obiettivo è fare tabula rasa del passato, delle lungaggini burocratiche e degli errori, e rientrare in possesso del palazzone che i “fascisti del terzo millennio” occupano ormai dal 27 dicembre 2003. Uno stabile nel cuore dell’Esquilino, al civico 8 di via Napoleone III, che vale quasi 12 milioni di euro e che ha avuto una storia a dir poco travagliata.
Di recente, è stata proposta una petizione online, sostenuta anche da diverse persone celebri, in cui si chiedeva l’immediato sgombero dell’edificio.
Nella giornata di mercoledì 26 giugno, invece, la sindaca Virginia Raggi, che in passato ha polemizzato con il ministro dell’Interno Matteo Salvini per il mancato sgombero del palazzo, ha ordinato la rimozione della scritta di marmo che campeggia sull’edificio.