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Delitto di Avetrana, la ricostruzione completa della storia

Immagine di copertina

Il 26 agosto 2010 la 15enne Sarah Scazzi scompare ad Avetrana: a confessare l'omicidio è lo zio Michele Misseri, ma il processo stabilità un'altra verità, forse ancora più atroce

Delitto di Avetrana, la ricostruzione completa.

Il delitto di Avetrana è stato il caso di cronaca che, forse più di ogni altro, ha attirato l’interesse dell’opinione pubblica negli ultimi anni. Un delitto tutto consumato in famiglia, un intreccio mortale tra una ragazzina, sua cugina e i gli zii.

Una storia inquietante che ha visto moltissimi colpi di scena: la scomparsa di Sarah, un mese di ricerche, l’iniziale confessione di Michele Misseri che sembrava aver risolto il caso, poi le attenzioni che si sono focalizzate sulla figlia di Misseri e cugina di Sarah, Sabrina, il processo e la condanna all’ergastolo.

Ecco una ricostruzione della vicenda dall’inizio alla conclusione.

La scomparsa di Sarah Scazzi

Il 26 agosto 2010 la 15 enne Sarah Scazzi ha un appuntamento con la cugina Sabrina Misseri nelle prime ore del pomeriggio per fare una gita al mare. Sarah esce di casa ma, apparentemente, non raggiunge mai casa Misseri, distante solo poche centinaia di metri.

Dopo poche ore viene denunciata la sua scomparsa. Il caso attira subito l’attenzione dei media: dove è finita Sarah? Inizialmente si pensa a una fuga volontaria o a un rapimento.

Tra le persone che si prodigano maggiormente non solo nelle ricerche, ma anche negli appelli in televisione, ci sono lo zio di Sarah, Michele Misseri, e la cugina della ragazza, Sabrina Misseri.

Per un mese le ricerche vanno avanti in maniera infruttuosa finché, il 29 settembre 2010, Michele Misseri denuncia il ritrovamento del cellulare di Sarah nella campagna di Avetrana.

La circostanza insospettisce subito gli inquirenti: possibile che a ritrovare il cellulare sia stato proprio lo zio della ragazza scomparsa? La famiglia Misseri, in realtà, fin dall’inizio era finita nel mirino degli investigatori.

Sarah doveva andare proprio a casa loro quel pomeriggio. Nell’abitazione vengono messe delle cimici per captare eventuali conversazioni compromettenti, ma nulla di rilevante accade fino al ritrovamento del cellulare.

La confessione di Michele Misseri

Messo sotto torchio dagli inquirenti, che non credono alla casualità del ritrovamento del cellulare, Michele Misseri confessa il delitto dopo un interrogatorio fiume il 6 ottobre 2010.

La confessione avviene mentre è in corso la diretta del programma Chi l’ha visto? su Rai Tre, in cui erano presenti Concetta Serrano ; Sabrina Misseri ; e infine la madre di Sarah Scazzi.

Michele Misseri indica anche il luogo in cui ha occultato il cadavere, che viene quindi ritrovato. Misseri sostiene di essere stato colto da un raptus di natura sessuale e di aver prima violentato e poi ucciso la nipote.

Il caso sembra quindi risolto. La figlia di Michele Misseri e cugina di Sarah, Sabrina, rilascia altre dichiarazioni in tv in cui si dichiara sconcertata su come il padre abbia potuto nasconderle il delitto per così tanto tempo.

Michele Misseri ritratta e accusa la figlia

Il 15 ottobre 2010, a soli 9 giorni dalla sua confessione, Michele Misseri ritratta e accusa la figlia Sabrina, che avrebbe ucciso Sarah dopo che un gioco tra loro era degenerato in litigio.

Il giorno dopo Sabrina Misseri viene arrestata con l’accusa di concorso in omicidio. Successivamente, dopo che l’esame sul corpo della ragazza aveva escluso qualsiasi tipo violenza sessuale, Michele Misseri ritratta ulteriormente, affermando di essere stato chiamato dalla figlia Sabrina solo dopo l’omicidio per occultare il cadavere.

L’accusa per Sabrina Misseri diventa quella di omicidio. A maggio del 2011, viene arrestata anche la madre di Sabrina e zia di Sarah, Concetta Serrano, per concorso in omicidio. Nel frattempo, Michele Misseri cambia ancora una volta versione, affermando di aver accusato falsamente la figlia e di essere lui il vero autore del delitto.

Per gli inquirenti, però, questa tesi non è credibile. Vengono quindi rinviate a giudizio con l’accusa di omicidio Sabrina Misseri e Cosima Serrano, mentre per Michele Misseri l’accusa diventa quella di occultamento di cadavere.

Il movente di Sabrina: la gelosia per Ivano Russo

L’ipotesi della procura, che verrà mantenuta per tutta la durata del processo, è che il movente dell’omicidio sia la gelosia di Sabrina nei confronti di Sarah.

Sabrina era infatti innamorata di Ivano Russo, un ragazzo del paese, fino a esserne praticamente ossessionata, come testimonieranno alcune sue amiche in aula.

Un episodio in particolare avrebbe avviato la spirale che ha poi portato all’omicidio. Ivano Russo avrebbe “umiliato” Sabrina Misseri appartandosi con lei ma rifiutandosi di consumare un rapporto sessuale completo.

Il fatto arriva anche alle orecchie di Sarah, che tra le altre cose era spesso “coccolata” affettuosamente da Ivano Russo suscitando la gelosia della cugina.

Una tensione che, secondo i pubblici ministeri, si sarebbe acuita di giorno in giorno fino a diventare la causa scatenante del delitto.

Sabrina, durante il processo, cercherà sempre di minimizzare la sua infatuazione per Ivano Russo, ma verrà smentita non solo dalle testimonianza delle amiche, ma anche da un’impressionante mole di messaggi inviati allo stesso Ivano, dai quali traspare con evidenza la sua ossessione per il ragazzo.

Il comportamento di Sabrina dopo l’omicidio

Un altro elemento che riveste un peso importante nel processo riguarda il comportamento di Sabrina dopo la scomparsa di Sarah.

L’amica Mariangela Spagnoletti, che quel pomeriggio doveva andare al mare con le due cugine, riferisce che, contrariamente al solito, quando raggiunge casa Misseri trova Sabrina ad aspettarla in strada.

Per la procura questa è la prova che Sabrina non voleva far entrare l’amica in casa, per evitare che vedesse il corpo di Sarah, che nel frattempo zio Michele stava occultando.

La stessa Mariangela Spagnoletti afferma che Sabrina, poco dopo la scomparsa di Sarah, quando ancora si potevano formulare molte spiegazioni per il suo mancato arrivo a casa Misserri, avrebbe detto, in riferimento alla cugina, “l’hanno presa”, formulando così un’ipotesi estrema sulla base di un semplice ritardo.

La supertestimone: Anna Pisanò

La principale testimone contro Sabrina è Anna Pisanò, una signora di Avetrana che andava spesso a casa Misseri per dei trattamenti estetici (Sabrina infatti lavorava privatamente come estetista).

La Pisanò afferma tra le altre cose che, la sera della prima confessione di Michele Misseri, Sabrina avrebbe detto la seguente frase: “Anche io, dopo sette ore sotto torchio messa, avrei detto che ho ucciso Sarah e dove l’ho messa, ma non l’ho fatto. Dopo tante ore ti viene da dire la verità e finirla là. Però io non l’ho fatto. Papà sì, io non sono stupida”.

Questa frase viene interpretata come una confessione stragiudiziale. Sebbene Sabrina la neghi con insistenza, i giudici crederanno alla genuinità della testimonianza della Pisanò.

Il sogno del fiorario

Buona parte del processo ruota attorno alla testimonianza di un fioraio di Avetrana, Giovanni Buccolieri, il quale in un primo momento afferma di aver visto, il giorno del delitto, Sabrina e la madre Cosima mentre inseguivano Sarah e la costringevano a risalire sulla macchina dalla quale la ragazza, impaurita, era scesa.

Successivamente, Buccolieri affermerà di non ricordare se avesse davvero visto questa scena o se l’avesse soltanto sognata. Sulla natura onirica o reale di questa scena si scatena in aula una battaglia di ricostruzioni e testimonianze tra accusa e difesa.

Nel dispositivo della sentenza di condanna, viene ritenuta comunque maggiormente credibile l’ipotesi secondo cui Buccolieri avrebbe realmente assistito alla scena.

La sentenza

Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano vengono condannate all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi, mentre Michele Misseri riceve una condanna a otto anni per occultamento di cadavere.

La sentenza viene confermata in appello e in Cassazione.

Secondo la ricostruzione finale dei giudici, Sabrina avrebbe ucciso Sarah con l’aiuto della madre perché era gelosa delle attenzioni rivolte alla cugina da Ivano Russo, nei confronti del quale coltivava una vera e propria ossessione.

Le due donne stanno scontando la pena nel carcere di Taranto, dove Franca Leosini le ha intervistate.

Questo articolo è parte dello SPECIALE TPI: DELITTI E MISTERI ITALIANI. Qui la puntata sulla storia dell’assassinio di Gianni Versace 

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