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“È stata l’intera catena di comando dell’Arma dei carabinieri di Roma a coprire la verità sulla morte di Stefano Cucchi”

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Un'inchiesta di Repubblica ricostruisce come la catena di comando di Roma ha volutamente manipolato verbali e annotazioni di servizio sulle condizioni di salute in cui, dopo il pestaggio mortale, si trovava il geometra romano

L’intera catena di comando dell’Arma dei carabinieri di Roma ha coperto la verità e le responsabilità del pestaggio di Stefano Cucchi, il 31enne romano trovato morto il 22 ottobre del 2009 in una stanza del reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, dove era ricoverato da quattro giorni dopo essere stato arrestato per spaccio di droga. È quanto scrive oggi, lunedì 22 ottobre 2018, il giornalista Carlo Bonini su Repubblica in un articolo dal titolo Il generale e gli ufficiali. Così i vertici dell’Arma depistarono su Cucchi. 

Il quotidiano ha ripercorso la catena di comando e ha indicato i nomi di chi aveva dato l’ordine di modificare le carte per fare sparire ogni riferimento alle condizioni di salute di Stefano quando, dopo il pestaggio mortale avvenuto nella caserma Casilina nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, era stato trasferito nella caserma di Tor Sapienza.

L’inchiesta del quotidiano arriva dopo un’importante novità nel processo bis per la morte di Cucchi, riaperto nel 2014 grazie a una nuova perizia medica eseguita dal pubblico ministero Giovanni Musarò. L’11 ottobre 2018 Francesco Tedesco ha ammesso di avere assistito al pestaggio di Cucchi e ha accusato Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo di esserne i responsabili. Inoltre, il 12 ottobre è stato reso noto che c’erano altri due carabinieri indagati per la falsificazione dei documenti relativi alla morte del geometra: Massimiliano Colombo, comandante della stazione di Tor Sapienza, e Francesco Di Sano, un altro dei militari in servizio nella stazione.

Repubblica sostiene che l’operazione di manipolazione dei verbali, e di comunicazione all’autorità giudiziaria, è avvenuta tra il 23 e il 27 ottobre 2009 e ha avuto il suo sigillo il 30 ottobre 2009, durante una riunione avvenuta negli uffici del generale di brigata e allora comandante provinciale di Roma Vittorio Tommasone. Con lui c’erano almeno altri tre ufficiali: l’allora comandante del Gruppo Roma, il colonnello Alessandro Casarsa ( oggi comandante del reggimento corazzieri del Quirinale) e i due ufficiali che a lui gerarchicamente erano sotto-ordinati quali comandanti di compagnia: il maggiore Luciano Soligo (allora comandante della compagnia Talenti Montesacro) e il maggiore Paolo Unali (allora comandante della Compagnia Casilina).

C’erano anche, scrive Bonini, i marescialli Roberto Mandolini (vice comandante della stazione Appia) e il maresciallo Massimiliano Colombo Labriola (comandante della stazione Tor Sapienza).

È stato Labriola, secondo quanto ricostruito da Repubblica, a conservare per nove anni la corrispondenza email e la documentazione (custodita nel suo alloggio di servizio nella caserma Tor Sapienza che comanda) in grado di dimostrare da chi, e quando, è arrivato l’ordine di falsificare l’ordine delle carte da cui dovevano scomparire i riferimenti alle condizioni di salute di Cucchi, dopo il pestaggio e la sera prima del processo per rito direttissimo del giorno dopo.

Quella sera Cucchi mostrava gli evidenti segni del pestaggio subito e la falsificazione che doveva imputare “i segni di quella violenza alla magrezza costituzionale del tossico, alla sua epilessia”.

Le carte in possesso di Labriola – che ha consegnato spontaneamente agli agenti della squadra mobile di Roma durante la perquisizone dei suoi alloggi, avvenuta per dispozione del pm Musarò – “dimostrano che l’ordine di falsificazione delle annotazioni di servizio redatte dagli appuntati Francesco Di Sano e Gianluca Colicchio arrivò dal comando di compagnia Talenti-Montesacro, cui la stazione di Tor Sapienza dipendeva gerarchicamente”.

Elemento che prova la verità delle dichiarazioni rilasciate il 17 aprile 2018 da Di Sano, che aveva detto di avere modificato la relazione di servizio: “Mi chiesero di farlo, perché la prima era troppo dettagliata. Io eseguii l’ordine del comandante Colombo, che lo aveva avuto da un superiore nella scala gerarchica, forse il comandante provinciale ma non saprei dirlo con esattezza”.

Il falso prodotto su ordine di Colombo e di un suo superiore prevedeva che il corpo tipografico originale dell’annotazione di Di Sano venisse rimpicciolito “per trasformare e fare stare nella stessa pagina, senza che si notasse la manomissione testuale, l’iniziale ricostruzione”.

Inoltre, questo avrebbe permesso di inserire le presunte motivazioni per cui Cucchi non riusciva a nemmeno a camminare. Il 31enne è descritto per “essere dolorante alle ossa sia per la temperatura freddo umida che per la rigidità della tavola da letto priva di materasso e cuscino, ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata anche per la sua accentuata magrezza”.

Ma c’è un’altra annotazione manomessa, e sarebbe quella del carabiniere Colicchio avvenuta sempre, dice Repubblica, “per mano del maresciallo Colombo e per ordine della scala gerarchica”.

Colicchio, sentito in aula lo scorso aprile 2018, aveva detto che il testo in cui era possibile leggere che Cucchi “dichiarava di avere forti dolori al capo, giramenti di testa, tremore e di soffrire di epilessia” era suo ma che non era sua l’annotazione con stessa data e numero di protocollo in cui si diceva che Cucchi dichiarava “di soffrire di epilessia, manifestando uno stato di malessere generale verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza e lamentandosi del freddo e della scomodità della branda in acciaio”.

Infine, il 30 ottobre negli uffici del Comando provinciale di Roma si è tenuta un’altra riunione, convocata dal generale Tomasone, a cui hanno partecipato “il comandante del gruppo Roma Casarsa, i due comandanti di compagnia Unali e Soligo, i marescialli Mandolini (stazione Appia) e Colombo Labriola (Tor Sapienza), che hanno materialmente disposto i falsi, nonché i carabinieri coinvolti quella notte, anche se mancano, perché in licenza, Tedesco e Di Sano”.

Della riunione non è stato redatto alcun verbale perchè, secondo Bonini, doveva servire a verificare che le carte falsificate, i registri di protocollo e le anntazioni di serivizio cambiate fossero a posto. Serve anche, scrive Bonini, a verificare che i protagonisti sappiano tenere “i nervi saldi”.

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