Cucchi, i carabinieri accusati del pestaggio: “Traditi dal nostro collega”
"Siamo innocenti, tutto diventa doppiamente tragico se si aggiunge il tradimento di un collega. Un atteggiamento che è dettato da ragioni di opportunità"
“Siamo innocenti, tutto diventa doppiamente tragico se si aggiunge il tradimento di un collega. Un atteggiamento che è dettato da ragioni di opportunità”.
È quanto hanno detto ai loro legali Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i due carabinieri accusati dal collega Francesco Tedesco del pestaggio ai danni di Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre 2009, a 31 anni, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di stupefacenti. (Qui le cause della morte)
Antonella de Benedictis, avvocato di Di Bernardo, ha riferito quanto le ha detto il suo assistito in merito alla confessione di Tedesco.
“È già dura essere parte di un processo sapendo di essere innocente – queste le parole di Di Bernardo – ma tutto diventa doppiamente tragico se all’ingiustizia iniziale si aggiunge il tradimento di un collega e amico. Un atteggiamento che non può che essere dettato da ragioni di opportunità“.
L’avvocato De Benedictis ha anche rivelato le minacce ricevute dal carabiniere: “Questa mattina un uomo ha telefonato a casa della madre, sostenendo di chiamare dalla procura di Roma, e le ha detto: ‘pagherete violentemente per quello che è accaduto’. La signora ha avuto un malore”.
“È sconvolgente che tutta Italia giudichi Di Bernardo colpevole sulla base di mere dichiarazioni rese da un co-imputato del medesimo reato che per dieci anni ha detto l’opposto e non sulla base di una sentenza, creando un clima d’odio“, ha concluso De Benedictis.
Il racconto del pestaggio
“Fu un’azione combinata. Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fede perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore”. (Qui le ultime notizie sulla confessione)
È una parte dell’agghiacciante testimonianza resa dal carabiniere Francesco Tedesco al pm Francesco Musarò tra luglio e settembre, e che lo stesso pm ha riferito in aula giovedì 11 ottobre. (Chi è Francesco Tedesco)
Tedesco ha quindi ammesso il pestaggio ai danni di Cucchi accusando altri due carabinieri imputati, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro.
Stefano Cucchi è morto nel 2009 nel reparto penitenziario dell’ospedale Pertini di Roma dopo una settimana di detenzione. (Qui la ricostruzione dell’intera vicenda)
Stefano Cucchi: la storia
Il geometra romano Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di stupefacenti. (Qui le cause della morte)
La famiglia di Cucchi ha vissuto ben sette anni di processi, che hanno visto oltre 40 udienze, insieme a perizie, maxi perizie, centinaia di testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati.
Il 15 maggio 2018, il maresciallo dei carabinieri Riccardo Casamassima, principale testimone nel processo contro cinque carabinieri, tre dei quali accusati della morte del geometra romano, ha ribadito in aula le sue accuse ai colleghi.
TPI ha ricostruito la storia giudiziaria della morte di Stefano Cucchi, attraverso il commento di Fabio Anselmo, il legale che segue la vicenda da sempre
Sette anni di processi, 45 udienze, perizie, maxi perizie, 120 testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati. Sono i numeri di uno dei casi più seguiti dall’opinione pubblica italiana, che attende ancora verità. È il caso di Stefano Cucchi.
La storia del 31enne trovato morto nel 2009 per cause ancora da stabilire è a una svolta.
Si è chiusa l’inchiesta bis avviata a dicembre 2015 con la richiesta da parte della procura di Roma del rinvio a giudizio di cinque carabinieri coinvolti, tre dei quali devono rispondere di omicidio preterintenzionale pluriaggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima, abuso di autorità contro arrestati, falso ideologico in atto pubblico e calunnia.
“Questa richiesta rappresenta un vero e proprio riscatto dello Stato che finalmente sa inquisire e processare se stesso” spiega a TPI Fabio Anselmo, il legale che fin dal primo giorno ha seguito la famiglia Cucchi.
“Il caso Cucchi era diventato l’emblema della frustrazione di una famiglia di normali cittadini rispettosi della legge, rimasti stritolati in meccanismi giudiziari più grandi di loro. Dopo sette anni di vicende giudiziarie, di umiliazioni, dopo aver subito quello che hanno subito loro, con un ragazzo, Stefano, morto di giustizia, è chiaro che siamo di fronte a un momento di fondamentale importanza”.