Cosa succede se vince il No al referendum costituzionale
Ecco cosa succederà se sarà respinta la riforma costituzionale con il voto popolare del prossimo 4 dicembre 2016
Il prossimo 4 dicembre i cittadini italiani saranno chiamati a esprimersi sulla riforma costituzionale. La nostra Costituzione, all’articolo 138, prevede infatti che le leggi costituzionali o di revisione costituzionale siano soggette a referendum popolare, se sono state approvate dal parlamento con una maggioranza inferiore ai due terzi. E l’attuale riforma ha ottenuto il via libera definitivo della Camera, il 12 aprile 2016, con 361 voti favorevoli, sette contrari e due astenuti, per un totale di 368 votanti.
Si tratta della terza volta in cui i cittadini sono chiamati a votare per un referendum costituzionale, dopo il 2001 e il 2006. Nel primo caso vinse il Sì, nel secondo il No. Com’è noto, il referendum costituzionale non prevede quorum, a differenza di quello abrogativo, quindi se il prossimo 4 dicembre si recherà alle urne un numero basso di elettori, il referendum sarà ugualmente valido e vincerà l’opzione che avrà ottenuto il maggior numero di voti, senza dover superare alcuna soglia.
Dopo tre tentativi di riforma falliti con le bicamerali Bozzi (1983-1985), De Mita-Iotti (1993-1994) e D’Alema (1997), nel 2001 e nel 2006 ci furono altri due tentativi di riforma costituzionale portati avanti dalle maggioranze di governo di allora, senza ricorrere alla bicamerale. Quest’ultima, che aveva il ruolo di formulare le proposte di riforma costituzionale, era composta da un numero uguale di parlamentari nominati dalle due camere, per rispecchiare proporzionalmente i gruppi parlamentari. Tutti e tre i tentativi, una volta giunti alla discussione in aula, si arenarono per le forti divergenze fra le diverse parti politiche che non riuscirono a trovare un accordo.
Fino a oggi sono state 15 le leggi di revisione costituzionale adottate. Fra le più rilevanti vi è la riforma del Titolo V nel 2001, sotto il governo Berlusconi, che fu sottoposta a referendum dove vinse il Sì con il 64,20 per cento delle preferenze, contro il 35,80 per cento del No; e l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione nel 2012, sotto la guida di Mario Monti, che non fu sottoposta a referendum dal momento che aveva ottenuto la maggioranza dei due terzi del Parlamento.
Ecco cosa cambierebbe se vincesse il No:
PREVISIONI ESAGERATE – Tante sono le critiche mosse al governo e ai sostenitori del Sì, per aver impostato la campagna elettorale su toni allarmistici, paventando sia conseguenze catastrofiche, se la riforma sarà bocciata, sia futuri eccessivamente rosei, come l’innalzamento del Pil e risparmi astronomici, se a vincere sarà il Sì. Molti analisti concordano che in entrambi i casi si tratta pur sempre di un referendum costituzionale: le conseguenze non potranno mai essere così gravi, né per i mercati né per la società politica e civile.
ESITI COSTITUZIONALI – La riforma costituzionale approvata dal parlamento il 12 aprile scorso sarebbe annullata. Di conseguenza nessuna delle modifiche previste dalla legge Boschi entrerebbe in vigore. Rimarrebbe il bicameralismo perfetto; il Senato avrebbe l’identica composizione e funzione che ha oggi; il testo del Titolo V sarà l’attuale, ossia quello approvato con la riforma costituzionale del 2001. Le province continueranno a esistere in Costituzione – pur essendo ormai diventate un organo di secondo livello. Il Cnel, con l’interruzione del commissariamento, non sarebbe abolito. Per i dettagli della riforma rimandiamo a questo link.
LEGGE ELETTORALE – Un cambiamento importante avverrà alla legge elettorale. L’Italicum, approvato nel maggio del 2015, riguarda esclusivamente le modalità di elezione della Camera dei deputati. Se vincesse il No, si andrebbe a votare per il Senato con il Consultellum, ossia la legge Calderoli modificata dalla sentenza 1 del 2014 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionali sia il premio di maggioranza sia le lunghe liste bloccate senza preferenze. Sarà il Parlamento a decidere se formulare una nuova legge elettorale per entrambe le camere, sostituendo l’Italicum e il Consultellum.
CONSEGUENZE A LIVELLO POLITICO – A livello degli effetti politici, il premier Matteo Renzi ha puntato molto su questa riforma, legando il suo rimanere in carica al risultato del voto. In passato ha più volte affermato di dimettersi se avesse vinto il No. Ultimamente ha però fatto marcia indietro su quest’affermazione, mettendo in conto l’ipotesi di arrivare a fine legislatura. Nessuno può sapere, a meno di una settimana dal voto, cosa farà il presidente del Consiglio se le sue aspettative saranno deluse. Si ritirerà di buon grado? Rimarrà alla guida del governo? E ancora, si andrà a elezioni anticipate la prossima primavera o si aspetterà la conclusione naturale della legislatura nel 2018? Aspettiamo la mattina del 5 dicembre per capire quale sarà la mossa che detterà l’agenda politica dei prossimi mesi.
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