Condannato a sei anni il boxeur marocchino che combatteva in Italia con la maglia dell’Isis
Era stato arrestato a Lecco insieme alla moglie con l'accusa di terrorsimo internazionale. Secondo gli inquirenti l'uomo era pronto a compiere un attentato
Abderrahim Moutaharrik, il marocchino campione di kickboxing finito in carcere nell’aprile del 2016 per presunti legami con l’Isis, è stato condannato il 14 febbraio a sei anni di carcere dal gup di Milano, con l’accusa di terrorismo internazionale. Condannati per lo stesso reato anche Abderrahmane Khachia (6 anni di carcere), connazionale di Moutaharrik residente in provincia di Varese, e Wafa Koraichi (3 anni e 4 mesi), sorella di Mohamed Koraichi, marocchino che assieme alla moglie italiana, Alice Brignoli, tempo fa ha lasciato la provincia di Lecco per unirsi alle milizie del cosiddetto Stato islamico, portando con sé anche i tre figli piccoli.
Il giudice ha anche sospeso la potestà genitoriale di Moutaharrik e della moglie, che resta in carcere in attesa di giudizio insieme ad altri tre imputati. Prima dell’arresto la coppia viveva a Lecco con i due figli. Secondo le indagini della Digos, marito e moglie erano pronti a partire per unirsi all’Isis in Siria, portando i propri bambini di 2 e 4 anni.
Stando agli atti dell’inchiesta, Moutaharrik avrebbe ricevuto ai primi di aprile 2016 un messaggio WhatsApp, con un ordine dettato direttamente dal sedicente Stato islamico: “Ascolta lo Sceicco e colpisci! Fai esplodere la tua cintura nelle folle gridando Allah Akba”. Un comando al quale, secondo gli inquirenti, Moutaharrik era pronto a obbedire. Tra i possibili obiettivi, Roma e il Vaticano.
Subito dopo l’arresto del giovane marocchino, gli investigatori avevano hanno scoperto un pugnale da combattimento nascosto sotto il letto. “Vedendo le immagini dei bambini martoriati, volevo andare in Siria ad aiutare la popolazione”, aveva detto Moutaharrik durante l’interrogatorio di garanzia il 2 maggio del 2016.
L’atleta era abbastanza conosciuto negli ambenti della kickboxing, più che per i successi conquistati, per la maglia nera dell’Isis che indossava prima di salire sul ring.
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