“Il Comune di Roma viola i diritti umani dei rom”, la denuncia dell’Associazione 21 luglio
Nella capitale sono 700 le persone sgomberate in 30 operazioni dal 31 maggio 2017. Al Campidoglio un flash mob per chiedere la sospensione immediata del piano
dall’inviata Anna Ditta. “Il piano rom viola i diritti umani”. È questa la denuncia degli attivisti dell’Associazione 21 luglio sulle misure adottate dal Comune di Roma, guidato dalla sindaca Virginia Raggi, nei confronti dei campi rom.
Queste parole compongono, lettera per lettera, attraverso i fogli che gli attivisti tengono tra le mani, davanti al Campidoglio giovedì 28 giugno 2018.
Intanto, un rappresentante dell’associazione legge, una per una, le trenta operazioni di sgombero che hanno coinvolto dal 31 maggio 2017 (giorno dell’annuncio del “piano rom” da parte della sindaca Raggi) circa 700 persone appartenenti alla comunità rom di Roma, private di un luogo in cui vivere.
L’ultimo sgombero, avvenuto a partire dal 21 giugno a Camping River, in una ex baraccopoli istituzionale nella periferia della capitale, ha coinvolto decine di famiglie, che hanno partecipato a una protesta sotto al Campidoglio alcuni giorni fa (qui il resoconto di TPI).
“Con questo flash mob denunciamo ai cittadini romani come il Comune di Roma e questa Giunta stiano gravemente violando i diritti umani delle comunità rom della capitale”, dice a TPI Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.
“Chiediamo anche l’immediata sospensione del piano rom, che doveva essere un piano di integrazione, che avrebbe consegnato case, studio, lavoro ai rom, ma che di fatto sta peggiorando enormemente la condizione della comunità rom, con 700 persone sgomberate finora in un cinico gioco dell’oca che le costringe a muoversi da un punto all’altro della città senza alcuna soluzione”.
“Questi sgomberi sono stati fatti senza alcuna garanzia procedurale prevista dalle Nazioni Unite, quindi si tratta di sgomberi illegali”, sostiene Stasolla.
Qui il video del flash mob filmato in diretta da TPI:
L’Associazione 21 luglio contesta “l’incapacità degli amministratori di avere le competenze, in seno alla macchina organizzativa, per sapere gestire la questione”.
Il Comune di Roma, secondo Stasolla, “ha azzerato tutto il passato, fallimenti e successi. E questo vuol dire decretare in partenza il fallimento del piano”.
“L’unica cosa che può essere fatta”, dice, “è azzerare il piano e riscriverlo totalmente”.
L’associazione adesso intende continuare a monitorare la situazione dei rom nella Capitale e fare pressione sull’Europa, per dimostrare che questo piano sta violando il diritto a un alloggio delle 7mila persone rom presenti a Roma.
“Abbiamo formato una rete di più di 60 organizzazioni che hanno firmato con noi una lettera di denuncia all’Europa”, dice il presidente dell’associazione. “Contiamo di incontrare già nel mese di luglio i commissari europei con cui già ci stiamo interfacciando”.
La posizione del comune di Roma sullo sgombero di Camping River
“Gli operatori sociali di Roma Capitale hanno lavorato ogni giorno, con impegno certosino, per illustrare ai residenti le misure ideate appositamente per il Camping River”, ha scritto su Facebook la sindaca di Roma, Virginia Raggi, il giorno dell’inizio dell’operazione di sgombero.
“Tuttavia, la maggior parte di coloro che abitano presso il Camping River ha rifiutato le proposte, scegliendo di restare abusivamente presso l’area e di occupare senza titolo i moduli abitativi di proprietà comunale, forse nella speranza che anche stavolta l’Amministrazione avrebbe stabilito l’ennesima proroga e che tutto sarebbe rimasto sempre immutato e immutabile. Ora non ci sono più alternative: bisogna liberare l’area”.
“Inclusione non può più significare assistenzialismo o tolleranza verso forme di illegalità. Venerdì 15 giugno era l’ultimo giorno a disposizione degli abitanti del Camping River per liberare i moduli abitativi di Roma Capitale presso l’insediamento”, prosegue il comunicato.
“Non si è trattato di una decisione calata improvvisamente dall’alto né di carattere emergenziale: è l’approdo di un percorso condiviso e lungo quasi un anno. Le persone che abitano presso il Camping River sono state avvisate con largo anticipo della scadenza, anche tramite ripetute comunicazioni formali e da ultimo con una diffida”.