Il comune di Roma vuole eliminare i campi rom. Ma continua a finanziarli
La giunta capitolina ha approvato da poco un piano d'inclusione per la comunità rom, ma negli scorsi mesi ha avallato bandi milionari per il finanziamento dei campi
La giunta romana, guidata dal sindaco Virginia Raggi, ha approvato venerdì 18 novembre 2016 il Progetto inclusione rom, un documento che rappresenta il primo passo verso il superamento dei campi per soli rom nella capitale.
Si tratta di un piano di lavoro che stabilisce le iniziative da attuare tra gennaio e luglio 2017 per l’eliminazione delle sei baraccopoli istituzionali di Roma, dove vivono circa 5mila persone, secondo i dati del 2015.
Nei primi mesi dell’amministrazione Raggi i provvedimenti adottati dal comune sono andati in senso opposto, con l’approvazione di bandi milionari simili a quelli che hanno favorito la proliferazione dei campi negli ultimi anni.
Per questa ragione, l’Associazione 21 luglio, che si occupa di tutela dei diritti umani per rom e sinti in Italia, ha lanciato l’allarme a ottobre 2016. L’organizzazione teme che possa ricrearsi il terreno fertile in cui è nato e si è consolidato il “sistema campi”, scoperchiato dal recente processo di Mafia capitale, e che le stesse cooperative uscite dalla porta dopo l’inchiesta giudiziaria possano “rientrare dalla finestra”.
Il bando da 1 milione e mezzo di euro per il nuovo campo rom a Roma nord
I campi rom istituzionali sono nati a Roma a partire dagli anni Novanta e si sono sviluppati durante l’amministrazione di Gianni Alemanno con i finanziamenti dell’emergenza nomadi, iniziati nel 2009. Negli anni hanno portato la comunità rom nella capitale verso una crescente emarginazione.
Durante la campagna elettorale, Virginia Raggi e gli altri candidati al Campidoglio avevano sottolineato l’esigenza di andare oltre il sistema dei campi. Ma già dal giorno successivo all’insediamento della giunta, l’8 luglio 2016, il dipartimento Politiche sociali si è discostato da questa linea, indicendo un bando per il reperimento di un’area attrezzata a Roma nord – in particolare nel municipio XV o in quelli limitrofi – per un importo complessivo di circa 1 milione e mezzo di euro, con scadenza 31 dicembre 2017.
“Sono le cifre su cui ci muovevamo prima di Mafia Capitale”, sottolinea Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, intervistato da TPI. “Il bando ripropone il modello alemanniano in termini di costi, ma anche di contenuti, dal momento che prevede lo stanziamento del 76 per cento dei fondi per la gestione, del 20 per cento per la vigilanza e solo del 4 per cento per l’inclusione”.
La nuova baraccopoli istituzionale ospiterà 120 famiglie, di cui 109 risiedono attualmente presso il villaggio River, che si trova in via Tenuta Piccirilli, una traversa di via Tiberina. Inoltre, prevederà un regolamento che va firmato dagli ospiti del campo, pena la mancata possibilità di soggiornare al suo interno.
“Quest’obbligo era contenuto anche nel regolamento stabilito da Alemanno nel 2008”, commenta Stasolla, in merito al vincolo per gli ospiti del campo di frequentare corsi di formazione e orientamento al lavoro. “Ma il Tar aveva detto che si tratta di una norma lesiva della libertà di scegliere la propria attività lavorativa. Quindi si tratta della riproposizione di una regola già cassata dal Tar”.
La predisposizione della gara risale alla gestione commissariale di Tronca. Tuttavia l’assemblea capitolina, a maggioranza Cinque stelle, ha dimostrato di allinearsi alla linea del prefetto quando il 9 agosto ha bocciato una mozione promossa all’unanimità dal municipio XV – anch’esso guidato dal movimento di Beppe Grillo – con cui si chiedeva l’immediato ritiro del bando. Per questo la responsabilità politica della decisione ricade sull’attuale amministrazione.
La gara da 6 milioni di euro per la gestione delle baraccopoli
Un altro bando milionario attualmente in corso presso il comune di Roma è quello per la gestione e la vigilanza delle baraccopoli istituzionali, che prevede lo stanziamento di un importo lordo di oltre 6 milioni di euro. La gara, lanciata dal commissario Tronca a marzo 2016, è stata temporaneamente interrotta dopo l’arresto di alcuni funzionari del comune in un filone d’indagine parallelo a quello di Mafia capitale.
Il bando stabilisce la gestione di sei lotti, uno per ogni baraccopoli istituzionale del comune di Roma, e prevede alcuni aspetti che sono stati definiti “securitari” e “molto gravi” da alcune associazioni che hanno deciso di boicottarlo.
(Qui sotto la mappa delle baraccopoli istituzionali a Roma con il relativo numero di abitanti, aggiornata al 2015. Fonte: rapporto annuale dell’Associazione 21 luglio. Si rileva che il centro di via Amarilli è stato chiuso il 31 ottobre 2016; il campo Best House Rom è stato chiuso alla fine del 2015, a seguito di un’interdittiva antimafia nei confronti della cooperativa Inopera, ente che gestiva la struttura dal 2014; anche l’ex cartiera di via Salaria è stata chiusa ad agosto 2016. Il pezzo prosegue sotto la mappa.)
Paola Liberto fino a sei mesi fa coordinava gli sportelli dell’associazione onlus Arcisolidarietà, attivi nei campi di via Candoni e di via Cesare Lombroso a Montemario. La sua associazione, attiva nella gestione di sportelli sociosanitari in due campi rom di Roma, non ha partecipato al bando perché lo ha ritenuto improponibile.
“È previsto un presidio di vigilanza”, ha spiegato Liberto a TPI. “Tra l’altro non si capisce se armata o con il controllo delle persone all’entrata e all’uscita, per questo ci siamo rifiutati di partecipare. Anche altre associazioni lo hanno ritenuto improponibile”.
“Non ha funzionato in passato, non funziona ora che ci sono i vigili, figuriamoci se funzionerà con la gestione di una cooperativa”, sostiene l’ex coordinatrice di Arcisolidarietà. “Sarà una misura inefficace: quella del campo sarà una situazione di totale abbandono e di conseguenza di maggiore isolamento”.
L’impressione condivisa tra le organizzazioni del settore è che una vigilanza di questo tipo all’interno dei campi sia destinata a non sortire effetti positivi.
“Eravamo convinti che fosse stato bloccato tutto con Mafia capitale, e invece con l’apertura delle buste il 20 settembre il bando è stato scongelato”, spiega il presidente dell’Associazione 21 luglio. “Di fatto l’amministrazione poteva fermarlo, ma non lo ha fatto”.
“Anche in questo caso ricorda ciò che il Tar aveva censurato nel 2009, e addirittura va oltre”, continua Stasolla, evidenziando gli aspetti più gravi del bando. “Nell’era Alemanno era previsto che chi entrava in un campo doveva lasciare un documento. Per questo il Tar ha ritenuto che la disposizione violasse l’articolo 16 della Costituzione (che prevede la libertà di circolazione, ndr). Il bando ora ripropone questo meccanismo prevedendo un pass orario”.
L’associazione Bottega Solidale ha fatto un’offerta per diversi lotti disposti dal bando. È una onlus con esperienza pluriennale nella gestione dei campi rom, che risulta essere tra le cooperative coinvolte nelle indagini complementari al filone di Mafia capitale tramite il suo legale rappresentante Mario Ubaldo Pucci Barlaam.
Giuseppe Sartiano, assessore alle Politiche Sociali del municipio III per il Movimento Cinque Stelle, ha dei legami professionali e personali con la cooperativa. È un ex dipendente di Bottega Solidale e convive con Elisa Pucci Barlaam, figlia del presidente.
Lo scorso 26 ottobre l’opposizione del municipio III ha proposto una mozione per chiedere il ritiro delle deleghe dell’assessore, ventilando un possibile conflitto d’interessi. In un articolo del quotidiano Il Tempo, Sartiano era stato definito il referente in pectore dell’assessore capitolino alle Politiche Sociali Laura Baldassarre, delegato a coordinare i rapporti tra l’amministrazione e le cooperative attive nel settore dei campi rom.
Inoltre, Sartiano risulta lavorare per il centro di psicoterapia Arianna, un progetto della cooperativa Bottega Solidale. La mozione è stata respinta in consiglio comunale dopo un acceso dibattito sulle modalità di voto, dal momento che i pentastellati hanno chiesto che si procedesse a scrutinio palese.
Sartiano si è difeso in assemblea, sostenendo che il suo rapporto di lavoro con la cooperativa è cessato a ottobre 2015 – mesi prima della sua nomina ad assessore per le Politiche Sociali del municipio III – e che l’associazione Arianna è un soggetto giuridico autonomo rispetto alla cooperativa Bottega Solidale, senza ricevere finanziamenti pubblici. TPI ha provato a contattare sia l’assessore capitolino Baldassarre sia l’assessore Sartiano, senza ottenere risposta.
I rinvii a giudizio nell’indagine parallela a Mafia capitale
Nell’ambito di un’indagine su presunte tangenti per l’assegnazione di lavori nei campi rom a Roma, all’inizio di dicembre sono state rinviate a giudizio 13 persone, tra cui alcuni funzionari del dipartimento politiche sociali del comune, imprenditori e altri pubblici ufficiali. L’inchiesta è parallela a quella di Mafia capitale, che ha portato all’arresto dell’ex membro della banda della Magliana Massimo Carminati e del re delle cooperative Salvatore Buzzi.
Emanuela Salvatori, già condannata a 4 anni per i suoi affari con Buzzi, è tra i funzionari del Campidoglio che andranno a processo: è ritenuta la figura chiave del sistema di tangenti.
L’indagine riguarda fatti avvenuti tra il 2013 e il 2014 e agli imputati sono contestati i reati di corruzione, falso in atto pubblico e turbativa d’asta. Secondo gli inquirenti, i lavori di bonifica e manutenzione nei campi di via Lombroso, via Salone e Castelromano sarebbero stati affidati senza gara e in alcuni casi non sarebbero stati portati a termine.
Anche l’imprenditore Salvatore Di Maggio, presidente del consorzio coop Bastiani, di cui fa parte la cooperativa Ermes, è stato rinviato a giudizio dopo essere stato arrestato a giugno 2016. La cooperativa è attiva da anni nella gestione dei campi rom della capitale e risulta aggiudicataria a settembre 2016 di un bando del comune di Roma, insieme ad Arcisolidarietà, per l’organizzazione dello sportello di accoglienza delle popolazioni rom, sinti e camminanti.
“Dal punto di vista umano, avendo lavorato insieme all’ex presidente del consorzio Bastiano Salvatore Di Maggio, speriamo nella soluzione della sua vicenda giudiziaria nel migliore dei modi”, dice a TPI Valerio Musillo, presidente della cooperativa Ermes.
“La cooperativa Ermes di certo non è parte di quel sistema campi cui si riferisce l’Associazione 21 luglio, che va avanti da 15 anni, e anzi si è schierata più volte contro questo sistema”. Musillo fa riferimento al progetto Social pride, con il quale la cooperativa si è schierata contro l’impiego di risorse pubbliche per l’ingresso della Croce Rossa nei villaggi attrezzati per soli rom e alla più recente presa di posizione contro il bando di Tronca per la gestione e vigilanza dei campi.
La delibera di iniziativa popolare, la discriminazione e i fondi europei
Dopo l’approvazione in giunta della mozione contenente il piano d’inclusione, l’Associazione 21 luglio ha espresso una cauta soddisfazione. “Registriamo come per la prima volta nella Capitale venga prodotto un cronoprogramma dell’avvio del processo per il superamento delle baraccopoli abitate dai rom”, sostiene l’organizzazione.
Il piano prevede, tra le altre cose, il coinvolgimento della Regione Lazio, dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, del ministero del Lavoro, due delibere per l’istituzione di un tavolo di confronto e per il superamento degli insediamenti, la preparazione di un bando di gara europeo, e la costruzione di un network di organizzazioni.
L’associazione chiede che il piano sia seguito dal “congelamento dei bandi milionari che nei prossimi mesi potrebbero ridare vita a un perverso sistema di realizzazione e gestione di nuovi insediamenti”.
(Nel video una parte dell’intervista di TPI al presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasoll; il pezzo continua sotto la mappa)
La prima prova per l’assemblea capitolina sarà la discussione della delibera di iniziativa popolare per il superamento dei campi sottoscritta da 6mila cittadini romani e sostenuta dal comitato Accogliamoci, che si terrà entro gennaio 2017.
Ma c’è anche la questione dei 4,4 milioni di euro di fondi europei stanziati con un provvedimento di ottobre 2015, approvata pochi giorni prima della caduta di Ignazio Marino, per l’azione di inclusione abitativa. Finora queste risorse non sono state stanziate: se la giunta non procederà, potranno essere ricollocate in altre voci di spesa.
Intanto il 31 ottobre è stato chiuso il centro di accoglienza per soli rom di via Amarilli e l’unica alternativa offerta ai suoi abitanti sono stati i campi. Per l’Associazione 21 luglio si è trattato di uno sgombero forzato.
“Qui sta il nodo della discriminazione”, sostiene in modo provocatorio Stasolla. “Se chiudi un campo dove vivono rifugiati o italiani non proponi le baraccopoli come alternativa. Prova a pensare che non siano rom, ma ebrei. Per loro c’è quello spazio, per gli altri no: perché i rom sono abituati”.
“Cinque o sei anni fa era normale sentire questi discorsi”, conclude il presidente dell’Associazione 21 luglio. “Ma oggi, dopo che abbiamo sperimentato, abbiamo visto quanto costano i campi, cosa c’è dietro. Dopo Mafia capitale, rimandare le persone lì significa reiterare politiche superate e criminali, lesive dei diritti umani, dispendiose e irragionevoli”.