Chi era Oriana Fallaci
Oriana Fallaci fu una tra le più apprezzate giornaliste italiane nel mondo e fra le prime a lavorare come inviata speciale su un fronte di guerra per conto di un giornale
Il 29 giugno del 1929 nasceva a Firenze Oriana Fallaci, considerata una tra le più conosciute e apprezzate giornaliste italiane nel mondo. Fu una tra le prime donne italiane a lavorare come inviata speciale su un fronte di guerra per conto di un giornale.
I suoi genitori, Tosca ed Edoardo, svolsero un ruolo fondamentale nella sua formazione intellettuale. Il padre era un attivo antifascista. La madre, donna forte e coraggiosa, era appassionata alla lettura.
La Fallaci crebbe circondata da libri e questo la spinse verso la scrittura sin dall’età di cinque anni. Trascorreva le sue giornate in un piccolo salotto colmo di volumi letterari, dai lei stessa soprannominato La Stanza dei Libri. Una delle prime opere che ebbe occasione di leggere fu Le mille e una notte.
A quattordici anni, nel 1943, si unì al movimento della Resistenza, pedalando per chilometri con la sua bicicletta per consegnare clandestinamente messaggi segreti, giornali e armi ai partigiani, “superando i posti di blocco dei nazi-fascisti che di lei non potevano dubitare”.
Come scrisse ne La vita di Oriana narrata da Oriana stessa, la Fallaci si sentiva fiorentina, neppure italiana: “Mi ritengo comunque una fiorentina pura. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero, quando mi chiedono a quale Paese appartengo, rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa”.
Alla prova scritta d’italiano, in occasione della maturità classica al liceo Galileo Galilei, il suo tema sul concetto di patria dalla Polis greca a oggi diede vita a un controverso dibattito in sede d’esame: alcuni professori videro in lei un genio della scrittura, mentre altri sostennero che fosse insufficiente.
Da quell’episodio in poi, la scrittura divenne la sua vita. Si diplomò un anno in anticipo rispetto agli studenti della sua età e iniziò a collaborare a soli diciassette anni, nel 1946, con il quotidiano di Firenze Il Mattino dell’Italia Centrale. In quello stesso anno, venne pubblicato il suo primo articolo.
Dal 1951 scrisse per il settimanale Epoca, allora diretto dallo zio Bruno Fallaci, il quale però non volle mai aiutarla fino in fondo per paura d’essere accusato di nepotismo.
Il giornalismo all’inizio fu per la Fallaci solo un compromesso, un mezzo per arrivare alla letteratura. Si definì sempre uno scrittore, insistendo per non farsi chiamare scrittrice. Nel 1946 la Fallaci si iscrisse anche alla facoltà di Medicina, ma non finì mai gli studi, prediligendo la scrittura.
Nel 1954 si trasferì a Roma per lavorare a tempo pieno al settimanale italiano L’Europeo, all’epoca diretto dal giornalista Arrigo Benedetti, inizialmente collaborandovi solo in modo saltuario.
Nella metà degli anni Cinquanta la Fallaci si immerse nel mondo della dolce vita romana, seppur mostrandosi restia agli inizi. Qui avrà occasione di intervistare alcuni tra i più grandi personaggi del cinema italiano, quali Marcello Mastroianni, Totò e Federico Fellini.
Negli anni Sessanta divenne nota per le sue celebri interviste dallo stile unico e inconfondibile, che raccoglierà ne Gli antipatici (1963). Uno dei suoi reportage, intitolato Hollywood vista dal buco della serratura, scritto “con lo scopo di conoscere e smascherare i personaggi di spicco del panorama americano della politica e dello spettacolo”, costituì il materiale per quello che poi divenne il suo primo libro, I sette peccati di Hollywood (1958).
Sin da subito la Fallaci seppe farsi spazio nel mondo prevalentemente maschile del giornalismo italiano dell’epoca. Nel 1955 si trasferì nella sede milanese de L’Europeo ed ebbe occasione di spostarsi spesso per lavoro: si recò numerose volte negli Stati Uniti, che visiterà moltissimo e dove si trasferirà in modo definitivo nel 1990.
Qui sotto un video con diverse interviste a Oriana Fallaci tra il 1961 e il 1993
La Fallaci si batté con tenace costanza per dare voce alle donne. Nel 1960 le fu assegnata un’inchiesta sulla condizione delle donne nel mondo e questo le permise di visitare l’oriente in compagnia dell’amico fotografo Duilio Pallottelli. Dal reportage della Fallaci, Viaggio intorno alla donna, pubblicato su L’Europeo, nacque poi il libro-inchiesta Il sesso inutile (1961).
Nel 1962 pubblicò il suo primo romanzo narrativo, Penelope alla guerra. Nel 1965 uscì Se il Sole muore, in cui la Fallaci racconta le sue esperienze nelle basi della Nasa, in un periodo storico particolarmente delicato, marchiato dal duello geopolitico, economico e culturale tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Nel 1967 decise di coprire sul campo il conflitto in Vietnam, che definì “una sanguinosa follia”. Ritornerà nel Paese del sudest asiatico dodici volte nei sette anni successivi, fino alla caduta di Saigon nel 1975. Dalla sua esperienza al fronte nacque Niente e così sia (1969), in cui documentò un anno passato in Vietnam, tra il 1967 e il 1968, in qualità di corrispondente di guerra. Il libro ebbe un notevole successo.
Il 2 ottobre del 1968 rimase coinvolta nella strage della Piazza delle Tre Culture, a Città del Messico – dove morirono centinaia di giovani – rischiando di rimanere uccisa. Continuò imperterrita a testimoniare, scrivere e intervistare. Come corrispondente di guerra si recò in India, Pakistan, Sudamerica e medio oriente.
Intervistò, tra gli altri, Indira Gandhi, Fidel Castro, Yassir Arafat, Muammar Gheddafi e Henry Kissinger.
“Quest’uomo troppo famoso, troppo importante, troppo fortunato, che chiamano Superman, Superstar, Superkraut, e imbastisce alleanze paradossali, raggiunge accordi impossibili, tiene il mondo col fiato sospeso come se il mondo fosse la sua scolaresca di Harvard. Questo personaggio incredibile, inspiegabile, in fondo assurdo, che s’incontra con Mao Tse-tung quando vuole, entra nel Cremlino quando ne ha voglia, sveglia il presidente degli Stati Uniti e gli entra in camera quando lo ritiene opportuno”. Tratto da un articolo di Oriana Fallaci, intitolato “Kissinger rivela” con il sottotitolo “Perché non abbiamo ancora firmato l’accordo sul Vietnam”, pubblicato su l’Europeo, XXVIII, 46 (1405), il 16 novembre 1972, pagine 36-43.
I suoi scritti furono pubblicati anche dal Corriere della Sera, quotidiano con il quale iniziò a collaborare a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Nel 1974 uscì Intervista con la storia, una raccolta di alcune sue interviste, tra cui una al sette volte presidente del consiglio Giulio Andreotti nel marzo di quello stesso anno.
“Lui parlava con la sua voce lenta, educata, da confessore che ti impartisce la penitenza di cinque Pater, cinque Salve Regina, dieci Requiem Aeternam, e io avvertivo un disagio cui non riuscivo a dar nome. Poi, d’un tratto, compresi che non era disagio. Era paura. Quest’uomo mi faceva paura. Ma perché? Mi aveva ricevuto con gentilezza squisita: cordiale. Mi aveva fatto ridere a gola spiegata: arguto, e il suo aspetto non era certo minaccioso. Quelle spalle strette quanto le spalle di un bimbo, e curve. Quella mancanza quasi commovente di collo. Quel volto liscio su cui non riesci a immaginare la barba. Quelle mani delicate, dalle dita lunghe e bianche come candele. Quell’atteggiamento di perpetua difesa. Se ne stava tutto inghiottito in se stesso, con la testa affogata dentro la camicia, e sembrava un malatino che si protegge da uno scroscio di pioggia rannicchiandosi sotto l’ombrello, o una tartaruga che si affaccia timidamente dal guscio. A chi fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga? A chi fanno male? Solo più tardi, molto tardi, realizzai che la paura mi veniva proprio da queste cose: dalla forza che si nascondeva dietro queste cose. Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza”. (Tratto da Intervista con la storia, 1974)
La Fallaci ebbe una storia d’amore con il compagno greco Alexandros Panagulis, soprannominato Alekos, che fu uno fra i leader nel periodo della resistenza greca alla dittatura dei Colonnelli (1967-1974).
Panagulis venne incarcerato e condannato a morte (condanna poi revocata) in seguito al tentativo fallito di far esplodere l’automobile di Geōrgios Papadopoulos, promotore del colpo di stato del 1967 in Grecia.
La Fallaci, che seguì da vicino la vicenda di Panagulis sulla stampa, chiese di intervistarlo subito dopo la sua scarcerazione. Nacque un amore tormentato e passionale sin dal loro primo incontro in occasione dell’intervista. Il primo maggio del 1976 Panagulis morì in un incidente d’auto sospetto.
Le indagini furono insabbiate e si pensò da subito a un complotto politico. Qualche anno più tardi, la scrittrice italiana racconterà delle sue vicende politiche e della loro storia d’amore, durata tre anni, in un libro struggente e appassionato, Un Uomo (1979).
Oriana Fallaci ebbe due aborti, entrambi spontanei. Il libro Lettera a un bambino mai nato (1975), opera in parte autobiografica e in parte riflessione sul tema dell’aborto, fu uno fra i suoi più grandi successi.
Un articolo del Corriere della Sera racconta di una bizzarra lite tra la Fallaci e Panagulis. La scrittrice italiana non gradiva essere corretta e si riteneva tanto brava da meritare solo il giudizio (severo) che le piaceva darsi da sola, ignorando il lavoro dei critici, che definiva pigri e invidiosi.
La scrittrice era solita lavorare sulle bozze nell’appartamento di Atene che condivideva con Panagulis, e il poeta greco amava mettere mano tra i suoi scritti. Una volta fu persino costretta a nasconderli dentro una pentola, ma il compagno riuscì comunque a trovarli, senza resistere alla tentazione di ficcarvi il naso.
Quando terminò la bozza del romanzo Lettera a un bambino mai nato, la Fallaci scrisse questa frase: “Tu sei morto. Ora muoio anch’io. Ma non conta. Perché la vita non muore”. A Panagulis non piaceva il finale del libro: non era d’accordo sulla morte della protagonista e aggiunse a quel drastico “ora” un “forse“, cambiando il finale in “Ora forse muoio anche io“.
Ma quel “forse” fu solo il compromesso a cui dovettero giungere dopo che la Fallaci, testarda e furiosa, fece le valigie e se ne tornò in Italia, quando lui si permise di cancellarle la frase intera dalla bozza.
Il libro rimase con quel “forse” fino alle trentaseiesima edizione, quando la Fallaci decise di tornare sui suoi passi in seguito alla morte del compagno greco e ricambiò il finale.
Un video di Oriana Fallaci sul compagno greco Panagulis
Nel 1990 Oriana Fallaci tornò a parlare di guerra e scrisse Insciallah, sulla guerra civile in Libano negli anni Ottanta, in occasione della quale intervenne anche l’Italia insieme ad altre forze internazionali. Il libro affronta inoltre il tema del fondamentalismo islamico, al centro degli argomenti di cui la Fallaci ha scritto nel corso degli anni.
Nello stesso anno, si trasferì a New York e nel 1991 si ammalò di cancro. Rimarrà chiusa in casa a scrivere per moltissimo tempo, fumando ininterrottamente sigarette davanti alla sua amata macchina da scrivere, una Olivetti.
Negli anni successivi, la Fallaci si ritirò per dedicarsi esclusivamente alla stesura del romanzo Un cappello pieno di ciliege, che uscirà incompleto nel 2008, due anni dopo la sua morte avvenuta nel 2006. Un progetto a lei molto caro, nel quale desiderava raccontare la sua famiglia, ripercorrendo la storia a partire dai suoi antenati: un’impresa monumentale che, suo malgrado, non riuscì a portare a termine.
Dopo l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, la Fallaci pubblicò La Rabbia e l’Orgoglio, inizialmente come articolo, sotto forma di lettera per Il Corriere della Sera pubblicata il 29 settembre di quello stesso anno, e in seguito come libro. Il testo fu molto contestato per via delle accese critiche all’Islam.
La Forza della Ragione (2004) e lo scritto autobiografico Oriana Fallaci intervista se stessa – L’Apocalisse (2004) completano La Trilogia di Oriana Fallaci (il terzo è La rabbia e l’orgoglio del 2001).
Questi furono i suoi due ultimi importanti lavori, prima di spegnersi per sempre nella Casa di cura Santa Chiara, nella sua Firenze, il 15 settembre del 2006.
Con i suoi libri, si stima che Oriana Fallaci abbia venduto circa venti milioni di copie in tutto il mondo. I suoi articoli furono tradotti e pubblicati su testate internazionali come The New York Times, Le Figaro, Newsweek, Life e molte altre.
Qui sotto un video di Oriana Fallaci sulla morte