“Chiediamoci quante gocce di sangue ci sono nei pomodori che compriamo”
La deputata Laura Boldrini e il magistrato presso la Corte di Cassazione Bruno Giordano commentano le ultime morti avvenute nel foggiano e la legge sul caporalato
“La legge 199 del 2016 è volta al contrasto non solo del caporalato, ma soprattutto dello sfruttamento del lavoro e quindi dell’approfittamento delle condizioni di lavoro e di vita di lavoratori che sono in uno stato di bisogno. Questa legge non incrimina più del passato, anzi, ha alleggerito le pene ma – al contempo – ha stabilito un accerchiamento a vasto raggio dello sfruttamento de lavoro. Il problema di questa legge non è che va cambiata, è che ancora deve essere applicata”.
Con queste parole Bruno Giordano, magistrato presso la Corte di Cassazione, replica a quanto affermato nelle ultime ore dal ministro dell’Interno Matteo Salvini riguardo la legge sul caporalato, alla luce delle ultime morti avvenute nel foggiano, durante gli incidenti in cui 16 migranti hanno perso la vita.
Il vice premier aveva infatti dichiarato “inutile” la legge sul caporalato, “un provvedimento che complica la vita degli imprenditori”.
Non è dello stesso avviso Bruno Giordano che spiega a TPI quali sia la valenza della legge e della sua applicazione.
“Il 90 per cento di questa legge va ancora applicata. Ad esempio questa legge prevede il collaboratore processuale, la figura del pentito, prevede il controllo giudiziario dell’azienda, la bonifica dell’azienda senza esproprio, prevede il lavoro agricolo di qualità e la responsabilità delle aziende, quindi non delle persone fisica, ma degli enti, per il reato di sfruttamento del lavoro. È anche una legge che interviene sul piano previdenziale”, afferma Giordano.
“La particolarità è che vengono incriminati i singoli datori di lavoro, cosa che prima non avveniva. Prima si incriminavano solo i caporali. Quello che occorre è un intervento non solo sul piano dei controlli, ma anche sul piano istituzionale”.
“È necessario un coordinamento vero tra Asl, ispettori del lavoro, ispettorato nazionale del lavoro, carabinieri del lavoro e tutte le forze preposte al lavoro. Questo è il compito dell’ispettorato nazionale del lavoro, introdotto prima ancora della legge, che ancora non riesce a decollare”.
Contrariamente a quanto affermato da Salvini, il magistrato Giordano crede che “Solo gli imprenditori che sfruttano e hanno la coscienza sporca possono temere questa legge, ma gli imprenditori puliti che rispettano i diritti umani ne sono contenti: pagare una persona due euro l’ora, a nero, significa compiere un gravissimo atto di concorrenza sleale contro chi paga i contributi, chi tutela i diritti sindacali”.
Dello stesso avviso anche la deputata ed ex presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini che a TPI dichiara: “Di caporalato si muore. Stavolta hanno perso la vita 16 lavoratori stranieri. Nel 2015 morì una donna italiana, Paola Clemente stroncata dalla fatica per 27 euro al giorno.
Questo fenomeno va assolutamente sradicato dal nostro territorio”.
“Il Parlamento italiano nella scorsa legislatura, dopo un lungo lavoro di confronto con le lavoratrici e i lavoratori, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, approvò una legge, pressoché all’unanimità, che dà alle istituzioni locali e nazionali tutti gli strumenti per prevenire e reprimere questa piaga sociale”, aggiunge la deputata.
“Purtroppo, all’inizio di questa legislatura, ben due ministri leghisti del nuovo governo, Salvini e Centinaio, hanno auspicato modifiche alla legge perché la consideravano troppo rigorosa. Il governo ha il dovere costituzionale di attuare le leggi che fa il Parlamento (per questo si chiama esecutivo) non quello di boicottarle”.
E sulla legge sul caporalato la Boldrini aggiunge: “Quella legge va attuata in tutti i suoi aspetti e per questo è necessario più monitoraggio e più controlli, il massimo di impegno delle istituzioni e delle associazioni che rappresentano i lavoratori e le imprese. Queste tragedie non devono più verificarsi”.
I prodotti agricoli e la Gdo
Il magistrato Giordano spiega anche quale sia il processo che porta sulle nostre tavole pomodori acquistati a un prezzo che non premia il lavoro della piccola manodopera e punisce i piccoli imprenditori, mortificando il salario dei braccianti:
“Indubbiamente la grande distribuzione organizzata gioca un ruolo da padrona nel definire i prezzi dei prodotti agricoli, e quindi i piccoli produttori agricoli sono costretti a schiacciare i diritti dei braccianti: tra l’imprenditore agricolo e la Gdo c’è una filiera di approfittamento, tant’è che quando un prodotto agricolo – ad esempio nei mercati Vittoria o di Fondi – viene pagato 10 centesimi al kg, e al supermercato lo paghiamo 4 euro al kg, vuol dire che si è creato un guadagno enorme per la Gdo ma non per l’intera filiera. È su questo vorrei che sentire delle parole di critica da parte di chi ci amministra, non nei confronti dei diritti di coloro che subiscono queste violazioni”.
“Noi consumatori quando compriamo un prodotto sottocosto sappiamo cosa c’è dietro”, prosegue Giordano. “Questa realtà esiste da nord a sud, da Ragusa a Bassano del Grappa. Non è solo agricola, non è solo del sud, è un risvolto di un meccanismo economico che fa dipendere i diritti dai prezzi, quando dovrebbe essere il contrario. Chiediamoci, quando siamo al supermercato, quante gocce di sangue ci sono nei pomodori che compriamo”.
I controlli sul territorio
“Per controllare questo crimine occorre andare sul territorio, nelle aziende, per far questo ci vogliono forze in campo che riesca ad accerchiare fisicamente un determinato territorio. Non si può pensare di controllare un’azienda o un cantiere edile con due ispettori”, afferma il magistrato.
“Il tema dei controlli stradali è legato a tutti i campi in cui c’è questo sfruttamento del lavoro, del caporalato: pensiamo all’edilizia, ai trasporti, al volantinaggio. È riduttivo pensare solo alle aziende agricole. Questo fenomeno esiste anche nelle metropoli, anche nelle grandi città, nei servizi di trasporto delle piccole cooperative. I controlli vanno fatti a tappeto e incrociati”.
Un tema, quello dei controlli, sul quale è intervenuto anche il ministro del lavoro Luigi Di Maio, il quale ha annunciato un concorso straordinario per aumentare il numero degli ispettori del lavoro”.
“In dieci anni”, spiega Giordano, “gli ispettori delle Asl sono diminuiti della metà, gli ispettori del lavoro sono pochissimi, sia Poletti, sia Di Maio, avevano parlato di nuove assunzioni, non si sono mai viste. In una provincia come Palermo ci sono 5 ispettori del lavoro, sono sempre gli stessi, quindi facilmente identificabili, che devono controllare da Corleone a Cefalù. Un lavoro rischioso”.
“Il controllo oltre che territoriale e mirato, finora nasce da un’attività di ufficio, quasi nessuno su denuncia dei lavoratori, indice della paura, dell’omertà, del bisogno, dove il bisogno si coniuga alla povertà nasce la mafia”.
Marco Omizzolo, sociologo, responsabile scientifico della cooperativa In Migrazione, è un esperto dei i meccanismi del caporalato nell’Agro Pontino.
Il sociologo, insieme ad altri studiosi e rappresentanti delle istituzioni, ha lanciato un appello contro l’indiffirenza: “Il caporalato uccide, l’indifferenza pure”.
“Ogni giorno aumenta la responsabilità di chi non vede, non sente, ma parla quando si contano i morti. Solo nell’agricoltura sono 430 mila i lavoratori e le lavoratrici sfruttati, di cui 130 mila in condizioni paraschiavistiche. E poi c’è l’edilizia, i trasporti, i servizi e così via”.
“Per questo non facciamo appello alle Istituzioni le quali conoscono i loro doveri e se non li adempiono ne risponderanno davanti a chi democraticamente li giudica e controlla. Vogliamo invece rivolgerci a uomini e donne di buona volontà che non vogliono chiudere gli occhi davanti a un prodotto sottocosto sul banco di un supermercato, dietro il quale c’è una filiera che inizia con il sangue di disperati, migranti e italiani. Chi produce, vende, compra, usa un tale prodotto è l’altro capo dello sfruttamento. E non può più rimanere indifferente”, si legge nel testo dell’appello.
“Così come contro le mafie, non basta chiedere che tutte le istituzioni facciano la loro parte, ma è necessario che ciascuno di noi apra gli occhi e combatta collettivamente perché i diritti non vengano dopo i prezzi, le persone dopo i prodotti, gli interessi economici criminali e illegali prima del lavoro legale”.
A questo appello, con idee e fatti, si può aderire scrivendo a ilcaporalatouccide@gmail.com.